Fu un colpo di fulmine: pare che i due si scrivessero fin dal primo incontro. Parliamo della storia d’amore tra lo scrittore Ernest Hemingway e la diva del cinema Marlene Dietrich.
L’attrice ha lasciato 16.500 foto e almeno 45 mila lettere, un archivio personale sterminato di cui custodisce la chiave la figlia, Maria Riva. Nel 2003 è venuto alla luce il carteggio tenero e passionale, finora segreto, tra la diva e lo scrittore. Trenta di queste lettere sono state donate alla John F. Kennedy Library di Boston.
Proviamo a dare alcuni dettagli di una storia d’amore che ha fatto storia e che per i personaggi coinvolti è riuscita a destare un interesse senza tempo. La loro storia ancora oggi incanta il pubblico di tutto ilo Mondo.
Marlene Dietrich ed Ernest Hemingway
Marlene Dietrich ed Ernest Hemingway si conobbero nel 1934 sul piroscafo Ile-de-France. A raccontare l’incontro fu lo stesso Hemingway.
“Una sera, mentre eravamo a cena nel salone, apparve in cima alle scale questo incredibile spettacolo in bianco. Fece una Pausa Drammatica, poi prese a scendere lentamente. Tutti avevano smesso di mangiare. Arrivò al tavolo dov’era stata invitata, gli uomini scattarono in piedi, ma lei si mise a contare: dodici. Si scusò, ma disse che era davvero superstiziosa e che non avrebbe di certo fatto la tredicesima. Si voltò per andarsene quando io colsi al volo la mia grande occasione, la raggiunsi e mi offrii di fare il quattordicesimo”.
Lo scambio epistolare
Hemingway scriveva a Marnele mentre si trovava in giro per il mondo, nel corso dei suoi viaggi tra Cuba e Idaho, passando per Parigi e Venezia. Una storia d’amore platonica, quella tra lo scrittore Ernest Hemingway e la diva del cinema Marlene Dietrich, durata trent’anno fino a quando lo scrittore americano morì suicida nel 1961.
Secondo le ricostruzioni, il loro rapporto non sfociò mai in una vera e propria relazione intima, ma trovò la sua estrema espressione grazie ad un carteggio passionale, a volte esplicito, altre molto tenero: un’intimità cerebrale, che sembrava essere gradita a Marlene. Ne è un esempio questa missiva che lo scrittore americano dedicata all’attrice:
“Mia carissima Marlene, ti scrivo così presto stamattina, nell’ora in cui la povera gente, i soldati e i marinai si svegliano di abitudine, per mandarti una letterina nel caso tu ti sentissi sola.”
“Hai ragione, io sono sola. Sono sempre sola”, gli rispose Marlene, “tranne quando mi prendo cura dei bambini o degli uomini.”
E se James Roth, curatore dell’ archivio Hemingway, ha sottolineato che dalle parole emerge un senso di frustrazione, il nipote Peter Riva, ha commentato: “Per il sesso non ci fu mai il momento giusto, così si accontentarono di una intimità cerebrale”.
Un amore platonico
Lei lo chiamava “papà”, anche se era più piccola soltanto di un paio d’ anni, lui ricambiava con “figlia” o “kraut”. Le scriveva dalle sue case in giro per il mondo e durante i suoi viaggi. Una storia d’amore platonica, come quelle che piacevano alla diva e che assomiglia ad un’altra love story, quella con Erich Maria Remarque, incontrato al Lido di Venezia nel 1937.
Finora sono state ritrovate una trentina di lettere scritte tra il 1949 e il 1959, ma si presume che i due si scrivessero fin dal primo incontro, ovvero dal 1934.
Nella sua autobiografia Marlene scrisse di lui:
“L’ho amato immediatamente e non ho mai smesso. L’ ho amato platonicamente. Dico questo perché l’amore che sentivamo l’uno per l’altro è stato un amore eccezionale nel mondo in cui viviamo: un amore puro, assoluto. Un amore non attraversato da dubbi, un amore oltre l’orizzonte, oltre la tomba anche se so per certo che ciò non esiste”.