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Castelluccio di Norcia ed i borghi da recuperare dopo il terremoto

Il terremoto che ha colpito le Marche raccontato dalla scrittrice marchigiana Chiara Giacobelli. Uno sguardo diverso sulla tragedia che ha interessato il centro Italia

Raccontare piccoli paesi che al momento non esistono più non è così semplice come potrebbe sembrare: sono solo poche battute per descrivere dei luoghi che conosco come le mie tasche, innanzitutto perché di origine sono marchigiana e al confine con l’Umbria ho fatto tante di quelle gite, in secondo luogo grazie alle molte ricerche sul campo che mi hanno portata a scrivere prima la guida “101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita”,  poi “Forse non tutti sanno che nelle Marche…”.

 

Il primo libro mi ha consentito di guardare alla mia terra con l’occhio del turista animato dalla voglia di fare, scoprire, curiosare attraverso musei, sagre, rievocazioni storiche (quante nelle Marche!); il secondo mi ha permesso invece di entrare più nel profondo, tra leggende, tradizioni, racconti più o meno veritieri. Ed è proprio in questo modo che mi si è svelata l’anima più intima di paesini mai ricordati nel quotidiano, eppure talmente ricchi di tutto.

 

Pescara del Tronto e Arquata del Tronto sono i centri più colpiti da questo sisma che non doveva mietere un simile mole di vittime: un conteggio del genere nel 2016 è semplicemente inaccettabile, ma non è questa la sede in cui parlarne. Qui, vorrei soltanto ricordarli per come li ho conosciuti: semplici, spontanei, curati, un mondo a parte nel quale ogni anno si rifugiavano tanti turisti per scappare dal caos delle città.

 

La fioritura a Castelluccio di Norcia - Foto di Stefania Alessandrini
La fioritura a Castelluccio di Norcia – Foto di Stefania Alessandrini

 

L’elemento che più caratterizza questa zona è – come si intuisce con facilità dai nomi – il fiume Tronto, il quale genera un’omonima valle dove sono compresi la maggior parte dei comuni e delle frazioni in provincia di Ascoli Piceno. Ci troviamo a cavallo con l’Umbria, tra i Monti della Laga da una parte e il mar Adriatico dall’altra, in uno spicchio di entroterra per secoli rimasto incredibilmente intatto, fermo a un tempo ormai lontano capace di preservare il territorio da ammassi di agglomerati urbani moderni.

 

Oggi di tutto ciò sono rimasti quasi solo cumuli di macerie, ma fino a pochi giorni fa qui sorgevano graziosi “ciuffetti” di casette in pietra che spuntavano dal verde smeraldo delle alte colline, in uno scenario naturale meraviglioso a cavallo tra il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Dalle finestre delle abitazioni si scorgevano le punte innevate delle montagne, le sagome lontane degli animali al pascolo (attività ancora molto praticata da queste parti), e i campanili svettanti di edifici sacri che la domenica si affollavano di gente. La Chiesa di Santa Croce è il cuore pulsante dell’architettura, come pure della solida fede degli abitanti: risalente addirittura al 313 d.C., è particolarmente preziosa per la sua torre in conci di pietra con le campane e l’orologio sulla cima, la reliquia portata qui da uno sconosciuto cittadino che prese parte alle Crociate e la croce astile del XIII secolo.

 

Vista dell'entroterra marchigiano - Foto di Chiara Giacobelli
Vista dell’entroterra marchigiano – Foto di Chiara Giacobelli

 

Pur essendo una minuta frazione, Pescara del Tronto sapeva come farsi riconoscere, aveva personalità e orgoglio, legata a un passato che tuttavia infine l’ha tradita, a causa di quelle casette di certo bellissime, ma mai messe in sicurezza. A poca distanza, Arquata del Tronto si distingueva per le forme decise e imponenti della rocca medievale, dalla cui altezza si godeva di un panorama privilegiato: Arquata è infatti l’unico Comune d’Europa facente parte di ben due aree protette – quelle già citate sopra – al confine di tre regioni: Lazio, Umbria e Abruzzo.

 

I faggi, le conifere e i castagni non sono i soli tesori di questo borgo montano spazzato via in una notte: c’è la Chiesa della Santissima Annunziata, con quel crocifisso ligneo policromo del 1200 che si narra fu realizzato da due frati benedettini del posto; c’è la copia esatta della Sindone all’interno della Chiesa di San Francesco; c’è il borgo medievale vero e proprio raggiungibile attraverso l’originaria Porta di Sant’Agata, e infine l’effigie più antica di Arquata, trasferita nel poco noto Santuario dell’Icona Passatora, a pochi chilometri dalla distrutta Amatrice.

 

Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno - Foto di Sandro Di Donantonio
Piazza del Popolo ad Ascoli Piceno – Foto di Sandro Di Donantonio

 

 

Molti paesi, un’anima sola: quella degli Appennini e delle leggende che tramandano di Sibille e fate dai piedi di capra, di fantasmi intenti ad aggirarsi per le stanze vuote dei castelli nelle ore silenziose e di santi protettori che questa volta non ce l’hanno fatta a salvare le centinaia di vittime innocenti.

 

Colpiti, seppur in minor parte, anche Ascoli Piceno, la città dalle cento torri a cui dedico un intero capitolo nel mio “101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita”, la cui piazza è stata inserita tra le più belle del mondo, e al confine con l’Umbria Castelluccio di Norcia, visitato da grandi folle nel periodo della fioritura della lenticchia. Uno spettacolo, nonché una prova di sinergia tra uomo e natura, tra i più suggestivi e rari che l’Italia possa offrire, per fortuna non cancellato dal tremore del suolo.

 

Ed è con tale immagine che vorrei concludere questo mio pensiero: i fiori colorati sulle distese dell’ampia vallata, gli arcobaleni prodotti dalla terra che ogni primavera rinasce e germoglia, l’allegria vivace dell’estate; la vita che vince, anche quando non sembra. Perché in fondo, non c’è tragedia in grado di spezzare la forza prorompente della vita, inevitabilmente condannata a combattere per esistere, ma in qualche modo destinata a non soccombere mai.

 

Chiara Giacobelli

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