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Gli orfani di femminicidio: le vittime invisibili della violenza di genere

Edela, l'associazione che vuole dar voce ai ragazzi che hanno vissuto il trauma dell'uccisione della madre da parte del loro stesso padre

Roberta Beolchi è un’architetto e una mamma che, sempre più turbata dalle notizie dei continui aumenti dei casi di femminicidio, si è posta il problema di cosa succedesse alle famiglie delle vittime perché, dietro ogni vittima palese, ci sono molte altre vittime “invisibili” che sono i genitori della donna uccisa e soprattutto i figli delle donne uccise dal loro compagno. Approfondendo il tema, Roberta ha scoperto che sono lasciati a se stessi, che restano invisibili per le istituzioni e per la società civile e così, dopo qualche anno di indagine, Roberta nel settembre del 2018 fonda Edela per aiutare i ragazzi che hanno perso in un sol colpo la madre e il padre che nella maggioranza dei casi ne è stato il carnefice.

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Roberta, qual è lo scopo di Edela?

Edela nasce per dare voce a quest’esercito di invisibili che oggi conta circa 2100 orfani di femminicidio, per far sì che possano mantenere la loro dignità i bambini, i nonni e le famiglie affidatarie e che non siano più nelle condizioni di dover chiedere. Le realtà sono quelle di bambini e/o ragazzi che hanno vissuto il più violento dei traumi, che hanno assistito ad anni di violenza – questi omicidi non sono quasi mai frutto di raptus, ma di escalation di violenza – conclusasi con l’omicidio della mamma ad opera del padre, quando non anche con il suo suicidio. Sono le realtà di nonni che vivono di pensione e che, oltre ad avere il grandissimo dolore di aver perso in modo brutale la figlia, si ritrovano a dover rifare i genitori in un momento in cui non hanno spesso la forza fisica ed economica per farlo. 

Cosa fate in concreto per loro?

Cerchiamo soprattutto di fare sentire a questi ragazzi la nostra vicinanza affettiva, di dar loro un supporto psicologico e/o legale con esperti specializzati, di affiancarli nel loro percorso scolastico, aiutandoli a frequentare delle scuole qualificate che possano garantire loro un futuro. E poi tanta prevenzione, soprattutto nelle scuole.

Cosa possono fare i media e in generale la società civile per aiutare questi ragazzi?

Si può fare tanto, si può fare una comunicazione giusta, si deve fare prevenzione, si deve parlare tanto con i ragazzi e andare nelle scuole, si deve educare all’uguaglianza di genere. Un figlio che ha assistito a queste violenze probabilmente sarà autore di violenze a sua volta e la figlia invece sarà una probabile vittima. Per questo io invito sempre le donne a denunciare, non solo per se stesse ma anche per i loro figli e per spezzare questa terribile catena. Inoltre, il mio appello è rivolto anche alle forze dell’ordine che pure fanno tanto ma che devono attivarsi ancora di più per arrestare questa ondata di omicidi perché il femminicidio è l’unico omicidio di cui si conoscono in anticipo la vittima ed il carnefice ed è pertanto sia prevedibile che prevenibile.

 

 

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