MILANO – Una tela, dei colori, un pennello e tanto amore per l’arte e per la moglie Bella Rosenfeld. Sommando tutto, il risultato non è altro che l’incredibile opera “Il compleanno” di Marc Chagall.
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L’amore è nell’aria
Se digitate su Google “Love is in the air” trovate un sacco di canzoni, di artisti diversi, che hanno questo titolo. La frase “L’amore è nell’aria” non può che essere perfetta per descrivere in tre semplici parole quello che è l’incredibile quadro “Il compleanno” di Marc Chagall. Partiamo dal titolo: era il 7 luglio 1915, il giorno del ventottesimo compleanno di Chagall quando l’artista eseguì l’opera in questione. Ed ecco spiegata l’origine del titolo del quadro. Ma c’è di più. In quel dipinto è rappresentato un qualcosa che va oltre il palpabile. C’è aria, libertà, armonia, leggerezza delle forme, coinvolgimento ma soprattutto, c’è amore. Possiamo benissimo considerare che il fondamento di tutta quest’opera e, in generale, di gran parte della produzione artistica del pittore bielorusso sia l’amore, vissuto in maniera profonda con sua moglie Bella Rosenfeld. Chi però meglio dell’artista riesce ad esprimere e a spiegare ciò che la sua opera deve trasmettere? Nessuno, solo lui può farlo. Un quadro deve fiorire come qualcosa di vivo. Deve afferrare qualcosa di inafferrabile: il fascino e il profondo significato di quello che ci sta a cuore (Marc Chagall). Penso che non serva aggiungere altro. Chagall ha già detto tutto.

Qui siamo davanti ad un sentimento profondo trascritto per immagini: vediamo raffigurati nell’opera due giovani, un uomo ed una donna, che sembrano essere leggeri come delle piume. Le loro posizioni sono surreali e sembrano suggerirci proprio quell’impalpabilità di cui vi parlavo prima. Il giovane fa un balzo e come se fosse in assenza di gravità si libra nell’aria e con estrema delicatezza, tenendo gli occhi chiusi, bacia la sua amata che, piacevolmente sorpresa, sgrana gli occhi e ricambia il bacio. Uniti in questo vertice d’amore, attorno a loro tutto si trasforma: la casa, con il suo pavimento rosso, le pareti bianche, la finestra da cui si intravede la via della città, lo sgabello, il tavolino verso cui si dirigeva la donna con i fiori in mano, diventa tutto parte di un sogno. Ma sapete qual è la cosa ancora più bella? È che il nido d’amore di questi due giovani non è un sogno, è realtà. Chagall quando rappresenta questa coppia di personaggi dalla pelle bianca, gli occhi neri, gli abiti neri e verdi per l’uomo e bianchi e neri per la donna, non rappresenta una coppia a caso o il desiderio di un amore qualsiasi. Li conosce bene quei due tizi sulla tela. Chi sono? Semplicemente e meravigliosamente lui e la sua Bella.
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La scintilla d’amore
In quest’anno, nel 1915, Chagall è appena tornato, dopo un lungo soggiorno, da Parigi dove ha conosciuto i cubisti da cui ha imparato a scomporre le immagini e a stravolgere la prospettiva; ha incontrato i Fauves, in particolare Matisse, che gli hanno insegnato ad usare il colore per trasmettere le emozioni. Ora è tornato a casa sua a Vitebsk, in Bielorussia, ed è più felice che mai e direi che lo si nota non poco in questo dipinto. Finalmente è ritornato dalla sua Bella che può riabbracciare, baciare e tra poco sposare, così da coronare il loro grande amore. I due si conobbero sei anni prima a San Pietroburgo quando lui aveva ventitre anni e lei appena quindici. Nonostante tra i due ci fosse un abisso, totalmente diversi l’uno dall’altro con la sola origine ebraica come punto in comune, lui racconterà di essere stato colpito dalla pelle d’avorio e dai grandi occhi neri di lei e lei di essere stata immediatamente attratta dallo sguardo da volpe negli occhi azzurro cielo di quello strano
ragazzo con i capelli riccioluti, quasi brizzolati. Tra i due schiocca così una scintilla destinata a trasformarsi in un fuoco d’amore che arde per tutta la vita.

La scena è quasi silenziosa e guardando il quadro si ha quasi l’impressione di disturbarli, di essere degli spioni, di essere arrivati nel momento sbagliato, di interrompere un momento intimo tra due amanti. Eppure non si può proprio staccargli gli occhi di dosso e quasi quasi ci scende un lacrima e si accenna un sorriso. Bene, direi che questo quadro un viaggio a New York e una capatina al MoMa per vederlo li vale tutti.
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