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“Il tratto di Anita”, l’enigmatico nuovo giallo di Beatrice Radi

Per gli amanti del genere giallo vi consigliamo il nuovo libro di Beatrice Radi "Il tratto di Anita" . Si tratta di un avvincente ed enigmatico giallo investigativo, che vi invitiamo a scoprire attraverso le parole dell'autrice.

Per gli amanti del genere giallo vi consigliamo il nuovo libro di Beatrice Radi dal titolo “Il tratto di Anita”. Si tratta dell’avvincente ed enigmatico giallo investigativo, scritto per Another Coffee Stories.

Il tratto di Anita

Sinossi del libro

Quando anche il suo superiore esce dalla sua vita, Nina Lopez si ritrova a dover affrontare più di una scomparsa: la perdita di un patrigno amato, l’allontanamento di sua madre, che trova il modo di andare avanti lasciandola indietro, e la fine di un rapporto di lavoro che le dava sicurezza.

Si aggiunge a tutto questo Anita, una ragazza trovata morta nei dintorni di Genova. Nina, da poco nominata ispettrice della Squadra Omicidi e affiancata da Felice Galli, un nuovo e ostile collaboratore, dovrà risolvere un caso che la porterà a sondare lʼestrema delicatezza dellʼanimo femminile, bisognoso sempre di una tana protetta dove sentirsi al sicuro ma anche forte abbastanza da lasciare il segno.

Intervista all’autrice

Come hai scoperto la passione per la scrittura e com’è nata?

La mia passione per la scrittura è sempre stata lì, “covava sotto la cenere”, intrecciata al mio amore per la lettura.

I libri sono sempre stata una presenza costante della mia vita. Spesso dico che per me sono una questione quasi esistenziale, tanto quanto mangiare, dormire e respirare.

La naturale conseguenza è stata avvicinarsi anche alla scrittura, ma ho potuto farlo veramente solo durante il lockdown. A marzo 2020 mi sono trovata con molto tempo libero e, con leggerezza, senza aspettative, ho acquistato il primo corso di scrittura creativa. Da lì è stato un crescendo: mi divertivo scrivendo, la mia editor mi dava dei pareri costruttivi, e credevo sempre di più in me stessa. Non mi sono più fermata!

Qual è stata l’emozione provata al primo contratto di edizione firmato?

Il mio primo contratto è arrivato dopo aver lavorato al romanzo per quasi tre anni, dopo aver ricevuto tanti No, e soprattutto tanto aiuto da professionisti che mi hanno fatto capire quanto dovevo ancora lavorare.

Sul mio percorso ho trovato anche tanti “editori” disonesti, che proponevano contratti di edizione a fronte di pagamenti salati. Non è stato un percorso facile, né in discesa.

Perciò, quando mi è arrivata la proposta di pubblicazione da Another Coffee Stories è stato ancora più speciale, perché avevo contezza di quanto fosse difficile ricevere una proposta onesta, da parte di un editore con il quale avevo davvero piacere di lavorare. Quasi non ci credevo, ho letto l’e-mail e l’ho mostrata al mio compagno, quasi per chiedergli conferma: “leggi anche tu quello che sto leggendo io?”

È stata un’emozione che è arrivata a ondate: prima l’incredulità, poi l’entusiasmo!

Dove trovi l’ispirazione per i tuoi libri?

In parte della mia fantasia, ma principalmente dalla realtà che ci circonda.

Credo fermamente che le storie siano tutte intorno a noi, si intrecciano nella nostra quotidianità, tra realtà e fantasia. Sta a noi coglierne l’essenza e modellarle a nostro piacimento, per incastrarle in quello che vogliamo raccontare.

Com’è nato il libro “Il tratto di Anita”?

È stato il primo frutto del corso di scrittura creativa che ho menzionato prima. Volevo cimentarmi con una storia tutta mia e ho pensato che sarebbe stato divertente partire da una storia investigativa – che è un genere che io amo molto – e mettere alla prova le mie capacità.

Da lì, è nata l’idea della trama e poi mi sono venuti in mente i personaggi che l’avrebbero popolata.

Mentre scrivevi il libro avevi già tutta la storia in mente o l’hai elaborata strada facendo?

Penso che nel mio caso, avendo scelto un genere che si fonda sulla logica, sia indispensabile avere già chiaro ciò che si andrà a costruire e il modo in cui la storia dovrà svilupparsi.

