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Dante e Beatrice, un amore a prima vista in tenera età

Ecco il racconto del primo incontro tra Dante e l'amore della sua vita, Beatrice, avvenuto il primo giorno di Maggio a Firenze

Dante e Beatrice, un amore a prima vista per il sommo poeta. Uno dei temi che più hanno appassionato i poeti è il contrasto tra la ciclicità perenne della Natura e lo scorrere irreversibile della vita umana. Il filosofo greco Eraclito raccontava che per gli uomini è impossibile bagnarsi due volte nelle acque dello stesso fiume. Catullo invitava la sua amata a riflettere sul fatto che quando il sole dell’esistenza tramonta, non segue nessuna aurora, ma una notte interminabile ( « nox est perpetua una dormienda ». ).

A Maggio la primavera è nel pieno del suo fulgore. Questo è il momento dell’anno nel quale avvertiamo più intensamente il carattere tragicamente provvisorio dell’esistenza umana che – per usare le parole inarrivabili di Giacomo Leopardi – « poi che la bella / giovinezza sparì, non si colora / d’altra luce giammai, né d’altra aurora. / Vedova è insino al fine; ed alla notte / che l’altre etadi oscura, / segno poser gli Dei la sepoltura».

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Tutto incominciò ad una festa

Il primo giorno di Maggio a Firenze era tradizione festeggiare la giovinezza eterna della vita. Il ritorno di questo mese coincideva con il trionfo della stagione più amata: la primavera. La primavera rivestiva il mondo con il suo nuovo, eterno mantello, e risvegliava in tutti gli esseri la consapevolezza del dono misterioso di vivere, di compiere – senza volerlo – un affascinante viaggio sperimentale. In quel giorno dedicato alla gratitudine per la bellezza del mondo, alla riconsacrazione dei doni più dolci e più fugaci, fiorivano gli innamoramenti estemporanei. Era un tripudio di sguardi innamorati e schivi reciprocamente scambiati. Nella festa della giovinezza, luogo dell’anima prima ancora che stagione della vita, nell’immemore abbandono alla spensierata spontaneità, la morte doveva apparire come una irrealtà insensata, dopo una lunga, misteriosa giornata. In quel giorno non c’era fiorentino che non fosse contagiato da un desiderio di festa.

Ecco la testimonianza di Boccaccio:

« Nel tempo nel quale la dolcezza del cielo riveste de’ suoi ornamenti la terra, e tutta per la varietà de’ fiori mescolati fra le verdi frondi la fa ridente, era usanza della nostra città, e degli uomini e delle donne, nelle loro contrade ciascuno in distinte compagnie festeggiare  ».

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Folco Portinari è il papà di una fanciulla di nove anni, Beatrice. Questo signor Portinari decide di organizzare un party a casa sua, dove – tra gli altri – invita un suo amico e vicino di casa, Alighiero Alighieri. Anche questo signor Alighieri è un papà, e il suo figliuolo è coetaneo della piccola Beatrice. Se questo ( Beatrice ) è un nome ancora abbastanza diffuso, il figliuolo del signor Alighieri ha un nome un po’ insolito: Durante, che – abbreviato – fa Dante. Questi scopre che il papà è stato invitato a una festa. Vuole andarci pure lui. Il babbo lo accontenta e la festa incomincia.

Dante, giunto a casa Portinari, trova degli amichetti, dei bambini della sua età, con i quali incomincia a giocare ( scrive Boccaccio: « a trastullarsi puerilmente »). Viene intanto servito da mangiare e tra cibi, canti e giochi il tempo spensierato e lieto scorre….

A un certo punto, tra «la turba dei giovinetti», gli occhi del piccolo Dante incrociarono quelli della figliuola del padrone di casa ( il signor Folco ).

Amore a prima vista

Per la prima volta dunque, Beatrice appare a Dante.

