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Ecco il futuro della Terra secondo gli scienziati

Che cosa ci aspetta davvero il prossimo futuro? Maria Frega e Francesco De Filippo hanno intervistato alcuni scienziati per rispondere alla domanda

MILANO – Prossimi umani è un libro scritto dagli autori Maria Frega e Francesco De Filippo che, grazie al dialogo con diversi scienziati, ci hanno aiutato a capire come saranno la Terra e la nostra vita tra vent’anni. In occasione dell’iniziativa #BooksForPlanet, abbiamo intervistato gli autori del libro.

Perché avete deciso di scrivere il libro?

Escluse rarissime e recenti eccezioni dei media generalisti, oggi del futuro si parla spesso in termini sensazionalistici, le notizie-spot sulle prime pagine ci raccontano di auto supersoniche, robot intelligentissimi, esseri umani con occhi enormi e arti atrofizzati. Oppure ne parla la comunità scientifica ma si tratta di informazioni difficilmente comprensibili per la collettività.
La nostra intenzione è offrire una visione del prossimo futuro che sia credibile e autorevole, grazie alle interviste con scienziati ed esperti di varie discipline. Dalla genetica alla robotica, dalla demografia all’astrofisica: una finestra sui prossimi 15-20 anni, un arco temporale sul quale è possibile fare previsioni plausibili.

Il progresso scientifico ci porterà nel futuro ad avere una vita più lunga ma virtuale. Non pensate che questo possa portare ad un’astrazione dalla realtà? Come si può evitare ciò?

È vero che aumenterà la fruizione della modalità virtuale nella vita quotidiana dell’uomo: saremo sempre più connessi, sia per lavoro sia per arricchire le nostre esperienze. Insomma, molte delle cose che abitualmente già facciamo avranno una dimensione virtuale, sesso compreso.
Non tutto è negativo: possiamo ampliare la nostra conoscenza superando barriere fisiche e temporali, fornire assistenza medica e scolastica a distanza, assicurare protezione e soccorso in caso di calamità naturali.
Non è ancora ben chiaro in che misura ciò potrà modificare profondamente l’essere umano e la società.
Percepiamo infatti le stesse paure dei nostri progenitori all’avvento del cinema e poi della televisione. Anche allora si paventava la rottura degli equilibri familiari e sociali: i nuovi sistemi di comunicazione avrebbero sostituito il dialogo davanti al focolare, la riflessione e la condivisione diretta, avrebbero favorito una fuga della realtà? Tutto questo è avvenuto ma cosa è cambiato veramente?
Oggi noi non possiamo evitare conseguenze imprevedibili, ma occorre trovare correttivi a mano a mano, dettati più dal buon senso che dalle leggi.

Come possono le nuove tecnologie portare a una salvaguardia e a una difesa del pianeta?

La rapidità sempre crescente del progresso tecnologico non ha impedito che moltissime delle innovazioni oggi sul mercato fossero impostate sui valori della sostenibilità ambientale, cioè bioispirate. Dalla bioingegneria e dalle nanotecnologie abbiamo nuovi materiali “copiati” da quel grande e consolidato laboratorio scientifico che è la natura. In questo modo, godiamo di processi industriali e di consumi quasi completamente privi di scorie. Come l’essere umano dotato di fegato in grado di metabolizzare zuccheri per ottenere energie, così gli elettrodomestici nel prossimo futuro si alimenteranno con il riciclo degli scarti vegetali. Non solo: enormi quantità di watt eccedenti potranno essere distribuite in aree del pianeta dove tuttora l’elettricità manca.
Produrre, crescere con un impatto delicato sul pianeta vuol dire anche limitare lo sfruttamento delle risorse. Secondo la comunità scientifica, infatti, l’incremento demografico raggiungerà il picco fra un paio di decenni, quando saremo oltre 10 miliardi. Occorre perciò diffondere soluzioni alternative per sostenere l’agricoltura e l’alimentazione: gli Ogm, ovviamente, ma anche gli insetti, già considerati cibo del futuro per le popolazioni di ogni continente.
Sicuramente un contributo concreto alla sostenibilità ambientale avverrà quando, come hanno annunciato, le grandi case automobilistiche lanceranno massicciamente sul mercato le auto elettriche. In questo caso, si tratta di attuare decisioni commerciali, ma anche politiche, perché nel settore dei trasporti la ricerca scientifica ha già pronte soluzioni a impatto zero ed estremamente economiche per i consumatori. Ci riferiamo al motore a idrogeno.
La grande soluzione attesa da decenni, infine, è la fusione nucleare: ma per ottenere questo tipo di energia pulita e infinita, dovremmo aspettare, secondo gli scienziati, almeno altri quaranta anni.

 

Cosa vi spaventa di più del futuro descritto dagli scienziati?

Temiamo l’utilizzo scriteriato della manipolazione genetica. Dagli anni Ottanta in poi è possibile fare un taglia-e-cuci cromosomico per curare malattie ereditarie e del sangue anche nei feti e per produrre l’insulina assunta ogni giorno da centinaia di migliaia di diabetici. Questo è il lato buono, etico della terapia genica. La comunità scientifica, come ci ha raccontato il genetista Mauro Giacca dell’Icgeb di Trieste, sta cercando di monitorare gli esperimenti più spregiudicati sul DNA, come quelli che mirano alla costruzione di un superuomo, in attesa di un norme morali e legislative che mettano d’accordo Paesi e culture diverse.
Un altro rischio già presente e che potrebbe diventare ancora più temibile nei prossimi anni riguarda le armi autonome: droni senza pilota e, in futuro, umanoidi armati, “intelligenti” ma non immuni da errori.

Come si possono educare le persone, in particolar modo i bambini, al corretto utilizzo dei computer e delle nuove tecnologie?

Intanto occorrerebbe una pedagogia anche per gli adulti, travolti da una vita sempre più connessa e social. Non è affatto semplice: stiamo cercando l’equilibrio vivendo in un momento di transizione, sembra impossibile fare a meno della tecnologia ma iniziamo a sentire la necessità di governarla. Di non cadere nella trappola delle techno-corporation – Google, Apple, Facebook, Amazon – che utilizzano i nostri dati ed emozioni persino per influenzare e condizionare le elezioni politiche, come dimostra il recente caso Cambridge Analytica.
Secondo Nicola Zamperini, esperto di brand journalism e big data da noi intervistato, l’unica soluzione, non potendo frenare il fenomeno, è trasmettere quanto prima maggiore consapevolezza nei bambini, educarli a capire cosa succede utilizzando lo smartphone e altri devices. E’ un percorso nel quale deve essere necessariamente coinvolta anche la scuola.
In conclusione, ciò che serve oggi, paradossalmente, è più filosofia, più etica per orientarci nella comprensione e nella critica della società in cui viviamo e vivremo.

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