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La fine è un nuovo inizio – di Christiana Marinas

Capitolo 1: Quasi reale
Ad ogni passo un mucchio di polvere tendeva ad alzarsi in aria sparendo nell’oscurità senza avere il tempo di assaporare l’unico momento di gloria della sua esistenza. Il corridoio infinito, e l’aggettivo non era usato a caso perché quel percorso era davvero senza fine, era illuminato dall’alto, come se piovessero fiamme. Nulla rendeva però possibile identificare un confine delle pareti o del soffitto, forse semplicemente era tutto indefinito quanto insensato. Leah stava ascoltando il suono dei suoi passi camminando ad occhi chiusi lungo il passaggio della terra di mezzo. I suoi piedi non stavano toccando il pavimento dell’inferno, non quello della terra, tanto meno i territori celesti. Era nel cunicolo aerospaziale, che permetteva a chiunque di attraversare i tre posti creati in seguito alla battaglia. Il ricordo della lotta le faceva ancora sentire il ghiaccio sotto la pelle. Ricordava ogni dettaglio come se lo stesse rivivendo incessantemente, anche in quel momento. Pensando al passato la prima cosa che ricordava era il gelo e non perché fosse freddo, ma perché era priva di emozioni, priva di calore o desideri, era semplicemente il contenitore di un’anima persa ed incompleta. Lucy l’aveva lasciata senza troppe spiegazioni. Il ragazzo si era limitato a spiegarle che il loro amore era finito e che era pronto a grandi cose, ma senza di lei, perché Leah sarebbe stata solo d’intralcio. Le parole dure di lui si scontravano contro il suo fragile corpo privo di armature. Non le era mai successo di sentirsi in quel modo e quindi quel gelo le era impossibile paragonarlo a qualche cosa, era semplicemente un vuoto. In quel momento era inconsapevole che sarebbe stato solo uno dei tanti colpi mortali con cui però sarebbe vissuta per sempre, anche se senza il suo cuore. Quel piccolo pezzo di se che negli umani era indispensabile in lei sembrava non esserci più, come se si fosse disintegrato al contatto con la realtà. La ragazza era diventata lentamente un estranea per gli altri e per se stessa. Se ne era andata in esilio volontariamente senza pensarci troppo, lo aveva deciso proprio quel pomeriggio. Non aveva senso vivere senza di lui fingendo che sarebbe andato tutto bene. Era troppo abituata alla completezza ed alla perfezione per poter sopportare qualsiasi sconfitta. Poteva concludere la sua personale condanna in qualsiasi momento, ma era sopravvissuta da sola sulla terra vivendo tra le ombre ed osservando le abitudini degli umani per anni. Si sentiva ormai parte di quella terra perduta ed abbandonata a se stessa. Sarebbe rimasta nella bolla di sapone invisibile che si era creata con il suo distacco da tutto e tutti se non fosse stato per gli eventi imprevisti che le erano arrivati sotto forma di messaggio angelico. Nella sua testa era scattato l’allarme e quasi inconsapevolmente si era trasportata a casa, nel regno di cui faceva parte per assistere a quell’urgenza celeste. Il ‘bip’ che aveva sentito scattare dentro di se le aveva ricordato che era stata programmata dal suo sovrano e quella programmazione le impediva tutt’ora di riportare alla mente dei ricordi, ma non quelli. Quelli erano vividi come il sangue.
Tornata in paradiso aveva assistito quasi contro la sua volontà all’annuncio della battaglia, rimanendo senza fiato nell’udire la notizia, ma ancora di più nel vederlo. Il ragazzo che aveva tanto amato era lì pronto a combattere per qualche folle ideale. Lucifero stava dando inizio alla guerra contro Dio. L’angelo più bello del paradiso e il Creatore erano seduti su due troni identici pronti ad accogliere coloro che sarebbero stati pronti a servirli per l’eternità come loro guerrieri. Tutti gli angeli erano in silenzio, Leah capì dai loro volti che quelle parole e quella situazione non era stata per nulla inaspettata. Avevano passato gli ultimi anni in quel clima di odio cercando di trovare un senso a tutto ciò che conciliasse la verità con la loro natura, che era estranea al dolore, estranea al turbamento. Avevano sempre vissuto nella pace, avevano sempre ricevuto come insegnamento l’amore e la virtù. Leah avendo visto così a lungo le altre creature di Dio, quelle terrene aveva imparato anche altre emozioni come rabbia, invidia e soprattutto odio, ma era molto meno preparata alla situazione di tutti i presenti.

