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Christian Raimo, ”Nel mio libro racconto l’intimità dei protagonisti con lo stesso stile usato da Cassavetes nei suoi film”

DAL NOSTRO INVIATO A PORDENONELEGGE - Si intitola ''Il peso della grazia'' il libro presentato ieri a Pordenonelegge da Christian Raimo, un romanzo sulla (difficile) vita sentimentale di due persone, che si colloca nel solco del filone narrativo dei ''racconti ombelicali'' all'americana, incentrati sull'intimità dei protagonisti...

Lo “storico” scrittore italiano della casa editrice "Minimum fax" passato di recente a "Einaudi" ha presentato ieri a Pordenonelegge il suo ultimo libro "Il peso della grazia"

 

PORDENONE – Tanto tempo fa, nella vicina Latisana, località nei pressi di Lignano, si svolgeva un concorso, “Storie rock di provincia”, il cui primo premio era un milione di lire. Erano gli anni Novanta, cominciavano a diffondersi le narrazioni un po’ all’americana, di storie che riguardavano l’intimità dei sentimenti, quello che sarebbe diventato un vero filone narrativo (e che negli anni Novanta sarebbe diventato anche il fenomeno — non letterario, beninteso — dei blog): quel che alcuni critici definiscono “racconti ombelicali”, ovvero incentrati su se stessi.

 

CASSAVETES E RAIMO – Oggi Raimo è cresciuto ma le sue storie vertono sempre sul filone, per così dire, ombelicale. E l’autore ha presentato ieri a Pordenonelegge “Il peso della grazia”, un romanzo Einaudi dalla copertina sempre più mondadoriana, con due ragazzi distesi sulla spiaggia a guardare il cielo — alla faccia del minimalismo e della grafica. Copertina che, diciamolo, funziona. L’intimismo (e anche gli ombelichi dei protagonisti) risulta ben espresso dalla fotografia (in bianco e nero, certo) della copertina. “L’idea che io volessi raccontare il nulla delle nostre giornate era quello che mi interessava di più. Avevo esempi romanzeschi, ma soprattutto cinematografici, che mi hanno condotto, e sono stati per me fondamentali. Per esempio i film della nouvelle vague, o del new cinema americano. L’idea che avevo era di scrivere un romanzo come Cassavetes girerebbe un film. Ci sono sequenze struggenti e interminabili, ma poi nello stesso film  una scena sciatta, con la luce che entra in campo, gli attori che non si coordinano.”

 

UN LAVORO RISCHIOSO – Raimo ammette che questo tipo di narrazione possa essere molto rischiosa. Una recensione uscita proprio ieri sul Corriere della Sera di Giglioli, molto attenta al libro, si chiede come sia possibile che a un certo punto ci siano dei pezzi “scritti felicemente e dei pezzi che sono scritti come dire, da blog. In realtà questo è un effetto voluto, non soltanto da un punto di vista letterario, ma ancora di più da quello di un racconto, di che cosa diventa ‘la mappa cognitiva’ degli esseri umani oggi”. Essa, secondo Raimo, sta cambiando: si ragiona diversamente rispetto a dieci o vent’anni fa. Quindi, nella narrazione romanzesca, bisogna aver a che fare con una modalità di interpretazione molto diversa. Secondo Giorello, cita Raimo, il cervello sviluppa sempre di più un’area che si chiama area di Brodman, che contempla i compiti non finiti, di riconoscere e di essere attivi in tante modalità diverse insieme. E questo, il narratore vuole farlo emergere dai suoi libri, anche attraverso stili letterari diversi.

 

Anna Castellari

 

24 settembre 2012

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