Gli orfani di femminicidio: le vittime invisibili della violenza di genere

23 Ottobre 2019

Edela, l'associazione che vuole dar voce ai ragazzi che hanno vissuto il trauma dell'uccisione della madre da parte del loro stesso padre

femminicidio

Roberta Beolchi è un’architetto e una mamma che, sempre più turbata dalle notizie dei continui aumenti dei casi di femminicidio, si è posta il problema di cosa succedesse alle famiglie delle vittime perché, dietro ogni vittima palese, ci sono molte altre vittime “invisibili” che sono i genitori della donna uccisa e soprattutto i figli delle donne uccise dal loro compagno. Approfondendo il tema, Roberta ha scoperto che sono lasciati a se stessi, che restano invisibili per le istituzioni e per la società civile e così, dopo qualche anno di indagine, Roberta nel settembre del 2018 fonda Edela per aiutare i ragazzi che hanno perso in un sol colpo la madre e il padre che nella maggioranza dei casi ne è stato il carnefice.

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Roberta, qual è lo scopo di Edela?

Edela nasce per dare voce a quest’esercito di invisibili che oggi conta circa 2100 orfani di femminicidio, per far sì che possano mantenere la loro dignità i bambini, i nonni e le famiglie affidatarie e che non siano più nelle condizioni di dover chiedere. Le realtà sono quelle di bambini e/o ragazzi che hanno vissuto il più violento dei traumi, che hanno assistito ad anni di violenza – questi omicidi non sono quasi mai frutto di raptus, ma di escalation di violenza – conclusasi con l’omicidio della mamma ad opera del padre, quando non anche con il suo suicidio. Sono le realtà di nonni che vivono di pensione e che, oltre ad avere il grandissimo dolore di aver perso in modo brutale la figlia, si ritrovano a dover rifare i genitori in un momento in cui non hanno spesso la forza fisica ed economica per farlo. 

Cosa fate in concreto per loro?

Cerchiamo soprattutto di fare sentire a questi ragazzi la nostra vicinanza affettiva, di dar loro un supporto psicologico e/o legale con esperti specializzati, di affiancarli nel loro percorso scolastico, aiutandoli a frequentare delle scuole qualificate che possano garantire loro un futuro. E poi tanta prevenzione, soprattutto nelle scuole.

Cosa possono fare i media e in generale la società civile per aiutare questi ragazzi?

Si può fare tanto, si può fare una comunicazione giusta, si deve fare prevenzione, si deve parlare tanto con i ragazzi e andare nelle scuole, si deve educare all’uguaglianza di genere. Un figlio che ha assistito a queste violenze probabilmente sarà autore di violenze a sua volta e la figlia invece sarà una probabile vittima. Per questo io invito sempre le donne a denunciare, non solo per se stesse ma anche per i loro figli e per spezzare questa terribile catena. Inoltre, il mio appello è rivolto anche alle forze dell’ordine che pure fanno tanto ma che devono attivarsi ancora di più per arrestare questa ondata di omicidi perché il femminicidio è l’unico omicidio di cui si conoscono in anticipo la vittima ed il carnefice ed è pertanto sia prevedibile che prevenibile.

 

 

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