L’attore e regista fiorentino declama il canto XXXIII del Paradiso in Senato davanti al Presidente della Repubblica Mattarella. Ma c’è spazio anche per un po’ di satira
MILANO – Non è servita l’ufficialità dell’occasione (le celebrazioni per i 750 anni della nascita di Dante) per arginare l’esuberanza di Roberto Benigni. Il regista e attore premio Oscar inizia la sua performance al Senato (nell’aula di palazzo Madama) con battute sul premier Renzi, sul Senato e sul PD. ‘Un anniversario che cade al momento giusto – esordisce l’attore – se fosse arrivato tra due anni il Senato lo avrebbero trovato chiuso’. Presenti il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente del Senato Pietro Grasso e il presidente emerito Giorgio Napolitano, il ministro dei Beni culturali e del Turismo Dario Franceschini e il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, cardinale Gianfranco Ravasi, insieme ad altre autorità.
SATIRA E STORIA – “Dante si è occupato di politica – spiega Benigni – intendeva la politica come dovrebbe essere considerata oggi: deve poter servire, costruire. Era impegnatissimo, ma si è fatto molti nemici per il suo caratteraccio. Del resto, si sa che i politici fiorentini hanno un caratteraccio.” Ma non c’è spazio solo per i riferimenti all’attualità. Così, dopo un’analisi sulla bellezza della Commedia e sulla straordinaria lingua utilizzata dal Sommo Poeta, Roberto Benigni decanta a memoria il XXXIII canto del Paradiso.
STANDING OVATION – Al termine della performance, l’intera aula di Palazzo Madama ha tributato una standing ovation all’attore e regista fiorentino. ‘La Divina Commedia – ha concluso Benigni – è un miracolo, è un’opera la cui bellezza mozza il fiato’, scritta in una lingua ‘che pur avendo oltre 700 anni si comprende ancora’. Il canto più bello, a giudizio dell’attore e regista, ‘è proprio il XXXIII del Paradiso, l’ultimo, in cui c’è la perfezione dell’alveare, è proprio un diamante, un dono incredibile davanti al quale si rimane come sospesi’.
4 maggio 2015
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