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I versi di Apollinaire sui dettagli che riconosce solo chi ama

Analizziamo i versi del dissacrante scrittore Apollinaire, che però, come vedremo, sa essere anche molto dolce attraverso la sua poesia.

Questi versi di Guillaume Apollinaire, tratti dalla poesia “Fotografia” contenuta nel volume Poesie Libere, rappresentano un viaggio intimo e visivo attraverso la potenza simbolica della fotografia, un’arte che per il poeta francese diviene un’espressione della bellezza sfuggente e affascinante. Apollinaire scrive con il tratto tipico della modernità e dell’avanguardia poetica, fondendo immagini visive con significati nascosti, toni evocativi e una costruzione metaforica che rende “Fotografia” una delle sue composizioni più suggestive.

“Il tuo sorriso m’attira come
M’attirerebbe un fiore
Fotografia sei il fungo bruno Di quella foresta
Ch’è la sua bellezza
I bianchi vi accendono
Un chiaro di luna
In un giardino quieto”

Il dissacratorio Apollinaire che si inebria di dolcezza

Nei versi di apertura, Apollinaire descrive il sorriso come qualcosa che lo “attira come / M’attirerebbe un fiore”. Questo paragone apparentemente semplice racchiude una profondità di significato: il sorriso possiede per lui la stessa bellezza naturale e spontanea del fiore, un simbolo di perfezione ed effimera meraviglia. La scelta del verbo “attira” suggerisce inoltre un magnetismo, una forza invisibile e potente che spinge il poeta verso questa immagine. Apollinaire non si limita a osservare passivamente, ma sente un richiamo quasi irresistibile, un’attrazione che trascende la semplice ammirazione per diventare una connessione emotiva con la figura impressa nella fotografia.

L’attrazione esercitata dal sorriso è quindi simile a quella di un fiore, delicato e transitorio, che seduce e cattura. Questa immagine rappresenta uno degli aspetti fondamentali della poetica di Apollinaire: il tentativo di catturare il fugace e il bello, sapendo però che la bellezza e il tempo sfuggono al nostro controllo.

La metafora del “fungo bruno” è estremamente significativa in questa poesia. La fotografia diviene come un elemento che emerge dal terreno, un fungo bruno che appartiene a una “foresta / Ch’è la sua bellezza”. Il fungo, in questo contesto, è un simbolo di qualcosa di oscuro, misterioso, che affiora da un substrato nascosto e complesso. La fotografia stessa è qui vista come qualcosa che emerge da una realtà sommersa, da una dimensione in cui le immagini e i ricordi si annidano come funghi nel terreno della memoria.

Il richiamo alla foresta, inoltre, amplia il campo d’immaginazione: la bellezza della persona ritratta nella fotografia è come una foresta intricata, con luci e ombre, segreti e silenzi. Il ritratto non è una mera immagine bidimensionale, ma racchiude un mondo che va esplorato, un ambiente fitto e pieno di vita. La fotografia quindi, pur essendo un oggetto statico, diviene ai suoi occhi una finestra aperta su una complessità molto più vasta e affascinante.

“I bianchi vi accendono / Un chiaro di luna”

Questa parte della poesia introduce un’immagine quasi onirica, in cui i “bianchi” della fotografia accendono “un chiaro di luna / In un giardino quieto.” Apollinaire evoca un’atmosfera notturna e tranquilla, un paesaggio sereno in cui la fotografia si trasforma in una sorgente di luce delicata. Il chiaro di luna, simbolo della poesia romantica e della bellezza melanconica, viene qui associato alle tonalità bianche dell’immagine fotografica. La fotografia diviene, quindi, non solo un ritratto, ma una visione che risplende di una luce propria, come se il bianco della carta potesse riflettere la calma e la bellezza lunare.

Inoltre, questo “chiaro di luna” evoca un giardino quieto, un luogo di pace e serenità, ma anche di intimità. La fotografia, quindi, non è semplicemente un oggetto che si osserva: è un giardino in cui si entra, un angolo in cui il poeta può rifugiarsi, contemplare e lasciarsi trasportare dalle emozioni che suscita. Questo connubio di quiete e luce riflessa richiama un aspetto centrale della poetica di Apollinaire, per il quale l’arte e la bellezza hanno il potere di creare spazi di contemplazione e introspezione.

Apollinaire, con questa poesia, esprime un sentimento profondo e complesso nei confronti della fotografia, percepita come una forma d’arte che sa catturare sia la memoria che l’istante presente. La fotografia, infatti, per sua natura, fissa un momento, preservando la fragilità di un’emozione o di un volto, rendendo immortale ciò che è destinato a svanire. Ma la fotografia è anche un medium che stimola il pensiero, un elemento che invita a guardare oltre l’immagine stessa per esplorare i ricordi e le emozioni a essa legati.

Nell’interpretazione che Apollinaire ne offre, la fotografia non è solo un oggetto o un’immagine, ma un mezzo che permette di accedere a una dimensione profonda della realtà e della memoria. È una sorta di porta che conduce in una foresta di bellezza, che invita all’esplorazione e alla scoperta di ciò che si cela dietro il visibile.

I versi di Apollinaire in “Fotografia” rivelano un amore per la complessità e la bellezza intrinseca del quotidiano, uno sguardo capace di cogliere la poesia anche nei dettagli più apparentemente insignificanti. La fotografia diventa, così, un mezzo per entrare in contatto con la realtà in modo poetico, per vedere il mondo come una foresta misteriosa e affascinante, e per creare una connessione tra il visibile e l’invisibile, il tangibile e il ricordo.

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