Aveva chiesto ad un uomo accanto a lei guadagnandosi uno sguardo gentile ed una breve spiegazione. Gli angeli non parlavano molto, ma questo non le era mai sembrato un problema finché non era finita ad esplorare altre realtà.
Stavano giurando fedeltà. Ecco cosa succedeva. Uno alla volta i presenti si spostavano al centro tra i due troni comunicando la propria decisione. I fedeli erano semplicemente trasportati da una forza divina in una fila dietro il trono di Dio, ai ribelli veniva messo un segno come di riconoscimento sulla mano. Il fuoco bruciava la loro pelle marchiandoli per sempre, lasciando una piccola stella come segno del loro peccato. Diventavano così figli di Lucifero. Era consapevole che sarebbe arrivato anche il suo turno, ma la sua testa , era certa , non avrebbe collaborato, non poteva scegliere nessuno dei due. Era consapevole dell’offesa commessa esiliandosi, offesa contro i cieli e contro Dio, aveva rifiutato la sua casa, era scappata senza dare spiegazioni, non aveva apprezzato ciò che le aveva dato il Creatore: la pace eterna. Molti umani, lo sapeva, speravano di arrivare in paradiso considerandolo il mondo felice, ma in realtà era solo un territorio apatico, solo pace e nulla del resto, niente emozioni, nulla di veramente apprezzabile ma neanche nulla di veramente doloroso. Un riposo eterno senza vita e senza morte, almeno fino ad allora. La guerra aveva temporaneamente sradicato gli schemi.
Ricordava che quel giorno a quell’incrocio si era rifiutata di prendere una strada. Non desiderava nulla di quello che si stavano contendendo. Sapeva di non meritare Dio ed era ancora più consapevole del non essere meritata da Lucifero. L’angelo più bello di tutti era diventato anche quello più malvagio, le aveva spezzato il cuore, un evento nuovo, qualcosa di inaspettato. Il regno del cielo non aveva mai sentito parlare di fine, di separazione, ma lei era stata separata da qualcosa, da una parte di se. Era incompleta. Era indesiderata. Si sentiva sola ed era da sola che voleva restare.
Camminando a testa alta tra i gruppi che si erano andati a formare, ascoltando qualche frase sconnessa dei presenti aveva avanzato con decisione fino al centro dei troni.I due sovrani non la stavano guardando, ascoltavano semplicemente le scelte, senza vedere veramente nessuno, per loro tutti avevano lo stesso valore: nullo.

La sua voce era forte come sempre. Leah aveva avuto l’intenzione di dire le cose con forza e sicurezza, ma gli sguardi piombati su di lei le avevano messo pressione. Un solo sguardo, però, stava per schiacciarla; Lucy la osservava. L’angelo avrebbe riconosciuto quella voce tra infinite altre. Era a bocca aperta come intento a dire qualcosa, ma incapace.

Aveva ripetuto un’altra volta più a bassa voce, distratta dagli occhi ghiacciati del sovrano ribelle. Era come se quegli occhi non l’avessero mai dimenticata, come se l’amore non fosse mai finito, ma era troppo tardi, troppe cose erano cambiate, lei era cambiata. Sapeva cosa doveva fare.

Annunciava così a squarciagola l’inizio di una nuova fazione, dava nascita ai pensatori, a coloro che non avrebbero seguito i capricci di nessuno vivendo per conto loro lontani da lotte ed incomprensioni. Almeno così pensava.
Le voci degli angeli turbavano l’aria protestando o acclamando con gioia. Erano stati in pochi ad avere il coraggio di non schierarsi, ma almeno qualcuno lo aveva fatto. Qualcuno aveva capito che non bisognava affidarsi a nessuno, che bisognava semplicemente credere in se stessi e nella propria forza. Avrebbero affrontato tutto ascoltando la loro anima, o la mente per chi avesse perso quell’altro pezzo di sé.
I due sovrani avevano accettato la scelta ,non potendo fare altro, stupiti ed irritati allo stesso tempo.

