Vivere il Natale lontano dalla famiglia, lettera di una ragazza italiana all’estero

10 Dicembre 2020

Pubblichiamo la lettera di una ragazza che vive a Barcellona da 3 anni e condivide alcune riflessioni su questo Natale in cui molti non potranno tornare a casa dalla propria famiglia

Vivere il Natale lontano dalla famiglia, lettera di una studentessa

“Come sarà questo Natale?” Me lo sono chiesta mentre passeggiavo su Passeig de Gracia a Barcellona, la città in cui vivo da tre anni. “No no, l’Italia non mi piace”, “me ne vado!”, “a Barcellona si vive meglio”, “a Londra ti pagano bene e hai possibilità di crescere”, “no, guarda, qui all’estero si sta da Dio!”. Quante volte abbiamo detto e sentito queste frasi? Migliaia. Un’Italia snobbata e che, invece, ora più che mai, a me manca. Ieri, mentre passeggiavo per Passeig de Gracia, mi è venuta in mente la canzone scritta da Enrica Bonaccorti La lontananza e l’ho ascoltata “La lontananza sai è come il vento che fa dimenticare chi non s’ama… io che credevo d’essere il più forte, sono qui a ricordare, a ricordare te”.

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Le parole d’amore in italiano hanno un altro sapore. Sanno di casa, di affetto, di comprensione, empatia e amore. Cammino sicura tra le strade di questa città straniera. Improvvisamente mi sento felice. La canzone cantata da Modugno mi coccola e mi viene da sorridere. Chissà dove vanno queste persone? Torneranno dalla famiglia dopo il lavoro? Incontreranno i loro amanti? Avranno comprato il vino per cena? Continuo la mia passeggiata, guardo le vetrine dei negozi, mezzi vuoti, e mi soffermo su due donne: una signora di mezz’età ben vestita con una giacca beige e una sciarpa bianca e una ragazzina con anfibi neri, jeans stretti e capelli lunghi e lisci. Sono belle, sorridono e scherzano. Saranno sicuramente mamma e figlia.

Quest’immagine mi riporta alla mente i pomeriggi prima di Natale in cui io e mia madre siamo solite andare in giro per comprare i regali. A quando mamma mi dice: “oggi chiedo a papà di andare al negozio, così io e te possiamo andare in giro a comprare i regali, chiedi ad Elena se vuole venire”. Elena è una delle mie migliori amiche da sempre: una sorella e fa parte ormai della famiglia. Elena è sempre stata più razionale e risoluta di me, lei ha sempre le idee ben chiare e, ovviamente, come ogni anno, lei avrebbe già comprato tutti i regali di Natale. Aspettiamo Elena in macchina sotto casa sua, lei scende, è sorridente e allegra come sempre. Le voglio molto bene.
Il telefono di mamma squilla, è papà: “Carmelina, c’è gente al negozio, vieni a darmi una mano”.

Quelli soni i nostri pomeriggi prima di Natale. Quei pomeriggi solo nostri. Eterni.

Pomeriggi di cielo nero, di vapore e luci natalizie. Le amiche che chiamano al telefono: “Ci vediamo per l’aperitivo alle sei”, i gruppi su WhatsApp per organizzare il capodanno “andiamo a casa di Brigida in montagna”, “io sto con la famiglia”, “io ceno con i miei e poi vi raggiungo”, “ma dormiamo là?” o “se poi vogliamo tornare, chi guida?”. L’organizzazione del cenone di Natale: le nonne imbacuccate che arrivano a casa con l’aria gelida da fuori, l’odore della giacca di cuoio di zio Cosimo, le grosse risate a cena, il vino, le infinite portate: “ma perché ogni volta dobbiamo esagerare così?”, “un fa nent, oggi è Natale” (“non fa niente, oggi è Natale”) dice l’altra nonna in dialetto. Nonna è bella, truccata, ha un maglione rosso. Anche mamma è bella, come ogni giorno. In fondo, anche zio Nino è simpatico.

“Permiso señorita, dejame pasar, por favor”, una signora dietro di me al semaforo mi riporta alla realtà, ero completamente assorta tra i miei pensieri che mi ero fermata al semaforo verde. Sono di nuovo a Barcellona, a Passeig de Gracia e non più in macchina con mamma, né tantomeno sotto casa di Elena o al cenone di Natale. “La lontananza sai è come il vento, spegne i fuochi piccoli, ma accende quelli grandi”

Quest’anno sarà un Natale diverso, non tutti potranno tornare a casa per le vacanze, ma sempre una buona canzone sarà pronta ad abbracciarci, a riscaldarci, a riportarci indietro nel tempo, dai nostri cari, a farci apprezzare quello che già abbiamo, che è tanto.

“Meraviglioso
ma come non ti accorgi
di quanto il mondo sia
meraviglioso
Meraviglioso
perfino il tuo dolore
potrà guarire poi
meraviglioso
(…)
La notte era finita
e ti sentivo ancora
Sapore della vita
Meraviglioso”. Domenico Modugno, Meraviglioso (1968).

“Peccato però per quest’anno non vederci a Natale”. Intercetto queste parole in italiano di un signore di una certa età, che parlando al cellulare, va di fretta in direzione opposta. Incrocio i suoi occhi azzurri. Sembra aver commentato i miei pensieri. Piango di una strana gioia.

Manuela Morrone

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