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Come spiegare la guerra in Ucraina ai bambini

Abbiamo chiesto allo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini in che modo è possibile spiegare la guerra in Ucraina ai bambini in modo efficace ed esaustivo

E’ possibile spiegare la guerra in Ucraina ai bambini? In che modo si può spiegare ciò che sta accadendo in questi giorni a bambini e adolescenti. Le immagini della guerra in Ucraina che scorrono in tv, su internet, sui social arrivano anche agli occhi dei nostri ragazzi. Ed è quasi impossibile tenere lontani i bambini dall’informazione, dalle notizie dei terribili avvenimenti in Ucraina.

Come spiegare la guerra in Ucraina ai bambini

Si può e si deve parlare di guerra ai bambini nei modi opportuni. Abbiamo chiesto allo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini, presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano di raccontarci in che modo è possibile spiegare la guerra in Ucraina ai bambini in modo efficace ed evitando loro i possibili traumi dovuti alla sovraesposizione mediatica legata al conflitto.

Come è possibile raccontare e spiegare la guerra in Ucraina ai bambini?

Primo punto importantissimo è rendersi conto che ogni bambino, così come ogni adolescente, è diverso: troppo spesso oggi i genitori cercano ricette adatte a tutti, perché abbiamo una fragilità di ruolo che ci spinge a ricercare certezze. Non dobbiamo mai dimenticare che i propri figli, come ogni studente, sono unici, hanno delle necessità evolutive diverse da persona a persona. 

Per spiegare la guerra in Ucraina ai bambini bisogna innanzi tutto uno degli aspetti che molto spesso governa questa ansia genitoriale: il fare una specie di conferenza stampa, ovvero convocare i bambini e raccontargli il nostro punto di vista sulla guerra. Con i bambini conviene molto  di più partire dalle loro domande, ascoltare i loro quesiti e rispondere di conseguenza. Non è detto che un adulto sappia rispondere a tutto: l’importante è che i bambini notino che i genitori sono disposti a parlargli. Evitare inoltre di avere uno sguardo troppo teso di fronte alle loro domande, altrimenti si chiuderanno e non porranno più quesiti.

I bambini più piccoli devono essere messi al riparo da certe immagini, ancora non rielaborabili per loro cognitivamente e affettivamente, mentre i più grandi, in una società in cui la comunicazione massmediatica filtra e passa dappertutto, saranno più informati e predisposti a porre domande agli adulti.

Cosa sarebbe più opportuno raccontare e mostrare ai bambini relativo alla guerra, e cosa invece andrebbe evitato?

Qualsiasi tipo di informazione occorre che venga mediata da un adulto a qualsiasi età. E’ possibile proteggere, ma quando un contenuto è così pervasivo su internet e all’interno dei mass-media raggiunge inevitabilmente i bambini. Il tema vero è in che modo un adulto può rielaborare queste informazioni. Occorre non sovraesporre troppo i bambini alle immagini esterne ed alle nostre opinioni.

Un’altra cosa che si può fare con i bambini è proporre attività pratiche come il disegno o coinvolgerli  in qualcosa di concreto da fare, come ad esempio gli aiuti umanitari se attivi nel proprio quartiere o all’interno della propria scuola. Questo aiuta i bambini a creare empatia con coloro che stanno soffrendo attraverso azioni concrete.

Ciò senza dimenticare mai che la nostra è sempre stata una società che negli ultimi anni ha sempre più puntato sul fare rispetto al pensare: il fare è importante, ma i bambini hanno bisogno di adulti che trasmettano loro l’importanza di dare senso a ciò che viene fatto attraverso il pensiero, le parole, il significato. L’azione spesso nella società riempie un vuoto di pensiero che poi chiede il conto più in la con gli anni. 

E’ giusto rispondere a tutti i loro quesiti, o c’è un limite?

Bisogna ascoltare tutte le domande che i bambini ci pongono. Dopodiché è difficile prevederle o dare risposte esaustive e corrette;  l’importante è entrare in relazione con i nostri figli. Ciò che conta non è soddisfare la loro curiosità, ma far percepire ai bambini il fatto che siamo in relazione con loro, che possiamo aiutarli a gestire le emozioni di fronte ad una tematica così angosciante come la guerra.

Come si spiega a un bambino che esistono loro coetanei che in questo momento stanno soffrendo e sono in una situazione di difficoltà rispetto a loro?

Penso che i bambini abbiano già ben chiara l’ingiustizia sociale che li pone in una condizione diversa rispetto ad alcuni loro coetanei. I genitori, oltre a dover rispondere a questa domanda, dovrebbero chiedere loro “perché gli adulti dono due anni di pandemia hanno deciso anche di farsi la guerra?” Credo che la tematica di porre domande oltre che riceverle, sentire cosa pensano i ragazzi e il significato che danno a ciò che accade intorno a loro  da la possibilità a bambini e adolescenti, con modalità diverse in base all’età, di poter interrogare gli adulti davvero e ricevere così informazioni più esaustive. E’ molto difficile parlare di contenuti specifici quando ciascun adulto, ciascun genitore ha una propria idea.

Alcuni adulti ritengono che sia pericoloso far percepire ai bambini che la guerra è vicina, altri si sentono impreparati di fronte a una guerra che non è mai stata così a breve distanza da loro. L’importante è non far percepire ai bambini delle emozioni negative, ma anzi far capire loro che spesso ci sono domande a cui si può cercare di dare una risposta, ma che quest’ultima non sempre corrisponde alla verità assoluta. Ognuno di noi, in base alle domande del proprio figlio, alla trama affettiva e al clima emotivo che si crea, dirà le cose giuste in quel momento. 

Quali sono i possibili traumi che può vivere un bambino in questo periodo?

Nello spiegare la guerra in Ucraina ai bambini, il rischio è che l’aspetto legato alle fragilità adulte non consentano l’elaborazione degli stati affettivi ed emotivi necessari in base alla propria età e al proprio funzionamento. Il pericolo è che i bambini non diano spazio alle proprie emozioni perché queste angosciano troppo gli adulti. Un altro pericolo è quello di sovraccaricare di contenuti un bambino che magari in quel momento ha altri problemi e si interroga su altre questioni. 

Con gli adolescenti è un po’ diverso: conviene ascoltare le oro opinioni: un adolescente va lasciato parlare, proporre una propria posizione che può essere non la stessa dei genitori. Occorre ascoltare le loro ragioni per capire in che modo l’adolescente sta costruendo il proprio sistema di valori. In questo caso è molto importante ascoltare le ragioni dell’altro. 

Matteo Lancini

Psicologo e psicoterapeuta. Presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano. Docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca. Autore di numerose pubblicazioni sull’adolescenza: Il ritiro sociale negli adolescenti. La solitudine di una generazione iperconnessa (Raffaello Cortina, 2019). Cosa serve ai nostri ragazzi. I nuovi adolescenti spiegati ai genitori, agli insegnanti, agli adulti. (Utet, 2020). Di recente ha pubblicato “L’età tradita” (Raffaello Cortina, 2021).

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