Perugia torna a riaffermare la sua voglia di contemporaneità e Palazzo della Penna riprende a dialogare con il sistema dell’arte nazionale e internazionale dell’arte del secondo Novecento italiano. “Afro Burri Capogrossi. Alfabeto senza parole” è il titolo della mostra a Palazzo della Penna – Centro per le Arti Contemporanee di Perugia, che mette a confronto il percorso di tre protagonisti dell’Informale italiano, indagando i temi fondamentali, i concetti, i soggetti indispensabile da seguire, per riuscire a indagare il passaggio cruciale dalla figurazione all’astrazione.
Afro Burri Capogrossi. Alfabeto senza parole
A cura di Luca Pietro Nicoletti e Moira Chiaravini, con il coordinamento scientifico di Alessandro Sarteanesi, prodotta e organizzata dal Comune di Perugia e Magonza, con la partecipazione della Fondazione Archivio Afro, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, Fondazione Archivio Capogrossi, l’esposizione sarà visitabile fino al 6 luglio 2025 e, attraverso più di cento opere, mette in evidenza come ciascuno di questi autori abbia sviluppato una propria individualità formale di respiro internazionale, rielaborando le tendenze estetiche, culturali e sociali del periodo.
“È persino troppo facile giocare con il titolo di questa mostra – dichiara Vittoria Ferdinandi, Sindaca di Perugia –, tuttavia è innegabile che oggi Palazzo della Penna riparta proprio dall’ABC, dalle fondamenta della sua recente storia museale.” L’esposizione si concentra sul momento di svolta stilistica che vide i tre artisti superare le ricerche figurative negli anni Trenta e Quaranta per seguire, di lì a poco, il percorso dell’astrattismo.
Una mostra per capire l’Italia del Novecento
Questa mostra racconta, mettendo a confronto i punti essenziali delle loro ricerche, il percorso di tre grandi maestri del Novecento, di età diverse, ma che hanno condiviso lo stesso clima culturale. Dagli anni Trenta alla fine dei Cinquanta, compresa la drammatica parentesi della guerra, infatti il lavoro di Afro Basaldella, Alberto Burri e Giuseppe Capogrossi condivide la via verso l’astrazione. In questo modo, i tre entrano rapidamente nel circuito internazionale, ma allo stesso tempo raccontano attraverso il segno, il colore e la materia, un’Italia che si sta trasformando.
Oltre una concomitanza cronologica delle rispettive conversioni a un linguaggio di segno e materia, ad accomunare Afro, Burri e Capogrossi fu la loro presenza attiva a Roma, punto di snodo fondamentale per quelle indagini che li porteranno ad indagare i modelli francesi e americani.
Roma, infatti, fu luogo di incontri e base di partenza verso la scena internazionale, soprattutto newyorkese, dove le loro ricerche riscossero un significativo successo; Afro, ad esempio, che nel 1950 già si trovava a New York per collaborare con la Catherine Viviano Gallery, passò da una pittura neocubista ad una astratta, caratterizzata da una intensa libertà dei gesti, da un uso espressivo e lirico del colore, dalla caratteristica stesura a velature; Alberto Burri, invece, compie il suo passaggio all’astratto intorno al 1947-48, con opere in cui la materia prima (legno, ferro, sacchi di juta, pietra pomice, plastica, cellotex e Vinavil) assume importanza nello sviluppo di un nuovo alfabeto astratto.
Capogrossi, la cui peculiarità, a differenza della concretezza di Burri, risiede nella modulazione del suo “segno” di elementare semplicità in infinite combinazioni, divenne ben presto un protagonista, tanto da essere rappresentato negli Stati Uniti, nel 1955, insieme ad Afro e Burri, alla fondamentale mostra The New Decade. 22 European Painters and Sculptors, allestita al MoMA.
Una sezione dell’esposizione è , infine, riservata alle opere su carta di Afro, Burri e Capogrossi che consente di soffermarsi sul tema del disegno, che, entrando nei meccanismi più intimi dell’elaborazione creativa, lascia emergere i tentativi, le ipotesi e le idee apportatrici di novità. La mostra intende anche approfondire, attraverso materiali d’archivio – alcuni inediti –, riviste, cataloghi dell’epoca, libri d’artista, l’interesse che critici, poeti e letterati ebbero nei confronti dei tre artisti; esemplari sono i casi di Emilio Villa, Leonardo Sinisgalli e Cesare Brandi.
Foto copertina: Afro, Foro romano, 1935