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Nel buio della notte – Racconto di Anna Maria Grassi

Mezzanotte era scoccata da pochi istanti. Il palazzo si era appena addormentato lasciandosi cullare dalle acque calme della laguna. Ma da una finestra filtrava la luce… Tracce di una festa, briciole sparse ovunque, la tovaglia non più immacolata invasa dai resti di un banchetto, calici ormai vuoti, piatti sporchi impilati uno sull’altro, e quel cd in standby, stanco di suonare per quella folla distratta e rumorosa che finalmente aveva lasciato spazio alla solitudine, al silenzio.

Dai vetri di quella finestra la luce dei lampadari di Murano, candidi di vivida trasparenza, illuminava senza pietà la devastazione del tavolo sottostante.

E lui era lì, affacciato alla balaustra, a ripercorrere i viali lunghi e tortuosi della sua esistenza, a lasciarsi tentare dalla profondità di quell’acqua nera, invitante. Un attimo, sarebbe bastato un attimo, e tutto sarebbe finito, inghiottito dal mistero di quell’oscuro e protettivo fluire. Sarebbe bastato un attimo per non sentire finalmente più il peso di quella verità che da giorni ormai portava da solo sulle sue spalle … maledetto cancro … Aveva finto per tutta la serata, aveva elargito sorrisi e abbracci, e dentro sentiva il ghiaccio nel cuore, l’inizio della fine … Quello – pensò – sarebbe stato il suo ultimo compleanno … “Mio Dio, troppo presto, ho ancora tanto da costruire, vita da godere … “ E gli sembrò impossibile che quello fosse l’epilogo, che quelle ore fossero le ultime, che quell’immagine di Venezia immersa nel buio della notte fosse l’ultima che la vita aveva in serbo per lui.

Ma l’acqua era così protettiva, così accogliente, invitante …
Le ore scorrevano, e lui era sempre lì, immobile, a seguire con lo sguardo i contorni dei palazzi, le ombre di quei merletti intessuti sopra le facciate di quella magica città, la sua Venezia. Luci accese qua e là delineavano i contorni delle gondole, che ondeggiavano appena riposando sull’acqua, mentre l’odore salmastro si spargeva ovunque in quella notte senza luna.

Non salì sopra la balaustra. Quella che sembrava l’unica soluzione possibile a quel dolore che gli spezzava l’anima, infine gli apparve come una fuga dalla vita che aveva sempre amato, e che voleva disperatamente ancora …

Era stato un uomo coraggioso e leale, e – si disse – non era mai fuggito di fronte a un’aggressione, a un pericolo, a un torto subito. Aveva perso, a volte, ma a testa alta, con dignità. Lo prese di nuovo, violento e devastante, il terrore di affrontare il male, il dolore, la fine … e le lacrime scendevano, scorrevano senza pudore sul viso segnato, stanco …

Il cielo andava schiarendo, lasciando presagire l’alba, e un colore di indaco indefinibile tinse in un’unica pennellata la città, che pigra non si svegliava ancora, adagiata mollemente sull’acqua.

Lui, lo sguardo non più chino verso l’abisso, con il volto ancora bagnato di lacrime, guardava il cielo, e si immergeva senza opporre resistenza nella luce che poco a poco lo avvolgeva, lieve, tiepida.
Era trascorsa quella notte nera, tentatrice, e il sole stava sorgendo ancora …

Ricordò che c’era un medico che lo aspettava quella mattina, che voleva combattere il suo cancro. Ricordò che non aveva creduto a nessuna di quelle parole che lo invitavano a reagire, a lottare. Realizzò che si era dato per vinto, stravolto e piegato dalla paura e dal dolore, ed era andato via dalla stanza di quell’ospedale, sbattendo la porta. Aveva percepito solo il suo nero destino che lo inseguiva per le scale, in strada, che quel giorno gli aveva teso un agguato, ed era dietro l’angolo ad aspettare la conclusione con una falce in mano….

Era stato un pazzo a pensare di finirla, senza combattere. Improvvisamente vide le lacrime su un volto giovane di ragazza, sulla sua bambina, l’unica per cui valesse la pena lottare, quella per la quale avrebbe affrontato qualunque difficoltà. Vide su quel caro viso il dolore della notizia della morte di suo padre.

E si sentì un pavido egoista. E si disse che era ancora tempo di lottare, e forse, chissà, di vincere la battaglia più importante.

Tirò fuori il cellulare dalla tasca, e compose il numero del suo medico. “Dottore, sono pronto.”

Il sole era finalmente alto sull’orizzonte.

 

Anna Maria Grassi

 

 

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