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Vincenza La Fata, storia della bambina uccisa nella Strage di Portella della Ginestra

Per la campagna “A ricordare e riveder le stelle”, oggi conosciamo la storia di Vincenza La Fata, una bambina vittima della Strage di Portella della Ginestra.

I ragazzi dell’Istituto Superiore G. La Pira di Pozzallo sono i protagonisti della campagna “A ricordare e riveder le stelle”. L’iniziativa, che rievoca Dante Alighieri, ha visto i ragazzi adottare ognuno una stella, ovvero il nome di una vittima della mafia, fare una ricerca e ricostruirne la storia con tutti i sentimenti che può evocare e conoscere meglio queste biografie per molti sconosciute. Oggi conosciamo la storia di Vincenza La Fata, vittima il 1° maggio 1947 della Strage di Portella della Ginestra.

La storia di Vincenza La Fata

Era il 1 maggio del 1947, una bella giornata di sole. Come ogni anno papà portava me e la mamma a Portella della Ginestra per la festa dei lavoratori. Quella mattina siamo scesi giù dal letto molto presto, per preparare le ultime cose da portare. Una volta pronti ci siamo messi in cammino verso il punto di ritrovo dove abbiamo aspettato che arrivasse il corteo. Dopo qualche ora siamo finalmente arrivati. Si respirava un’aria di festa; c’era una folla immensa di gente pronta per ascoltare il comizio. Io non aspettavo altro che riempirmi la pancia di tutte le delizie che papà stava preparando. Aveva infatti montato una brace su cui arrostire tutta la carne che avevamo portato. La mamma però non faceva altro che ripetermi “Enzina non puoi mangiare quando ti dice la testa, prima ascoltiamo il comizio e poi mangiamo tuttu chiddu ca vuoi”.

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Per la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, i ragazzi dell’Istituto Superiore G. La Pira di Pozzallo sono stati protagonisti di un lavoro di scrittura creativa

Improvvisamente sento dei colpi provenire dal monte Pizzuto, “i fuochi d’artificio” ho pensato dentro di me. Purtroppo non ho avuto il tempo di dirlo a mia mamma; d’un tratto ho capito che mi era successo qualcosa. Sentivo una strana sensazione sul mio petto. La mamma mi ha guardata e disperata ha iniziato ad urlare e piangere insieme. Ho portato una mano sul petto e guardandola l’ho vista coperta di sangue. La vista ha iniziato ad affievolirsi e a poco a poco le mie gambe sono cedute, facendomi cadere sulle braccia di mia mamma. Le ultime parole che ho sentito sono state le sue, mentre urlava disperata “Fiddia mia, bambina mia, cosa ti hanno fatto”. È così che alla tenera età di 8 anni mi hanno portata via.

E no, non è vero che ero nel luogo sbagliato al momento sbagliato, semplicemente perché non esiste un luogo sbagliato per delle vittime innocenti. Al posto sbagliato ci sono sempre e comunque gli assassini e i mafiosi. Di fronte a queste tragedie non bisogna rimanere senza parole, anzi abbiamo il dovere di trovarle quelle parole. Parole significative, parole che hanno il dovere di smuovere le coscienze, parole che esprimono la rabbia, il dolore e la condanna verso questi atti criminali. Perché no, non è giusto che io come tutte le altre migliaia di vittime della mafia dobbiamo solo essere “delle persone che si sono trovate nel luogo sbagliato al momento sbagliato”, perché noi non abbiamo colpe. Bisogna uscire da questo turbine di omertà e indifferenza, bisogna avere il coraggio di puntare il dito contro i veri colpevoli, nel rispetto di chi ha consegnato la propria vita alla lotta contro la mafia e di chi è rimasto vittima di queste tragedia. Bisogna avere fame di verità!

Alessandra Azzarelli

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