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Giornata Mondiale dell’Alimentazione, com’è cambiato il modo di mangiare degli italiani?

In occasione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione, abbiamo intervistato due massime autorità mediche italiane sul tema: Hellas Cena e Massimo Labra. Secondo i due esperti, L’Italia del cibo è diventata patriottica e green

La svolta post-pandemia è patriottica e green. Prova ne sia che alla vigilia della Giornata mondiale dell’alimentazione, l’Italia del cibo torna all’ “antico” con il buon vecchio orto. “L’emergenza virus ha favorito il boom di prodotti 100% Made in Italy, biologici e a Km zero. Si tratta di una tendenza positiva, da incoraggiare, perché è anche tramite la promozione di filiere di prossimità controllate che potremo evitare il diffondersi di un nuovo evento Covid”.

Giornata Mondiale dell’Alimentazione, com’è cambiato il modo di mangiare degli italiani?

Che ci sia un nesso tra ciò che mangiamo e la possibilità di contrarre nuove malattie dalla portata universale, tragicamente letali come l’illustre e odierna infezione virale, ne sono certe due massime autorità mediche italiane: Hellas Cena e Massimo Labra. Lei, Medico Chirurgo, Specialista in Scienze dell’Alimentazione, ProRettore alla Terza Missione dell’Università di Pavia, responsabile del Servizio di Nutrizione Clinica e Dietetica, ICS Maugeri, nonché direttore accademico del Master Universitario in Dietetica e Nutrizione Clinica, Università di Pavia, e già membro del Focal Point del Ministero della Salute per l’Agenzia Europea sulla Sicurezza Alimentare. Lui, ordinario di Biologia vegetale alla Bicocca, come pure direttore Best4Food, il primo centro di ricerca consacrato allo studio del rapporto fra alimentazione e salute. Ecco la loro intervista in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione.

Qual è il contributo che la nutrizione può offrire in una situazione come quella che stiamo vivendo?

Cena: «Sicuramente prestare attenzione a ciò che si mangia può aiutare a fortificare il nostro sistema immunitario e ad acquisire una maggior resistenza psicofisica, ma la dieta dovrà essere personalizzata e andare incontro alle esigenze del singolo sia per soddisfarne i fabbisogni sia per aumentare l’aderenza ad un pattern dietetico equilibrato, ricco di nutrienti e composti bioattivi, che le evidenze scientifiche hanno mostrato essere efficaci a contrastare l’infiammazione dell’infezione da Covid».

Con il senno di poi ci spiega perché il Coronavirus nella sua fase iniziale ha colpito principalmente Italia, Spagna e Francia, dove vige il modello della dieta mediterranea?

Cena: «Penso che le ragioni siano molteplici e multifattoriali, ma sicuramente se dobbiamo pensare al contributo dell’alimentazione nel fornire un “substrato” protettivo, dobbiamo renderci conto che il modello alimentare è virato verso un elevato consumo di alimenti raffinati, cibi pronti e/o confezionati, spesso troppo ricco di energia e povero di nutrienti che, unitamente a uno stile di vita sedentario e a una società demanding, ha favorito l’incremento di patologie cronico-degenerative che, guarda caso, sono anche le malattie più frequenti nelle comorbidità di chi viene a contatto con il Covid. Sicuramente non è né colpa né merito della dieta, tuttavia ritengo che qualche domanda dovremmo porcela. Il cittadino moderno ha bisogno di un apporto energetico inferiore ma di una adeguata integrazione di macro e micronutrienti come vitamine, minerali e molecole con azione antiossidante. Non sempre le politiche alimentari hanno seguito questo trend; in molti casi hanno favorito l’ingresso di junk food, consumati velocemente, spesso con elevato apporto energetico e indice glicemico ma poveri in nutrienti essenziali: insomma calorie vuote».

Quindi rischiamo di sviluppare delle carenze nutrizionali?

Cena: «Più che altro corriamo il rischio di non soddisfare il livello di nutrienti necessari al nostro organismo per tutte le funzioni fisiologiche, senza necessariamente sviluppare delle vere e proprie sindromi carenziali. Questo rimane perlopiù a livello sub clinico, non diagnosticato e impatta anche sul sistema immunitario, senza che nessuno se ne renda conto. La dieta mediterranea è sicuramente in grado di migliorare lo stato di nutrizione strettamente correlato alla condizione di salute dell’individuo. Tuttavia la prevenzione e la terapia nutrizionale sono interventi complessi che vanno personalizzati e pensati anche nell’ottica della sostenibilità».

