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“L’onda” (1902) di Gabriele D’Annunzio, spettacolare poesia che celebra il suo manifesto poetico

La poesia può fare miracoli. È il caso de “L’onda” in cui Gabriele D’Annunzio offre una visioni e sonorità del mare per affermare il potere della parola.

L’onda di Gabriele D’Annunzio è una poesia che riesce attraverso le parole a raccontare il movimento continuo del mare. Il poeta italiano volle rappresentare, in modo originale e “giocando” con la maestria del linguaggio, quanta freschezza, forza, impeto, fugacità c’è nella natura e nel moto marino. 

Certo, in questo lavoro c’è l’essenza del suo autore, che vuole offrire una dimostrazione della sua capacità di fare poesia. Le onde del mare sono una metafora per celebrare sé stesso e condividere il suo “Manifesto poetico”.

L’onda è composta da un’unica strofa di ben 99 versi più un distico finale, ovvero una strofa di 2 versi in cui afferma le motivazioni dell’intero componimento.

Gabriele D’Annunzio rievoca il suono e il ritmo delle onde del mare, utilizzando lo strumento da lui meglio conosciuto, ovvero le parole, ricreandone la melodia.

L’onda fu scritta nell’agosto del 1902 ed è contenuta nella raccolta Alcyone (1903) che si articola in una serie di ottantotto liriche che celebrano il valore simbolico dell’estate.  

Ma, tuffiamoci in questo mare di versi per vivere il movimento delle sue onde.

L’onda di Gabriele D’Annunzio

Nella cala tranquilla
scintilla,
intesto di scaglia
come l’antica
lorica
del catafratto,
il Mare.
Sembra trascolorare.
S’argenta? s’oscura?
A un tratto
come colpo dismaglia
l’arme, la forza
del vento l’intacca.
Non dura.
Nasce l’onda fiacca,
subito s’ammorza.
Il vento rinforza.
Altra onda nasce,
si perde,
come agnello che pasce
pel verde:
un fiocco di spuma
che balza!
Ma il vento riviene,
rincalza, ridonda.
Altra onda s’alza,
nel suo nascimento
più lene
che ventre virginale!
Palpita, sale,
si gonfia, s’incurva,
s’alluma, propende.
Il dorso ampio splende
come cristallo;
la cima leggiera
s’arruffa
come criniera
nivea di cavallo.
Il vento la scavezza.
L’onda si spezza,
precipita nel cavo
del solco sonora;
spumeggia, biancheggia,
s’infiora, odora,
travolge la cuora,
trae l’alga e l’ulva;
s’allunga,
rotola, galoppa;
intoppa
in altra cui l’vento
diè tempra diversa;
l’avversa,
l’assalta, la sormonta,
vi si mesce, s’accresce.
Di spruzzi, di sprazzi,
di fiocchi, d’iridi
ferve nella risacca;
par che di crisopazzi
scintilli
e di berilli
viridi a sacca.
O sua favella!
Sciacqua, sciaborda,
scroscia, schiocca, schianta,
romba, ride, canta,
accorda, discorda,
tutte accoglie e fonde
le dissonanze acute
nelle sue volute
profonde,
libera e bella, numerosa e folle,
possente e molle,
creatura viva
che gode
del suo mistero
fugace.
E per la riva l’ode
la sua sorella scalza
dal passo leggero
e dalle gambe lisce,
Aretusa rapace
che rapisce le frutta
ond’ha colmo il suo grembo.
Sùbito le balza
il cor, le raggia
il viso d’oro.
Lascia ella il lembo,
s’inclina
al richiamo canoro;
e la selvaggia
rapina,
l’acerbo suo tesoro
oblìa nella melode.
E anch’ella si gode
come l’onda, l’asciutta
fura, quasi che tutta
la freschezza marina
a nembo
entro le giunga!

Musa, cantai la lode
della mia Strofe Lunga.

L’onda ovvero il manifesto poetico di Gabriele D’Annunzio

L’onda di Gabriele D’Annunzio è bene affermare subito non è il lavoro di un naturalista intento ad osservare e a descrivere il movimento marino. È il lavoro di un uomo che credeva ciecamente nel valore più alto della poesia. 

D’Annunzio creò l’opera attraverso un’immersione riflessiva nello studio del linguaggio e delle parole utilizzate per descrivere la natura viva, il movimento e le sonorità dell’onda marina. 

Il virtuosismo linguistico è ciò che interessa maggiormente al poeta. Gabriele D’Annunzio è come se si fosse impegnato in una lotta con la lingua per sfruttarne al massimo le valenze. Possiamo tranquillamente parlare di sperimentazione, motivata dalla vanità del “poeta vate”.

