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Una frase di Thomas Mann sul rapporto tra amore e felicità

Thomas Mann è considerato uno dei più grandi scrittori e pensatori tedeschi di tutti i tempi. Abbiamo scelto una sua frase per analizzare il rapporto tra amore e felicità

La felicità consiste nell’amare o nell’essere amati? La risposta, forse definitiva, a questo eterno dilemma la troviamo in una celebre frase dello scrittore Thomas Mann, tratta dal suo romanzo “Tonio Kroger“. 

“La felicità non sta nell’essere amati: questa non è che una soddisfazione di vanità mista a disgusto. La felicità sta nell’amare, e nel carpire tutt’al più qualche illusorio istante di vicinanza all’oggetto amato.”

Il segreto della felicità

Per molti la felicità non dipende da se stessi ma dagli altri, ovvero da ciò che gli altri fanno per noi: che sia un gesto o un sentimento non importa, per diverse persone la nostra felicità passa inevitabilmente dalle attenzioni che riceviamo dagli altri.

A smentire tale concezione della felicità è lo scrittore Thomas Mann, secondo il quale essa non è dovuta a qualcosa che si subisce, ma invece nasce da ciò che si fa, è qualcosa di attivo che dipende da noi, da ciò che siamo portati a fare ed a provare per un’altra persona. Eccolo quindi affermare da Thomas Mann che “la felicità sta nell’amare”.

Un’amore che non deve essere per forza un sentimento assoluto, completamente ricambiato e costante nel tempo. Sempre secondo Thomas Mann basterebbe anche solo “carpire tutt’al più qualche illusorio istante di vicinanza all’oggetto amato” per essere felici, ovvero cogliere l’attimo, il carpe diem, l’essenza del momento ed immortalarla nel proprio cuore.

A volte, è proprio il caso di dire, la felicità è un’istante, non qualcosa di prolungato del tempo e di stabile. Probabilmente è anche giusto così: se durasse più a lungo, la nostra felicità avrebbe la stessa intensità e lo stesso valore rispetto a un momento limitato nel tempo ma intenso e tutto da vivere?

Thomas Mann

Thomas Mann è considerato uno dei più grandi scrittori e pensatori tedeschi di tutti i tempi. Nel 1929 si aggiudicò il Premio Nobel per la Letteratura principalmente per i suoi grandi romanzi “I Buddenbrook”, “Tonio Kroger” e “La montagna incantata”. Nel 1936 il regime nazista lo privò della cittadinanza tedesca. Ma già prima lo scrittore aveva ottenuto quella cecoslovacca, che mantenne fino al 1944, quando divenne cittadino statunitense. Lasciati gli Stati Uniti nell’estate del 1952, tornò a risiedere in Svizzera, da ultimo a Kilchberg presso Zurigo.

Negli anni dell’esilio, caratterizzati da un’influente attività antinazista, si dedicò all’imponente tetralogia “Giuseppe e i suoi fratelli” e al “Doctor Faustus”, potente allegoria del sulfureo destino della Germania.

Tonio Kroger 

Scritto nel 1903, il racconto è la storia del lento pervenire del giovane Kröger alla coscienza della propria diversità dai coetanei. In una condizione di totale isolamento la sua sensibilità si dibatte nell’antinomia tra origini borghesi e attrazione per l’arte. Il contrasto fra arte-malattia si manifesta nel silenzioso idillio con Ingeborg Holm e nell’incompresa amicizia per Hans Hansen.

Le due figure che costituiranno per sempre i limiti della solitudine e della gelosia di Tonio. Questo difficile equilibrio viene vissuto con drammatica inquietudine tra Lubecca, dove il giovane scrittore è nato e si è formato, e Monaco, dove diventerà celebre, senza sedare del tutto le proprie angosce.

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