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Pietro e Lucia – racconto di Laura Terzi

C’è un filo invisibile che lega tutte le donne. Una somiglianza ancestrale che ci avvicina e permette confidenze altrimenti indicibili.
Ricordo un dopo pranzo sonnacchioso di qualche anno fa, tre diverse generazioni di donne, ci ritrovammo sedute a tavola: io, quarantenne, mia nipote Elisabetta di 18 anni e Lucia, la mia mamma, ultrasettantenne. Non è solo l’età a separarci, abbiamo caratteri e vicende completamente differenti; un tratto tuttavia ci accomuna, siamo delle grandi chiacchierone! Mia madre però è l’asso indiscusso. Parla tanto e con chiunque. L’ho sentita spesso raccontare del suo passato, riportare alla luce spaccati di vita quasi antichi; episodi dell’infanzia, la sua santa mamma che sopportava un marito semi alcolizzato, Totò, il gatto che le scaldava il letto negli inverni rigidi, la povertà e scarsità di un mondo che non esiste più. Ma mai l’avevo sentita indugiare su un argomento frivolo come l’amore, mai un accenno romantico al marito di una vita, compagno di litigate pressoché quotidiane e apparentemente oggetto di costante sopportazione.

E fu così che, dopo il caffè, mia madre ci accompagnò a ritroso fino a una sera di novembre del 1960, nelle campagne dell’odierno hinterland milanese, tra Cologno Monzese e Sesto San Giovanni, in un autunno gelido e nebbioso, quando la città stava per nascere e la nebbia ancora si tagliava con il coltello e non si vedeva a un palmo di naso. Era una maestrina ventenne, ingenua e timida, e stava attraversando i campi per tornare a casa a Sesto, dopo aver comprato un paio di scarpe. Abitava con la sua famiglia in una vecchia cascina. Le stradine erano poco più che sentieri, battuti di rado e pericolosi, e non erano insoliti episodi di aggressione. Il nebbione serale amplificava il senso di smarrimento e il timore di chi doveva avventurarsi per quelle vie. Figuratevi la paura di Lucia quando intravvide a pochi metri un uomo in bicicletta! Cercò di far finta di niente e continuò a camminare senza guardarlo, ma lui si avvicinava sempre di più. Si mise a pregare tutti i santi del paradiso mentre il cuore le saliva fino in gola, e l’uomo era a un passo da lei… “Buonasera, cosa fa in giro tutta sola?” esordì lo sconosciuto sorridendo. Era un ragazzo giovane, suo coetaneo, dall’espressione rispettosa ma lo sguardo vagamente malizioso. Si sforzò di rispondere in maniera educata mantenendo le distanze e una calma apparente. Lui le chiese dove abitasse e si offrì di scortarla fino a casa, e nonostante l’imbarazzo e il timore mia madre acconsentì.

Io e Elisabetta ci guardavamo divertite, è sempre strano immaginare i propri genitori o addirittura nonni da giovani, a emozionarsi come dei ragazzini!

Il ragazzo si presentò, si chiamava Pietro e abitava a Cologno. Si avviarono verso casa, lui parlando e lei ascoltando sbigottita, e fra vari argomenti Pietro confidò che stava per sposarsi con la fidanzata bergamasca. Confusione e meraviglia s’affollavano nella mente di Lucia. Perché mai uno sconosciuto le svelava dettagli tanto personali? Arrivati in prossimità dell’abitazione si salutarono; mia madre, un po’ perplessa, se ne tornò alla solita routine. Non lo vide più e smise di pensarci.

Passarono due mesi. Un pomeriggio, mentre Lucia tornava da scuola, la collega che l’accompagnava ebbe l’impressione che un uomo le stesse seguendo. Giunte davanti al suo appartamento, si salutarono e mia mamma proseguì tranquillizzando la collega, che di sicuro si sbagliava. Ma, quando fu sola, in un baleno si trovò l’inseguitore al suo fianco; era Pietro, che la salutò con un sorriso raggiante. “Sa che non mi sposo più?” le disse quasi subito, e le riferì che nel frattempo aveva lasciato la promessa sposa, nonostante fosse già fissata la data delle nozze e versata la caparra per l’appartamento. La vicenda sembrava abbastanza incredibile, e Lucia si chiese nuovamente perché rivelasse particolari intimi a una ragazza che conosceva appena. Tra un discorso e l’altro, senza rendersene conto, si trovarono alla cascina; si salutarono e lei rientrò stordita e dibattuta tra dubbi e perplessità.

Qualche giorno dopo sentì bussare alla porta, andò ad aprire e trovò proprio Pietro, che le domandò se poteva entrare. Gli disse di sì, perché non sapeva bene come comportarsi, e cercava di essere educata. Inoltre, la meraviglia verso questo ragazzo così insistente stava lasciando il posto a un certo interesse. Le sue attenzioni non potevano lasciarla indifferente. Parlarono del più e del meno e, quando Pietro si congedò, mio nonno, il padre di Lucia, un uomo burbero e aggressivo, si rivolse a lei in malo modo. Era contrariato e, a suo modo, preoccupato, e le ricordò che un uomo che entra in casa doveva per forza avere intenzioni serie.
Quello che non immaginava è che mio padre le aveva, eccome!

Non dirò che vissero felici e contenti, perché questa non è una favola ma una storia vera, ma da quel giorno incominciarono a frequentarsi regolarmente e l’anno dopo in ottobre si sposarono, e ebbero 4 figlie e 5 nipoti.

Come spesso succede con le storie di mia madre, il racconto si concluse tra le risate, quando per finire svelò come al suo matrimonio ci fu una spettatrice non invitata; uscendo dalla chiesa infatti incontrò l’ex fidanzata di Pietro, che le si avvicinò mesta e cupa per ricordarle che le aveva rubato il marito!

 

 

Stefano Zingone

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