Più che poeta della natura in questa poesia Gabriele D’Annunzio è “poeta del vocabolario”. Come ha ha ampiamente dimostrato lo studioso e critico Mario Praz la lirica è ricca di termini e di immagini che si trovano nel Vocabolario marino e militare del Padre Maestro Alberto Guglielmotti (1889).

I due versi conclusivi “Musa, cantai la lode/della mia Strofe Lunga” confermano l’impegno nella ricerca linguistica del poeta e la sua voglia di dimostrare come attraverso le parole si possono costruire “mondi visivi e sonori” da donare ai lettori. 

Di certo, per D’Annunzio la strofa lunga gli permise di poter realizzare una narrazione ampia e libera, possente, dove le sonorità non devono per forza trovarsi a fine verso con la rima, ma costituiscono un corpo organico tra tutte le parole.

È chiaro in ogni passaggio del poema la personalità e gli interessi culturali del “Vate”. I campi semantici prevalenti, usati per descrivere l’onda e, quindi, la poesia, attingono alla guerra, alla luce, al movimento.

Tutti elementi che in generale trasmettono un’idea di potenza e solarità, che sono valori importanti per Gabriele D’Annunzio.

Una poesia da leggere a pezzi per coglierne i valori

Leggendo più in profondità la poesia Gabriele D’Annunzio sembra sezionare il componimenti in più parti. Fino al sessantaduesimo verso il poeta ci offre una rappresentazione approfondita del movimento dell’onda. 

Attraverso le parole sembra “ascoltare” la sinfonia melodica della ciclicità delle onde marine. Il ritmo ondulatorio del mare prende vita e sembra di essere immersi nel flusso d’acqua. 

Il poeta intende dare una rappresentazione della guerra attraverso la forza naturale del mare. Il poeta è attratto da questa immagine impetuosa e potente. L’onda in burrasca semanticamente sembra annunciare proprio i preparativi della guerra e quando le acque si ritirano arriva prepotente e imperante la grande onda.d’

Anche il vento trova spazio in questa prima parte della poesia. 

L’onda in movimento e la rappresentazione della guerra

O sua favella!
Sciacqua, sciaborda,
scroscia, schiocca, schianta,
romba, ride, canta,
accorda, discorda,
tutte accoglie e fonde
le dissonanze acute
nelle sue volute
profonde,
libera e bella, numerosa e folle,
possente e molle,
creatura viva
che gode
del suo mistero
fugace.

A leggere bene il mare è la metafora degli uomini in movimento e del loro comportamento prima e durante la battaglia. Dopo aver descritto il movimento dell’onda, D’Annunzio inizia a costruire il senso acustico del moto marino. 

In questi versi sembra poter ascoltare la sonorità impetuosa dell’onda mentre riprende continuamente la sua infaticabile corsa verso la riva. Proprio la voce dell’onda la rende una creatura viva agli occhi del poeta, completando la sua personificazione.

Libera e bella nel suo canto sprofondato nel cuore degli abissi l’onda racchiude il suo mistero, il senso del suo moto inesausto.

Il mare e il mito, due entità fondamentali nella poesia del Vate

Il tema del mito è fondamentale per la poesia di D’annunzio. Aretusa, la ninfa mitologica siracusana diventa protagonista.

E per la riva l’ode
la sua sorella scalza
dal passo leggero
e dalle gambe lisce,
Aretusa rapace
che rapisce le frutta
ond’ha colmo il suo grembo.
Sùbito le balza
il cor, le raggia
il viso d’oro.
Lascia ella il lembo,
s’inclina
al richiamo canoro;
e la selvaggia
rapina,
l’acerbo suo tesoro
oblìa nella melode.
E anch’ella si gode
come l’onda, l’asciutta
fura, quasi che tutta
la freschezza marina
a nembo
entro le giunga!

La figura del mito si fonde con l’acqua marina, la ninfa corre scalza sulla riva, con le sue gambe giovani e agili, incantata dallo spettacolo del mare. Aretusa è “la sorella dell’onda” in riferimento al mito metamorfico che vede Aretusa trasformata in una fonte d’acqua nell’isola di Ortigia, proprio a Siracusa. 

Gli ultimi due versi della poesia, ovvero il distico che chiude questa affascinante lirica, offre in modo chiaro la motivazione che ha guidato D’annunzio alla realizzazione di quest’opera. 

Il poeta che elogia la sua Musa, l’opera poetica. Fa emergere con chiarezza la sua volontà di voler fare sperimentazione letteraria. In estrema sintesi D’annunzio vuole affermare tutto il potere delle parole

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