Prima di iniziare a scrivere, delineo sempre i passaggi principali della trama e mi assicuro che abbiano senso, che siano ragionevoli e che non siano “tirati per i capelli”. Poi durante la stesura mi capita di fare delle modifiche, ma lo scheletro resta invariato.

Cos’hai imparato scrivendo questo libro?

Che seguire i propri sogni suscita delle emozioni uniche, ma fa fare anche tanta fatica! Quando mi è venuta l’idea del romanzo non avevo idea di quanto sarebbe stato difficile trasformare i miei pensieri in una storia. Questa consapevolezza mi ha permesso di buttarmi a capofitto nell’impresa!

E poi, andando avanti, ho sperimentato per la prima volta cosa significa non mollare, perseverare anche quando tutto sembra remarci contro.

Ho imparato che posso essere molto più caparbia di quanto credessi!

Che sensazione provi dopo aver scritto un libro?

Terminare la prima stesura è un momento di grande sollievo. Tutto quello che avevo in testa è trasposto sulla carta: esiste al di fuori di me.

E da lì, inizia – almeno per me – la parte divertente del lavoro. Le revisioni, le valutazioni, i confronti. Sono attività che mi entusiasmano, perché mi permettono di mettere le mani in pasta e di passare ai raggi X la mia creazione.

Quale messaggio vuoi mandare con la narrazione?

Vorrei che il mio romanzo fosse un grande, grandissimo incoraggiamento.

La mia protagonista è una donna che riesce a superare i propri limiti, non diventando un’eroina, ma riconoscendosi per quella che è. Penso che questo sia il messaggio più importante: si può fare, ci si può riconoscere il proprio valore.

Cosa significa per te scrivere libri?

Significa incontrarmi, stringermi la mano e iniziare a fare la mia conoscenza. Non per quella che dovrei essere, ma per quella che sono.

È libertà di perseguire un sogno per il gusto di farlo, perché mi va e basta. Quando scrivo sono io nella maniera più autentica.

Di cosa parla “Il tratto di Anita”?

È un giallo investigativo, classico ma anche non convenzionale.

Da una parte, abbiamo un caso di omicidio che l’ispettrice Nina Lopez deve risolvere. Si tratta di una storia durante la quale si può giocare a indovinare chi sia il colpevole, facendo attenzione agli indizi disseminati nel testo.

D’altro canto, è un giallo particolare perché si concentra sull’interiorità della protagonista, diventando – a tratti – un testo introspettivo. Quando si parla di “introspezione” spesso si pensa a qualcosa di noioso, che si perde nei meandri della coscienza dei personaggi. Io ho cercato di invertire questa tendenza e di creare un testo leggero, che faccia sorridere anche quando affronta questioni serie.

Tre motivi per cui consigli la lettura de “Il tratto di Anita”

Penso che “Il tratto di Anita” sia intrigante per chi ama i gialli. L’indagine è solida e credo che dia soddisfazione!

Per tutti gli altri, perché la mia protagonista è una donna “vera” e sfaccettata, che può parlare a tutti noi.

E, infine, perché un romanzo avvincente, che si legge in un paio di giorni e che vi farà sorridere con le sue situazioni tragicomiche.

Hai delle abitudini particolari durante la scrittura di un libro?

Sono estremamente altalenante. Alterno fasi in cui scrivo tutti i giorni (il mio obiettivo è almeno mille parole al giorno) e lunghi periodi in cui non ne voglio sapere.

C’è un momento in cui dico: ora si ricomincia. E da lì non mi fermo più finché il romanzo non è completo!

L’autrice Beatrice Radi

Beatrice Radi, genovese, classe ‘93, non si è mai pentita di un libro letto, neppure di quelli che non le sono piaciuti. Ha studiato Lingue e Letterature Straniere e lavora nell’ambito marittimo.

Il fil rouge che unisce tutte le sue passioni è l’amore per la scoperta, che si tratti di luoghi inesplorati, libri da leggere o differenze linguistiche da scoprire.

«Si può mai arrivare a decidere tra l’usato sicuro e il brivido dell’avventura?
Non avrei mai pensato che me lo sarei chiesta con una dose così abbondante di dubbio.
Iniziavo a capire il punto di vista di Anita, però.

Non era stata sincera con nessuno dei due ma, dopo aver scoperto che i propri genitori ti hanno mentito, forse perdi la fiducia negli altri e non ti senti nemmeno più in dovere di essere onesta.
Non riuscivo a evitare di guardare alla faccenda con clemenza, come spesso accade quando non si è vittime in prima persona di un’ingiustizia.»

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