Era stato Lucifero a pronunciare ciò con toni diversi, pronunciando il suo nome con evidente sorpresa e la sentenza con tristezza e soddisfazione.
La ragazza si era veramente sentita libera ,almeno per le poche ore che avevano seguito la scelta, almeno per quel poco tempo che le era stato concesso prima della battaglia. La lotta si era svolta per un tempo indeterminato, finché il sangue ed i morti avevano raggiunto un numero tale da creare l’indignazione generale. Dio aveva mandato un messaggero, Michele che, dotato di poteri speciali ,su ordine celeste aveva creato un terribile terremoto, gettando via dal paradiso tutti tranne i fedeli. Il terremoto la scuoteva ancora, come se non fosse mai veramente cessato dentro di lei.
Leah si era così ritrovata in aria, in una caduta verso l’ignoto, giungendo alla fine in un luogo oscuro senza contorni dove era rimasta per molto tempo, finché non era finita nel posto in cui si trovava ora. La via di mezzo. Non era veramente all’inferno, ma non era neppure lontana. Si trovava in un corridoio da millenni, dove era intenta a scontare la sua pena. Quel posto indefinibile era la sua punizione, quell’assenza di tutto era la sua condanna. Era finita nel Limbo, uno spazio incerto sospeso tra il regno di Satana e il nulla. Solo lei ed i pensatori, la sua fazione e qualche volta qualche sfortunato viaggiatore intento a raggiungere gli altri regni, cosa che a loro era ovviamente impossibile.
All’inizio passavano il tempo a riposare e la condanna a quel tempo non le sembrava affatto male, ma poi le cose erano cambiate. Erano apparse nuove porte in quel corridoio , rendendolo infinito a vista d’occhio e la pena si era amplificata. Erano sottoposti ogni giorno a torture inimmaginabili fisiche e psicologiche. Avevano perso le ali nella caduta diventando così creature irriconoscibili. Non erano più angeli e Leah si era sempre sentita da allora solo un abominio della natura. La ragazza però aveva acquisito i sentimenti provando veramente il dolore , sentendo ogni squarcio nella sua pelle e nella sua mente, cadendo a pezzi ogni giorno di più. Poi si era rialzata, aveva creato uno scudo, era diventata una maschera senza vita indifferente a tutto, si era trasformata in quello che era adesso vivendo per troppo tempo in quel sudiciume,in quella disperazione, avendo addosso sempre gli stessi pensieri e ricordi non riuscendo a concepire ciò che le stava veramente accadendo. Era morta dentro e non se ne era accorta. Viveva solo in piccoli momenti in quei giorni in cui le era permesso di riposare ed al posto di farlo finiva in una stanza con tutti i suoi compagni di viaggio, un viaggio verso la perdizione. Avevano creato un’assemblea, parlavano di tutto, dei loro sentimenti, dei loro ricordi, a volte si accingevano ad intraprendere dibattiti filosofici altre semplicemente restavano lì, tra quelle quattro mura, le uniche definibili di tutto quel posto; se ne stavano in silenzio facendosi compagnia a vicenda sentendosi in qualche modo confortati, capaci di suddividere il peso provandone un po’ per uno per non far arrivare oltre il sopportabile nessuno di loro. Erano diventati una famiglia, anche se una incasinata e distrutta.
Leah nonostante non avesse mai aperto bocca durante quelle assemblee e nonostante si limitasse ad osservare gli altri senza dare un segno di vita amava andarci, era l’unica cosa che le ricordava ciò che era stata una volta e nonostante la nostalgia e i pentimenti che le riportavano alla mente erano comunque una consolazione. Erano coloro che la capivano e non l’avrebbero giudicata, coloro che vivendo la stessa cosa potevano leggere i suoi occhi ed amarla.
Aveva vissuto così e continuava a farlo, aveva peggiorato tutto dandosi al autodistruzione, con gli anni aveva perso se stessa, ma era ancora su quel corridoio ed aveva ancora la forza di innalzare quel scudo per difendersi dalla realtà. Viveva nel suo mondo, moriva in quello reale, ma non si arrendeva. Continuava a camminare.
Ora era davanti alla porta che ogni mese le portava, anche se per poco, un briciolo di pace, ma non felicità. Allungando la mano verso il buio ,ancora con gli occhi chiusi afferrò la maniglia finendo in un posto tanto famigliare quanto sconosciuto. Era nella sala delle assemblee, ma la luce aveva invaso ogni spazio, la luce l’aveva come accecata non dandole il tempo di aprire gli occhi per tornare alla realtà, ma catapultandola in un’altra quasi surreale.

