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Francesco Alberoni, l’intellettuale dell’amore ai tempi dei Social

Nella sua lunga carriera di sociologo, accademico e scrittore ha indagato “lo stato nascente”, la fenomenologia dell'amore e dei consumi, i movimenti collettivi e i moti dell’anima

Francesco Alberoni è stato pioniere degli studi sulla sociologia, tra i padri fondatori come Pareto, Weber e Morin. Studioso e scienziato dell’animo umano di cui ha indagato tutte le sfaccettature, mettendo a nudo passioni, vizi e virtù; speranze ed angosce. Creatore ed innovatore. A volte profetico, sempre attuale. Aveva a cuore i problemi veri, profondi, epocali a partire dalla rivoluzione dei costumi (non solo amorosi) generata dai padroni del Web. Nel suo ultimo libro, scritto con la sociologa Cristina Cattaneo, “Amore mio come sei cambiato”, si interrogava sulla rivoluzione comunicativa di Internet e dei social in rapporto al cambiamento dei processi dell’innamoramento e dell’amore. E chissà cosa avrebbe pensato, oggi, dello scontro annunciato tra il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg e quello di Twittere/X, Elon Musk.

Purtroppo non lo sapremo mai.

Francesco Alberoni

Francesco Alberoni è morto il 14 agosto all’età di 93 anni, al Policlinico di Milano, dove era ricoverato da alcuni giorni per problemi renali.
Nella sua lunga carriera di sociologo, accademico e scrittore ha indagato “lo stato nascente”, la fenomenologia dell’amore e dei consumi, i movimenti collettivi e i moti dell’anima, le comunicazioni interpersonali e quelle di massa, i fenomeni migratori e la nascita dei leader.
Il best seller “Innamoramento e amore”, uscito per la prima volta nel ’79 e tradotto in 25 lingue, lo ha reso una star internazionale, capace di discettare dei problemi della globalizzazione così come dell’insostenibile leggerezza dell’essere; sempre con la stessa profondità.
Nel ’94 scandaglia vizi e virtù ne “L’ottimismo”, un libro tanto universale da essere tradotto in 30 lingue; in Giappone vende un milione di copie.

Amore, erotismo, gelosia, fedeltà e infedeltà sono al centro delle indagini umanistiche di Francesco Alberoni, così come insegnamento, tecniche di apprendimento, sociologia e filosofia (avrebbe voluto studiare filosofia ma la maturità scientifica lo aveva traghettato verso la laurea in medicina) sono sempre stati gli ambiti da cui estrarre le categorie di riferimento.

La carriera

Nato a Piacenza nel’29, Francesco Alberoni cresce negli anni del boom economico, laureandosi in Medicina a Pavia. Subito dopo s’interessa alla psichiatria e alla psicologia, seguendo le orme di Franco Fornari e poi di padre Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, dove insegna Psicologia e Sociologia. Prosegue una brillante carriera universitaria: rettore dell’Università di Trento tra il ‘68 e il ‘70, docente all’Università di Catania e alla Statale di Milano.

Nel ‘97 è tra i fondatori dello Iulm di Milano, la “Libera Università di Lingue e Comunicazioni”, in cui ho avuto il piacere di incontrarlo, poco prima che ne lasciasse la guida nel 2001. Ero tra le centinaia di matricole smaniose di iscriversi a quell’Università così moderna e attenta alla Comunicazione (scale mobili, aule colorate, più simile a un Campus americano che a un tradizionale Ateneo) con corsi di laurea innovativi come quello in Scienze turistiche e Pubbliche relazioni, con gli stage con media e tv. Una carriera ricchissima che nel 2002 lo ha visto anche nel Cda della Rai e alla guida del Centro Sperimentale di Cinematografia fino al 2012.

Intellettuale elegante e gentile

“L’intangibile signorilità del professore”, il copyright è di Alessandro Giuli, che raccontava Francesco Alberoni su Libero tra pubblico e privato. Il ritratto di intellettuale dal tratto elegante e gentile, un accademico ed eccellente divulgatore che usa termini e categorie del secolo scorso per svelare i mali del presente.

Liberale non ideologico, popolare senza essere mai demagogico. A fine carriera nel 2019, Francesco Alberoni si trova a doversi “giustificare”, alla tenera età di 90 anni, per la sua scelta di candidarsi con Fdi. A chi lo interroga sul “rischio razzismo” – come Federico Novella per la La Verità – risponde mettendo in guardia dai rischi dell’omologazione culturale “negli Stati Uniti se non segui l’ideologia del politicamente corretto vieni espulso dalla società. E noi stiamo imparando da loro”.

Tra le sue preoccupazioni più grandi quella della “scomparsa del futuro” per i giovani; la fine del sogno, quello che “avremmo voluto essere e diventare”.

Come eredità ci lascia un metodo, quello della ricerca sociologica, da applicare a tutte le categorie del presente, cercando in ogni storia la profondità perché “l’animo umano è un abisso sondabile solo con grande accuratezza”.

Silvia Grassi

 

 

 

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