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”La cucina può diventare arte”, la ricetta di Gualtiero Marchesi

Come orientarsi nel proliferare di libri e programmi dedicati alla cucina? Quale ricetta seguire o a quale cuoco ispirarsi? Niente panico: basta affidarsi al maestro dell'arte culinaria, Gualtiero Marchesi

MILANO – Come orientarsi nel proliferare di libri e programmi dedicati alla cucina? Quale ricetta seguire o a quale cuoco ispirarsi? Niente panico: basta affidarsi al maestro dell’arte culinaria, Gualtiero Marchesi, un’istituzione italiana e internazionale nel campo della ristorazione. Il cuoco sarà ospite di Parolario, questa sera alle 18, in Villa del Grumello (Como). Insieme al giornalista enogastronomico Marco Bolasco, parlerà di “Disegnare il futuro della ristorazione”. Nel frattempo però, ci ha svelato qualche piccolo segreto.

 

Lei è ritenuto lo chef italiano più noto al mondo, contribuendo allo sviluppo della cucina italiana oltre i confini nazionali. La cucina italiana è ancora vista come un punto di riferimento all’estero?
Ne sono certo. Proprio in questi giorni ho saputo che un amico ha risollevato le sorti di una casa francese, ribaltando la cucina e proponendo dei piatti italiani.

Nel suo libro “Gualtiero Marchesi – La logica delle cose semplici”, celebra la cucina italiana in occasione dei suoi 80 anni. Da cosa nasce l’idea di questo libro, e la scelta del titolo?
Ho scelto quel titolo, perché penso che l’arte abbia a che fare con la semplicità. Sai di averla raggiunta, solo quando cogli l’essenza delle cose. Il linguaggio che ho scelto è la cucina. E la cucina può diventare arte.

Qualche anno fa ha contestato il sistema d’attribuzione dei punteggi della guida Michelin. Perché? A cosa pensa sia più opportuno affidarsi per orientarsi nella scelta di un ristorante?
Non  si tratta della Michelin in particolare, ho contestato il sistema dei punteggi, spesso farraginosi, arbitrari e ingiusti. Conosco un sacco di ristoranti che, a mio avviso, non si meritano stelle, cappelli o forchette in quella proporzione ed altri penalizzati senza veri motivi.
C’è poi un altro aspetto ed è il fatto che a forza di puntare tutto sulle guide, i giovani cuochi non pensano ad altro e si rovinano il fegato.

Negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un proliferarsi di libri e pubblicazioni dedicate alla cucina.  E’ una moda o ritiene che tutti questi libri forniscano utili consigli? Quali di queste pubblicazioni, se ci sono, sconsiglierebbe e perché?
Invito a leggere un classico come Escoffier, capace di insegnarti le tecniche. Meglio lui di un Artusi che era solo un amatore, per quanto dotto, e che si affidava nelle esecuzioni ad una cuoca.

Oltre a scrivere libri, i “cuochi mediatici” proliferano anche in tv. Cosa ne pensa?
Ci sono cuochi e cuochi. Alcuni sanno, altri sono lì a fare più che altro folclore.

Quali sono, secondo lei, gli chef eredi della grande tradizione italiana?
Intanto si dice cuochi. Chef vuol dire solo capo. Non voglio fare nomi se non si dice che ho simpatie e antipatie. Ci sono dei quarantenni in gamba, sono loro i veri giovani, perché prima di quell’età non si può avare abbastanza esperienza. Cresceranno ancora e si renderanno conto di quanto occorra ancora recuperare in fatto di saperi e di sapori antichi.

Quale sarà la tendenza culinaria del prossimo autunno?
Di moda non mi interesso più di tanto. Ci sono dei piatti stagionali e dei piatti atemporali. Se vuole le dico cosa mi interessa in questo momento. Mi incuriosiscono le spezie, grandi insaporitori che possono anche limitare l’uso dei grassi in certi piatti.

 

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