Sei qui: Home » Intrattenimento » “Riders on the Storm”, l’inno alla libertà del poeta ribelle Jim Morrison

“Riders on the Storm”, l’inno alla libertà del poeta ribelle Jim Morrison

Jim Morrison e i Doors sono nomi che risuonano potentemente nella storia della musica rock. C'è una canzone che rappresenta il manifesto della poetica e della cifra musicale di Jim Morrison: Riders on the Storm. Analizziamo il testo e la contemporaneità di questa canzone.

Jim Morrison e i Doors sono nomi che risuonano potentemente nella storia della musica rock. La band, fondata nel 1965 a Los Angeles, divenne uno dei gruppi più iconici e influenti della fine degli anni ’60 e dei primi anni ’70. Morrison, con la sua voce baritonale e la sua presenza scenica magnetica, divenne il simbolo di una generazione alla ricerca di libertà e sperimentazione.

C’è una canzone che rappresenta il manifesto della poetica e della cifra musicale di Jim Morrison: Riders on the Storm. Analizziamo il testo e la contemporaneità di questa canzone.

Riders on the Storm

Riders on the storm
Riders on the storm
Into this house, we’re born
Into this world, we’re thrown
Like a dog without a bone
An actor out on loan
Riders on the storm
There’s a killer on the road
His brain is squirmin’ like a toad
Take a long holiday
Let your children play
If you give this man a ride
Sweet family will die
Killer on the road, yeah
Girl, you gotta love your man
Girl, you gotta love your man
Take him by the hand
Make him understand
The world on you depends
Our life will never end
Gotta love your man, yeah
Riders on the storm
Riders on the storm
Into this house, we’re born
Into this world, we’re thrown
Like a dog without a bone
An actor out on loan
Riders on the storm
Riders on the storm
Riders on the storm
Riders on the storm
Riders on the storm

Un inno alla solitudine e al disorientamento

“Riders on the Storm”, una delle canzoni più celebri dei Doors, fu pubblicata nel 1971 come parte dell’album “L.A. Woman”. La canzone è una fusione unica di rock, jazz e blues, e si distingue per la sua atmosfera oscura e misteriosa.

Il brano inizia con il suono della pioggia e dei tuoni, che creano un’atmosfera cupa e riflessiva. La linea di tastiera di Manzarek, ispirata dal jazz e dal blues, guida la melodia, mentre la voce di Morrison, quasi sussurrata, narra una storia di viaggio e di pericolo. La canzone esplora temi di solitudine, alienazione e il lato oscuro dell’essere umano.

Il testo di “Riders on the Storm” parla di cavalieri che viaggiano nella tempesta, un’immagine che può essere interpretata in vari modi. Può rappresentare il viaggio interiore di ogni individuo, perso in una tempesta di emozioni e pensieri, o può essere visto come un commento sulla condizione umana, sempre in bilico tra il controllo e il caos.

Uno dei passaggi più enigmatici della canzone è:

“There’s a killer on the road / His brain is squirmin’ like a toad”

“C’è un killer sulla strada / Il suo cervello si contorce come un rospo”

che evoca immagini di pericolo e paranoia. Senso di pericolo nato dalla fine dei ribelli anni ’60 che, con l’avvento degli anni ’70 hanno visto la fine delle idee rivoluzionarie di uguaglianza e emancipazione sociale, cadendo nelle dipendenze da droghe e alcol, nell’assuefazione alla pornografia nella sua accezione più becera.

La contemporaneità del testo

In un’epoca come la nostra, caratterizzata da ritmi frenetici e da un senso di disorientamento collettivo, “Riders on the Storm” risuona ancora con forza. La canzone può essere vista come un’allegoria della condizione moderna, in cui le persone sono costantemente in movimento, alla ricerca di un senso e di una direzione, ma spesso travolte dalle proprie paure e dalle incertezze del mondo che le circonda.

Nella nostra società iperconnessa, dove la tecnologia ha accelerato il ritmo della vita quotidiana e ridotto lo spazio per la riflessione personale, “Riders on the Storm” ci invita a fermarci e a contemplare le tempeste interiori ed esteriori che ci attraversano. La canzone ci ricorda che, nonostante i progressi tecnologici e le comodità moderne, l’essenza dell’esperienza umana rimane complessa e misteriosa, piena di ombre e di luce.

Jim Morrison: il Poeta Ribelle

James Douglas Morrison, nato l’8 dicembre 1943 a Melbourne, in Florida, crebbe in un ambiente familiare militare che gli conferì una disciplina rigida. Tuttavia, Morrison si ribellò presto contro le aspettative familiari, manifestando un crescente interesse per la poesia, la letteratura e la filosofia. Dopo aver studiato all’Università della California a Los Angeles (UCLA), incontrò Ray Manzarek, Robby Krieger e John Densmore, con i quali fondò i Doors.

Morrison era un poeta prima di essere un musicista, e la sua scrittura era influenzata da autori come William Blake, Friedrich Nietzsche e i poeti della Beat Generation. La sua lirica, ricca di simbolismo e riferimenti mitologici, si combinava con la musica innovativa dei Doors per creare un’esperienza musicale e visiva unica.

Innovazione e Controversia

I Doors furono una band atipica nel panorama del rock dell’epoca. La loro formazione non prevedeva un bassista fisso, ma si basava sulle tastiere di Manzarek, che spesso suonava anche le linee di basso su una tastiera secondaria. La chitarra di Krieger e la batteria di Densmore completavano il sound distintivo del gruppo, che era caratterizzato da una fusione di blues, rock psichedelico e jazz.

Il loro album di debutto omonimo, “The Doors” (1967), conteneva hit come “Light My Fire” e “Break On Through (To the Other Side)”, che li catapultarono immediatamente al successo. Morrison divenne noto non solo per la sua voce profonda e la sua capacità di scrittura, ma anche per il suo comportamento imprevedibile e provocatorio sul palco, che spesso sfidava le norme sociali e culturali dell’epoca.

© Riproduzione Riservata