Sei qui: Home » Libri » Chiara Marchelli, “Ogni sofferenza porta a un cambiamento”

Chiara Marchelli, “Ogni sofferenza porta a un cambiamento”

Nel baratro lasciato dalla perdita di un figlio si è calata Chiara Marchelli nel suo nuovo romanzo, "Le notti blu", pubblicato da Giulio Perrone Editore

MILANO – Se un figlio perde i genitori si chiama orfano, se una moglie perde il marito si chiama vedova, ma come si chiamano i genitori che hanno perso un figlio? Non esiste, in nessuna lingua del mondo, una parola che indichi questa condizione. Forse perché è una condizione così dolorosa e innaturale che l’uomo non ha trovato un modo sintetico per esprimerla. Questo dà la misura di quanto sia enorme l’abisso in cui possono precipitare un padre e una madre. In questo baratro si è calata Chiara Marchelli nel suo nuovo romanzo, “Le notti blu“, pubblicato da Giulio Perrone Editore, dove racconta la storia di Larissa e Michele e di come reagiscono al suicidio del figlio, Mirko, che aveva lasciato gli Stati Uniti per andare a vivere in Italia con Caterina.

LA LUCE ATTRAVERSO LA CREPA – “Quando scrivo mi piace parlare di storie che toccano tutti quanti – ci ha raccontato la scrittrice alla Libreria Verso – la storia del nuovo romanzo non è autobiografica ma mi ha sfiorato da vicino. Ce l’avevo dentro così ho dovuto scriverne, e ho scritto senza pensare”. Durante la scrittura l’autrice ha cercato di conservare una certa distanza, facendo in modo che la storia parlasse da sé. “Ci sono delle volte in cui dobbiamo affrontare quello che non conosciamo, quello che ci spaventa – ha detto la Marchelli – finiamo per cercare risposte che, però, non arriveranno mai. Nella teoria dei giochi, che Michele conosce tanto bene, non ci sono risposte. Si sgretola nel silenzio che segue. Però dalla rottura che scaturisce, dalla crepa che si apre, entra poi la luce”.

LA SOFFERENZA PORTA AL CAMBIAMENTO – “La sofferenza è molto più interessante della felicità, perché ogni sofferenza porta a un cambiamento – confessa l’autrice parlando di come sceglie le sue storie – non c’è niente di dinamico nella felicità, come racconta l’incipit di Anna Karenina (‘Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo’, ndr). Possiamo pianificare, vivere decentemente una vita di normali felicità. Aspiriamo all’equilibrio, ma a volte non abbiamo scelta che sperare di arrivare alla fine della giornata e questo è già un successo. Il tempo, in ogni caso, sa guarire, almeno alcune tipologie di ferite”.

LA SCRITTURA – Chiara Marchelli – che vive da quasi vent’anni a New York, dove insegna italiano, traduzione e scrittura creativa all’Università – ammette l’influenza della letteratura americana, letteratura che ha avuto modo di conoscere da vicino. “Quello che mi piace della letteratura anglosassone – ha detto – è lo stile essenziale, che funziona meglio nel racconto. Il fatto di andare dritti al punto, come dimostrano i romanzi della Jennifer Egan. Vivo negli Stati Uniti ma non potrei mai scrivere un romanzo americano”. D’altra parte, quando scrive la Marchelli lo fa per evadere. “Scrivo per uscire da me, per entrare in un mondo parallelo – ha raccontato – forse è anche per questo che prendo sempre il punto di vista degli uomini, perché mi permette di tenere la distanza”.

 

© Riproduzione Riservata