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Eutanasia, il pensiero di Stephen Hawking sul concetto di morte assistita

Dopo che la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile il referendum sull’eutanasia attiva si è riacceso il dibattito sul diritto alla morte assistita. Sul tema ecco alcune riflessioni di Stephen Hawking rilasciate alcuni anni fa.

Si è aperto il dibattito su eutanasia e diritto alla morte assistita dopo che la Corte costituzionale ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, “a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”. Sul tema eutanasia stanno intervenendo esponenti della politica, intellettuali, filosofi e gente comune sui social e in rete. Noi per comprendere meglio il dibattito abbiamo voluto riprendere le dichiarazioni di un personaggio illustre non solo della scienza ma anche dal punto di vista sociale: Stephen Hawking.

Il referendum sull’eutanasia

La Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile il referendum sull’eutanasia attiva, chiesto con una raccolta firme organizzata nei mesi scorsi dall’Associazione Luca Coscioni. Il referendum proponeva di abrogare una parte dell’articolo 579 del codice penale, che punisce l’omicidio di una persona consenziente: in questo modo sarebbe stata permessa l’eutanasia attiva, che avviene quando il medico somministra il farmaco necessario a morire e che al momento è illegale in Italia.

L’opinione di Stephen Hawking

Stephen Hawking, il noto fisico studioso dell’universo e fautore della teoria del tutto, considerava il suicidio assistito “solo in caso di grave sofferenza, oppure se mi rendessi conto di non poter più dare un contributo all’umanità e di essere soltanto un peso per chi mi sta intorno”. In un’intervista concessa a Dara O’Briain per la Bbc, ripresa anche dal Telegraph, il noto fisico affetto dalla malattia del motoneurone che lo ha immobilizzato e condannato a comunicare con un sintetizzatore vocale ha affermato che “tenere in vita qualcuno contro la sua volontà è il trattamento più indegno che possa esserci”.

Era il 2015 quando Hawking era ancora desideroso di poter svolgere attività di studio e di ricerca, affermando che “sarò spacciato se morirò prima di aver districato altri dubbi sull’universo”. Lo scienziato durante quella intervista espresse anche un profondo senso di solitudine: “La gente ha paura di parlarmi, oppure non ha tempo per aspettare la mia risposta scritta. Vorrei poter tornare a nuotare. Quando i miei figli erano piccoli, avrei voluto poter giocare con loro”.

La responsabilità di chi è accanto

Sempre durante l’intervista, Stephen Hawking ha sottolineato che è comunque responsabilità di chi sta accanto a coloro che richiedono il suicidio assistito di comprendere che il loro caro desideri effettivamente morire, indicando un famoso aneddoto della sua stessa vita. Nel 1985, quando soffriva di complicazioni dovute alla polmonite, la sua allora moglie, Jane, si rifiutò di spegnere la sua macchina di supporto vitale. Hawking si è quindi ripreso e ha così ha potuto continuare a completare il suo libro acclamato dalla critica e dal popolo “A Brief History of Time”.

La libertà di scelta

Già in una precedente intervista il professor Hawking ha affermato che sarebbe “sbagliato disperarsi e suicidarsi, a meno che uno non stia soffrendo molto, ma questa è una questione di scelta” aggiungendo che “non dovremmo togliere all’individuo la libertà di scegliere di morire”. Hawking ammise in quel caso di aver tentato brevemente di porre fine alla sua vita quando ha subito una tracheostomia, un’operazione per inserire un tubo respiratorio. “Ho provato brevemente a suicidarmi senza respirare. Tuttavia, il riflesso di respirare era troppo forte”. Secondo Hawking, all’epoca direttore della ricerca presso il Center for Theoretical Cosmology dell’Università di Cambridge,  coloro che aiutano i propri cari che vogliono morire dovrebbero essere immuni dall’azione penale.

 

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