Ma cosa significa in concreto mangiare sostenibile?

Labra: «Significa alimentarsi con prodotti sostenibili sotto il profilo sociale, ambientale ed economico, scegliere alimenti di stagione, di prossimità, che non richiedono trasformazioni eccessive e cotture prolungate. Cibi integrali, completi e adeguati al nostro metabolismo. Solo così potremmo contrastare non solo Covid-19 ma molte malattie che caratterizzano il nostro tempo come cancro, diabete, malattie neurodegenerative. Per molte di queste patologie non sappiamo molto ma abbiamo capito che prevenirle con uno stile di vita sano è fondamentale perché poi curarle è molto complesso».

Cosa deve fare un cittadino per seguire una dieta adeguata e sostenibile?

Cena: «Dovrebbe scegliere di alimentarsi non solo per il raggiungimento del benessere personale ma per quello della collettività intera. Inoltre dovrebbe abbracciare un’alimentazione varia, che prediliga cibi di origine vegetale e considerare anche le proprie radici culturali, nel nostro caso quelle appunto del Mediterraneo».

Questi ripetuti lockdown che effetti hanno avuto sull’alimentazione?

Labra: «Possiamo dire che abbiamo assistito a un ritorno alla cucina. I social sono pieni di foto di prodotti fatti in casa, di ricette e di idee creative. Credo che questo collegamento con le materie prime possa sortire effetti positivi per i cittadini che avevano smarrito l’idea di prodotti alimentari ed ormai erano abituati a piatti pronti. Alcune stime ci dicono che a Milano prima della pandemia si consumavano più di 10 pasti settimanali fuori casa. Forse una condizione un po’ troppo insostenibile! Infine l’emergenza sanitaria ha scatenato sia una svolta salutistica nei consumatori che un record storico nelle esportazioni. A detta di Coldiretti solo nei primi 6 mesi del 2021 vi è stato un balzo dell’+11,2% dell’alimentare Made in Italy. Tra i principali appassionati dell’Italia a tavola si annoverano gli Stati Uniti, ma pure la Germania, la quale si piazza al primo posto tra i Paesi europei importatori di italian food».

Cosa cambierà nel sistema alimentare dopo questa pandemia?

Labra: «Io penso e credo fortemente che dovremmo riprendere la carta di Milano, quella firmata durante Expo, e farla diventare un dogma per tutte le città del mondo. Punti chiave oltre al contrasto della malnutrizione e della fame che ancora attanaglia più di 820 milioni di persone, nella carta di Milano si indicano i passaggi fondamentali di un’alimentazione sicura, sostenibile e idonea all’uomo moderno. È fondamentale seguire queste indicazioni perché non deve più accadere che situazioni insicure e inadeguate di un piccolo mercato cinese portino un virus così pericoloso in tutto il mondo in pochissimi giorni. La globalizzazione ha dato al Coronavirus la velocità di diffusione, ma l’errore del suo ingresso nel nostro sistema è legato al sistema alimentare».

Come evitare un nuovo evento Covid o simili, in cui il virus animale arriva all’uomo?

Labra: «Io direi due cose: la prima è che i sistemi agro-produttivi devono rispettare condizioni di sicurezza alimentare adeguate e condivise in tutto il mondo, senza entrare in contatto con bestie selvatiche; la seconda è quella di rendere le città meno permeabili ai virus di questo tipo attraverso lo sviluppo di ecosistemi complessi. Insomma, il cibo è piacere, ma dobbiamo ricordarci che può essere causa anche di pandemie».

Quali saranno gli “ingredienti” del futuro?

Cena: «Le frontiere della medicina stanno spostandosi sempre di più verso una scienza medica preventiva, personalizzata e di precisione. La nutrizione seguirà prevedibilmente le sue orme e accetterà con maggiore serenità il principio secondo cui non esiste un unico modo di mangiare, bensì diversi pattern dietetici corretti, i quali dovranno essere riconosciuti nel contesto culturale nel quale si sono sviluppati. Insomma la pandemia sta restituendoci diversi spunti di riflessione e sussurrando all’intero pianeta quanto l’alimentazione non sia soltanto un mero bisogno chimico, ma un entourage socio-culturale ed economico che necessita urgentemente di essere riconosciuto e riguardato. Forse è giunto il momento di mettere in discussione tutti gli attori principali di ciò che siamo portati a mangiare».

Sara Cariglia

da ideegreen

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