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Curiosità e aneddoti su 4 artisti famosi del Rinascimento italiano

Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Giotto sono tra gli artisti del Rinascimento italiano più conosciuti al Mondo. Ma ci sono delle particolarità nelle loro vite che meritano di essere scoperte

Le loro opere sono famosissime e loro sono tra i più stimati e amati artisti del mondo.

Leonardo, Michelangelo, Raffaello e Giotto sono conosciuti per i loro capolavori. Le loro biografie hanno anche ispirato libri, documentari per la televisione e il mondo del cinema, traducendosi in pellicole che ci hanno dato l’opportunità di venire a conoscenza anche le loro vite, delle loro passioni e dei loro diversi caratteri.

Ma siamo sicuri di sapere tutto di loro? Oggi vi proponiamo alcune curiosità e aneddoti delle loro vite che non tutti sanno.

Scopriamo le curiosità di 4 artisti del nostro Rinascimento

Gli archivi di Giotto rivelano la sua figura borghese 

Giotto di Bondone (morto nel 1337) è stato pittore e architetto, ma ben pochi sono i documenti conservati negli archivi che riguardano la sua professione d’artista. Gli archivi racchiudono invece numerose carte che riguardano il Giotto ‘privato’.

Gli archivi di Giotto sono significativi perché inquadrano la figura dell’artista dell’epoca, più vicina ad un artigiano intento a svolgere la propria attività con l’intento di guadagnare i soldi necessari per vivere bene e accumulare soldi e proprietà.

Negli archivi sono presenti, ad esempio, atti di acquisto, vendita o affitto di terreni, sono documenti che si riferiscono a prestiti e a piccole liti. Anche se non direttamente legati al suo mestiere, tali carte ci offrono uno spaccato molto vivo e diretto della vita quotidiana e sulla situazione economica del pittore.

E persino sulla sua personalità e il suo carattere. L’immagine che si delinea non corrisponde affatto all’artista ombroso e bohémien della tradizione romantica, e neppure quella del paladino della povertà francescana che certi suoi cicli d’affreschi potrebbero indurre a credere.

Dalle carte d’archivio emerge un ritratto netto. Giotto era un borghese, sobrio e consapevole del valore del denaro. Curava i propri interessi con grande oculatezza, come tanti altri artigiani benestanti del suo tempo, e investiva il danaro guadagnato nel sicuro bene della terra.

Una cosa, in particolare, ci sorprende: i documenti rivelano che l’attività di pittore non era la sua unica fonte di guadagno. Apprendiamo che Giotto arrotondava i suoi introiti noleggiando telai a tessitori poveri che non erano in grado di acquistare lo strumento di lavoro.

E si sospetta persino che esercitasse il prestito a usura. In una occasione si fece garante di un prestito, e quando il debitore non pagò, Giotto venne in possesso di una parte dei suoi beni, corrispondente all’ammontare del debito.

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Gli indovinelli di Leonardo

Leonardo Da Vinci (1452 – 1519) è celebre per i suoi raffinati dipinti e le sue mirabolanti invenzioni tecniche.

Esiste però un lato poco esplorato della sua immensa attività umanistica: quello delle sperimentazioni letterarie, fatte di originali indovinelli, bizzarre profezie e massime curiose.

I suoi numerosi indovinelli, realizzati per intrattenere la corte di Ludovico il Moro, sono un ulteriore esempi della sua sofisticata tecnica d’indagine, volta ad individuare la complessità della verità nelle sue molteplici sfaccettature.

Nel linguaggio Leonardo cerca ogni uso possibile delle singole parole, richiamandone in vita anche i significati più difficili e meno convenzionali.

Si prenda, ad esempio, “Del pigliare de’ pidocchi”, enigma semplice ripreso dalla tradizione popolare: nella stesura vinciana però la forma esteriore diventa arcana, misteriosa, quasi simile ad una antica formula magica:

“E saran molti cacciatori d’animali, che quanto piu’ ne piglieranno manco n’aranno; e cosi’ de converso, piu’ n’aran, quanto men ne piglieranno”.

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Michelangelo era anche un poeta

Poliedrico, titanico, irascibile, solitario, avaro, dal carattere impossibile. Così ci descrivono le fonti il divino Michelangelo Buonarroti (1475 – 1564).

Ma pochi sanno che l’immenso artista era anche un poeta dall’animo sensibilissimo e tormentato.

Dunque non solo il grandissimo artista che tutti noi amiamo, autore, tra le altre, del ciclo della Cappella Sistina e del David, ma anche un intellettuale raffinato e apprezzato dai suoi contemporanei.

Ecco una sua poesia tratte da Rime.

102. O notte, o dolce tempo, benché nero

“O Notte, o dolce tempo, benchè nero,
con pace ogn’opra sempre al fin assalta,
ben vede e ben intende chi t’esalta,
e chi t’onora ha l’intelletto intero.
Tu mozzi e tronchi ogni stanco pensiero,
che l’umid’ ombra e ogni quet’appalta,
e dell’infima parte alla più alta
in sogno spesso porti ov’ire spero.
O ombra del morir, per cui si ferma
ogni miseria all’alma, al cor nemica,
ultimo degli afflitti e buon rimedio,
tu rendi sana nostra carn’ inferma,
rasciugh’ i pianti e posi ogni fatica
e furi a chi ben vive ogni ira e tedio”

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Raffaello, il primo soprintendente dei beni culturali della storia

Tutti noi conosciamo le splendide e delicate Vergini con bambino di Raffaello Sanzio (1483-1520) nonché le stupefacenti “Stanze” in Vaticano.

Ma, non tutti sanno che l’artista svolse anche incarichi importanti per il papa Leone X.

La sua figura costituisca uno dei fulcri della storia della tutela dei monumenti in Italia.

Fu il primo infatti a svolgere un’inchiesta circa lo stato di conservazione dei monumenti più antichi a Roma e a redarne un’accurata lista, con proposte di “salvataggio” e tutela.

Raffaello era  il “prefetto di tutti i marmi e le lapidi”: nella pratica, il suo compito era quello di cercare a Roma e dintorni marmi da utilizzare nel cantiere della basilica di San Pietro, verificando però che venissero salvati materiali, epigrafi e frammenti antichi rinvenuti nel territorio cittadino.

Ogni reperto doveva essere attentamente studiato da un esperto, che ne avrebbe decretato il destino

Non solo, Raffaello era conoscitore dei monumenti della Roma antica, architetto appassionato di Vitruvio (al punto da promuovere la realizzazione di un’edizione in volgare del De architectura, tradotta e curata dall’umanista ravennate Fabio Calvo), studioso appassionato delle strutture degli edifici della Roma degli imperatori.

Leone X gli diede incarico di redigere una mappa della città antica e dei suoi monumenti, basata su di una precisa misurazione delle rovine e sulla classificazione delle vestigia della Roma classica, che sarebbe stata a sua volta la base per una ricostruzione filologica di quanto era andato perduto.

Nota come la “Lettera di Raffaello d’Urbino a Leone X” scritta da Baldassarre Castiglione con l’apporto di Raffaello Sanzio e indirizzato a Leone X, sul tema della tutela delle vestigia di Roma antica.

Si tratta quindi di una preziosa testimonianza del crescente interesse e dell’amore per l’antichità che era andato maturando durante tutto il Rinascimento, fino a raggiungere una consapevolezza moderna sulla loro conservazione.

Il progetto non andò mai in porto, perché la scomparsa prematura a soli trentasette anni privò del grande artista italiano.

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