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Abbraccia spesso chi vuoi bene perché la vita non è mai scontata

Il ricordo delle persone care, come il nonno, che non ci sono più ci fa capire quanto sia stato prezioso il tempo con loro, che non tornerà più

Mi potrebbe passare un treno addosso e non lo sentirei così forte come quando devi fare i conti con la tua nipotina di quattro anni che mentre guidi l’auto ti chiede: “zio dove sta il nonno?“.

Perché se immagini di avere vicino un tuo caro, di parlarci e di condividere con lui del tempo, guardarlo, riderci assieme e poi invece devi realizzare che non c’è più, che non lo rivedrai, un flusso di smarrimento ti sale e non ti restano che i ricordi.

E ti aggrappi a loro mentre tutto sta scorrendo, tu sei lì che accusi il colpo di quella semplice domanda mentre poco prima guidando ti trovavi a passare dallo Stadio della Vittoria, e la mente va a quando ragazzetto “barbone” ti portava lì dentro con i suoi amici e ti sembra incredibilmente ieri, e vedi Tonino, Colin, Franchino, Pierino, che fanno la fila con te per entrare, mentre tuo padre ti tiene avanti a lui con le sue grandi mani sulle spalle, e lo vedi sorridere mentre ti dice: “Oggi ti porto a vedere Maradona”.

Serie A, Bari-Napoli, campionato 1989/90, e rivedi lo stadio che applaude il funambolo argentino durante il riscaldamento mentre palleggia come la divinità della palla a sfera, e ti ricordi quando il tuo Babbo ti disse: “Dopo ti compro quel gagliardetto che abbiamo visto”, e tu che gli dici: “Papà, ma io voglio quello del Bari” e lui ti risponde: “E te li compro tutti e due, ricordati che bisogna sempre riconoscere la grandezza di qualcuno, anche se è avversario”.

E poi ricordi i cori di quella partita, così come delle altre viste con lui, ripensi a quello che non era solo calcio, perché quelle giornate esprimevano l’andare con lui ed i suoi amici allo stadio, per trascorrere dei bellissimi momenti, un giorno a vedere Zoff, un altro Klinsmann, con il rito di passare prima dal Bar Gonnella a prendere il caffè, quello vero, perché dopo, nell’arena, si sarebbero potuti bere solo i Borghetti, e te lo vedi lì mentre sali la gradinata con lui e senti ancora il calore della sua persona che ti protegge e ti fa gustare la bolgia del Della Vittoria, e tu lo guardi negli occhi e ti sembra il tuo eroe che ti porta con se come fossi la sua coppa del mondo, e sorride…

E mentre guidi con queste visioni, ti accorgi che devi dare ancora la risposta a tua nipote, che la vuole, e che tristezza sarebbe dirgli che il nonno non lo rivedrà più, che il tempo è andato, quello che è stato è stato e non si può tornare indietro, e allora il cuore ti batte un po’ e pensi a quanto lo vorresti vicino per qualche minuto per abbracciarlo ancora e dirgli che ti manca, che lo ringrazi per tutti i sacrifici fatti e le cose che ti ha insegnato, e pensi anche che questa storia la devi raccontare, nonostante qualcuno ti prenderà per matto, perché qualcun’altro ti legga e capisca che non parlarsi più con un genitore, o un fratello, è una stronzata a cui con la buona volontà reciproca si può porre rimedio, alla morte no!

Perché non siamo padroni del nostro destino e d’improvviso potremmo separarci per sempre dai nostri cari, perché oggi so che sarebbe stato bello condividere tante cose con mio padre e che purtroppo non potrò più farlo, e cosi, mentre continuo a guidare mi passano davanti all’auto dei gabbiani enormi che giocano nel tramonto, sulla bellissima muraglia di Bari Vecchia e allora dico a Marta: “Il nonno sta in cielo che gioca e ci guarda sempre”, e lei con la sua bellissima vocina piccola mi risponde: “Si zio Carlo, il nonno sta in cielo e sta ridendo”… Mi manchi ogni giorno di più ma nessuno muore veramente se vive nel cuore di chi lo ama!

Carlo Picca

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