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“Arte contro la barbarie”, la prima mostra in Italia sulla Liberazione

Il 23 agosto 1944 fa la Galleria di Roma ospitò la mostra "Arte contro la barbarie. Artisti romani contro l’oppressione nazifascista" narrando attraverso l'arte la Resistenza della città capitolina.

La prima mostra d’arte dopo la Liberazione dalla tirannia nazifascista, scaturita dalle parole del Segretario del Partito Comunista, Palmiro Togliatti, il quale nel 1944 dopo il rientro dall’esilio in Unione Sovietica, rivolse un appello alla cittadinanza italiana ribadendo i valori dell’unità nazionale:

Il fascismo aveva organizzato qui a Roma un’esposizione che chiamavano la mostra del Fascismo, dove si facevano vedere, come titolo di gloria, documenti fotografici e di altro genere delle lotte devastatrici che le camicie nere condussero nel 1920, nel 1921, nel 1922 e nel 1923, e in seguito per distruggere le libere organizzazioni del proletariato e del popolo italiano.

Credo sia arrivato il momento di organizzare proprio qui a Roma e forse nello stesso posto, la vera mostra del fascismo, dove faremo vedere le nostre città distrutte, i nostri poveri villaggi rasi al suolo, dove scriveremo il nome dei nostri martiri e quello degli Eroi per la lotta della liberazione dell’Italia dal giogo straniero.

Quando si potrà fare una mostra simile, sarà una buona cosa perché almeno otterremo che le grandi masse popolari non dimentichino mai come e da che sono state portate alla rovina!

La prima mostra d’arte dopo la Liberazione

Il 23 agosto del 1944, nella capitale da poco liberata dall’invasore e dalla dittatura, la Galleria di Roma ospitò un’evento culturale simbolo dell’impegno sociale e civile ancor prima che estetico grazie alla mostra Arte contro la barbarie. Artisti romani contro l’oppressione nazifascista”, narrando attraverso l’arte la Resistenza della città capitolina.

La mostra, promossa dal quotidiano “L’Unità”, da poco uscito dalle tipografie clandestine, esponeva oltre cento opere artistiche.

Disegni, sculture e dipinti erano stati realizzati durante i tragici mesi dell’occupazione e raffiguravano i crimini a opera delle milizie nazifasciste. Prese così avvio un nuovo modo di fare arte, quello popolare e nazionale.

Tra gli artisti legati da un forte spirito civile, emergevano i nomi di  Mario Mafai, Renato Guttuso, Mirko Basaldella, Renato Marino Mazzacurat.

“Le Fantasie”, Mario Mafai

Conosciamone alcune da più vicino, fra le opere esposte troviamo quelle di Mario Mafai che prendono il titolo di “Le Fantasie” in cui l’artista rende noto al grande pubblico rappresentazioni grottesche del periodo fascista.

Nei sei dipinti che confluiscono ne “Le Fantasie”, appunto, Mafai riporta artisticamente la disperazione e l’umiliazione, in chiave satirica, della violenza e della morte anche emotiva derivanti dalla dittatura nazifascista.

Quella di Mafai si dimostra essere una netta posizione di rifiuto rispetto il fascismo.

“Dio è con noi”, Renato Guttuso

Con il suo stile artistico realistico, Renato Guttuso, partigiano, fa della sua arte una chiara denuncia sociale.

Rappresenta il silenzio assordante degli oppressi, la loro vulnerabilità e marginalità umana e sociale con la raccolta dal titolo:  “Gott mit Uns” ovvero “Dio è con noi”, frase incisa sulle fibbie dei nazisti.

Esposte alla mostra del 1944, le opere narrano gli orrori della guerra e l’impegno politico e civico dei partigiani evidenziando il valore della Resistenza intesa come ricerca del valore più alto della vita, la libertà.

Furore, Mirko Basaldella

L’artista Mirko Basaldella, esalta l’impegno e l’opera civile partigiana nella scultura a mosaico titolata “Furore.”

La scultura rappresenta il collettivo grido di dolore di un uomo che ha visto l’orrore, la distruzione e la morte causate dalla guerra.

Sempre a Mirko Basaldella si deve il cancello del Mausoleo delle Fosse Ardeatine, in cui si commemorano 335 italiani catturati a Roma e trascinati nelle cave di via Ardeatina, dove trovarono la morte.

Al termine della guerra, per la realizzazione del cancello del Mausoleo delle Fosse Ardeatine, venne aperto un bando e a ottenere l’incarico per la futura realizzazione fu Mirko Basaldella.

Il cancello che porta la firma di Basaldella, è un labirinto e intreccio di figure, e linee che rimandano a corpi risucchiati nel vortice della violenza e che in qualche modo fanno, a questa, Resistenza aggrappandosi con fiducia all’umanità di chi resta.

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