Boccaccio ci informa che Beatrice era una bimbetta « la cui età era forse di otto anni, leggiadretta assai secondo la sua fanciullezza, e nei suoi atti gentilesca e piacevole molto, con costumi e con parole assai più gravi e modeste che il suo picciolo tempo non richiedea; e, oltre a questo, aveva le fattezze del viso dilicate molto e ottimamente disposte e piene, oltre alla bellezza, di tanta onesta vaghezza, che quasi un’angioletta era reputata da molti. Costei adunque, tale quale io la disegno, o forse assai più bella, apparve in questa festa. Dante, ancora che fanciul fosse, con tanta affezione la bella immagine di lei ricevette nel cuore, che da quel giorno innanzi mai, mentre visse, non se ne dipartì».

È dunque un amore a prima vista in tenera età. Non è mai troppo presto ( come non è mai troppo tardi ) per innamorarsi.

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Dante, nei giorni successivi alla festa a casa Portinari, non smetteva mai di pensare e ripensare a Beatrice al punto che « niuna altra cosa gli era piacere o riposo o conforto, se non il vedere costei ».

Incontrare o non incontrare Beatrice era diventata la misura del suo tempo, innamorato e sognante. « Per la qual cosa, ogni altro affare lasciandone, sollecitissimo andava là dovunque credeva potere vederla, quasi del viso o degli occhi di lei dovesse attignere ogni suo bene o intera consolazione. ».

Negli occhi dell’amata, anticipi di cielo sulla terra, nuota la promessa della felicità.

Il racconto di Boccaccio

Giovanni Boccaccio è stato il primo straordinario studioso di Dante, del quale era molto più giovane. Nato nel 1313, otto anni prima della morte del sommo poeta, ha scritto la prima biografia dantesca, ossia il Trattatello in laude di Dante. Il Trattatello è la più grande dichiarazione di amore letterario che uno scrittore abbia dedicato a un altro scrittore. Fa pensare a un modesto recipiente, stracolmo di tutta l’ammirazione, l’amore e l’entusiasmo che lui aveva verso Dante. Un entusiasmo che non riesce a stare tutto dentro questo recipiente e trabocca dagli orli; palpita in ogni riga.

Nelle pagine di questo libro, l’abbraccio tra l’inchiostro e l’amore è uno dei più intensi che la letteratura abbia conosciuto. Boccaccio, oltre a studiare e a ristudiare continuamente l’opera poetica dantesca, aveva fatto quasi l’investigatore privato. Era andato a cercare le persone che avevano conosciuto Dante, oppure i figli e i nipoti di persone che avevano avuto rapporti con lui. Tutto il materiale  raccolto – vero, aneddotico, leggendario – gli serve per disegnare il  ritratto del poeta, un lascito per le generazioni future. I grandi scrittori sanno che realtà e immaginazione sono due funzioni reciproche e solidali dell’essere, atomi imprescindibili della stessa molecola.

Il Trattatello è così l’opera fondativa del culto di Dante in Italia e in Europa.

La nostalgia di un sorriso

Jorge Luis Borges, l’Omero argentino, sostiene che Dante abbia scritto il più bel libro della storia umana ( la Divina Commedia ) per trovare un risarcimento impossibile: incontrare di nuovo Beatrice, dopo la sua morte. In questa prospettiva, la triplice architettura del suo poema nasconderebbe il desiderio di tornare di nuovo a celebrare la sua amata.

Nel Paradiso, quando Beatrice lo accompagnerà in un viaggio mai compiuto da nessun uomo vivo prima di lui, attraverso i cieli più luminosi – pullulanti di bagliori angelici – il poeta tornerà a cantare colei che imparadisa la sua mente, trasforma in un Paradiso la sua mente innamorata.

Lo stesso succedeva quando la incontrava da ragazzo per le vie di Firenze, ignaro del viaggio al quale era destinato. Scrive Borges: « un sorriso e una voce, che lui sa perduti, sono la cosa fondamentale. » .

Anche questo è la Divina Commedia: la felicità di un sorriso ritrovato. Un sorriso incontrato per la prima volta sulla terra, a Firenze, un primo  giorno di Maggio.

Dario Pisano

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