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Fertility day, passi indietro del governo sullla campagna di sensibilizzazione

Il ministro della Salute Lorenzin decide di cambiare la campagna sulla fertilità che aveva scatenato polemiche sul web e difende la bontà dell'interno del suo Ministero

MILANO – Cartoline rimosse e messaggio della campagna rimodulata. Sono questi gli immediati effetti delle polemiche scaturite dal web e dal mondo politico dopo il lancio del Fertility day, la campagna indetta dal ministero della Salute per sensibilizzare donne e uomini sulla prevenzione dell’infertilità e quindi sul rischio di perdere la possibilità di avere figli pur desiderandoli e che avrà il suo “clou” il 22 settembre prossimo.

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LE PRECISAZIONI DEL MINISTRO – A darne l’annuncio il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “Se ci sono delle immagini che sono state vissute come un’offesa – afferma la Lorenzin sul Corriere – penso che nessuno in questo ministero abbia questo desiderio: a noi non interessa offendere ma provocare una riflessione”. I claim delle cartoline, secondo il ministro, non erano un invito ad affrettarsi per non concepire in tarda età, ma “un invito alla consapevolezza sulla propria fertilità”, essendo l’Italia un Paese dove non nascono più bambini, e per cui “occorrono delle politiche su questo che non sono state fatte in decenni”.

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DISINFORMAZIONE – Altro problema, secondo la Lorenzin, è la disinfomazione sul tema e le difficoltà di concepimento, spesso scoperte troppo tardi, che finiscono per lasciare senza figli anche coppie che ne avrebbero voluti. “La fertilità è un tema sanitario, il 15% della popolazione italiana ha problemi di fertilità e 2 milioni di persone vogliono avere un figlio ma non ci riescono”.

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A CHI E’ RIVOLTA LA CAMPAGNA – Perché il Fertility day? La ministra Lorenzin sottolinea come la campagna sia indirizzata ai ragazzi, i quali “non hanno idea di quale sarà la propria età fertile, e che a volte contraggono malattie sessuali che compromettono la loro possibilità di avere figli”, alle coppie che vogliono avere figli e non riescono, che “hanno bisogno di informazioni su come averli”, agli operatori medici, “per conoscere le opportunità che ci mette a disposizione la scienza per preservare la fertilità anche con una malattia importante”.

 

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