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Genova, il muro dei post-it come i lucchetti di Ponte Milvio

Fra dediche e cuori spezzati, il muro di Genova è il simbolo di una generazione che ha bisogno di raccontarsi, e non solo sui social

A Genova sono comparsi al civico 39 di via XX settembre centinaia di post-it colorati con messaggi d’amore. Così, quel muro in pieno centro cittadino è diventato lo specchio delle emozioni turbolente dei ragazzi genovesi, che raccontano, frase dopo frase, i loro tormenti amorosi. Fra dediche e cuori spezzati, il muro di Genova è il simbolo di una generazione che ha bisogno di raccontarsi, e non solo sui social.

Gli anonimi che hanno lanciato l’iniziativa

«I social sono banali, non acchiapperebbero la stessa attenzione», dicono I. e A., 17 anni, i due ragazzi che hanno cominciato ad appendere i pensieri: «L’abbiamo fatto un sabato notte all’una, e subito si sono fermati un sacco di ragazzi a leggere, a dire la loro».  «Usiamo carta e penna – proseguono i ragazzi – per portare lì le nostre esperienze di vita, il rapporto coi genitori, anche gli amori».

Post-it invece di lucchetti

«Finirà che questo specchio diventerà come Ponte Milvio a Roma: lì usano i lucchetti, qui saremo tappezzati di bigliettini d’amore. Che sono anche meno costosi, da buoni genovesi, e poi non si imbrattano i muri con scritte stupide», scherza il portinaio dello stabile. Alcuni sul bigliettino hanno persino scritto il loro account Instagram per farsi un po di pubblicità

Le frasi

Ed è così difficile per me dirti ciò che provo, ho un nodo alla gola che non riesco a sciogliere, le lacrime miste a paura

E mi sembra di perdere il mondo quando non mi sei vicino. Avrei voluto essere per te quell’occasione imperdibile che il pensiero di separarti da me ti facesse male, come a me adesso

Cenere. Avrei voluto essere la cenere delle mie Lucky Strike polverizzarmi e sparire con il vento

Sarai solo tu in mezzo al mare, ti sembrerà di affogare, nessuno verrà a salvarti, andrai sempre più a fondo

Non lasciarsi mai più, ma poi per sempre io e te

Questa cosa è cominciata anche per un disperato bisogno di buttare fuori quel che mi porto da anni: un disordine interiore, nato a scuola, dove sono stata vittima di bullismo

 

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