Capitolo 2: Desideri e desiderati
Dopo un iniziale sconvolgimento spazio-temporale Leah riuscì a guardarsi intorno. Nella sala era capace di distinguere tutti i volti grazie alla penetrante luce derivante da un punto invisibile del soffitto senza fine, ma non era in grado di riconoscerli. I suoi amici, gli angeli pensatori non erano presenti. Si rese invece conto che alcuni dei presenti avessero le ali e decise di catalogarli dunque come messaggeri. Era ancora incerta sul dove era veramente capitata e dopo uno sguardo globale i suoi occhi si fermarono su delle facce famigliari. Michele, l’arcangelo era seduto su una sedia di piume accanto al tavolo consumato creando un contrasto quasi doloroso agli occhi. Era intento a discutere con qualcuno di fronte a se. A Leah bastò una frazione di secondo per riconoscere quel volto: era Lucifero. Presa alla sprovvista sentì le sue gambe perdere equilibrio, le mancò l’aria e per un tempo indefinibile rimase lì a guardarlo. La sua bellezza non era cambiata. Sapeva che il ragazzo una volta tanto amato era diventato il Re dell’Inferno, ma in quel momento non le importava. Se avesse potuto lo avrebbe abbracciato all’istante chiedendo spiegazioni e pregando per riavere quella parte di lei che le aveva inconsapevolmente portato via. Ma non lo avrebbe fatto. Era troppo orgogliosa per farlo, era troppo diversa per essere quella persona che sapeva sarebbe stato più facile essere. Finalmente uno sguardo si levò e l’attenzione di tutta la stanza si indirizzò verso la nuova arrivata. La ragazza si sentì quasi nuda davanti a quei potenti sguardi; aveva davanti solo creature angeliche ed infernali., tutti dotati di poteri ben superiori di quelli che avesse mai avuto lei. Non era mai stata tra i primi, anzi le era piaciuto confondersi tra la massa e in qualche modo sparire alla vista. Facendo un passo incerto in avanti cercando di acquisire un po’ di rigidità cambiò l’espressione del viso. Non doveva mostrarsi sconvolta e ricordandosi della sua maschera migliore e dello scudo conquistato duramente durante le sue personali battaglie tornò ad avere il controllo di se.

Chiese Michele guardando Leah con disprezzo rivolgendo poi il suo sguardo a Lucifero per una spiegazione plausibile. Lui si limitò a scrollare le spalle continuando a fissare la ragazza come se volesse leggerle dentro.

Era stato un angelo di rango minore a parlare limitandosi a leggere un documento angelico. Michele sorrise senza volerlo, quasi per abitudine e fece spostare una sedia con il solo pensiero della mente invitando così Leah a sedersi. Lei rimase però immobile guardando nel vuoto e pensando a quale motivo avesse mai portato tutti lì.

Chiese distaccata e la sua voce uscì graffiata come se parlare non fosse più così facile, come se le sue corde vocali fossero abituate solo alla durezza degli urli di dolore. Quella non era la sua voce. La ragazza non sentiva più nulla di se veramente suo, neanche quelle piccole cose che non dovrebbero andarsene mai.

Ordinò Lucifero e sia Michele sia Leah dopo un piccolo attimo di disagio si guardarono. Lei prese posto al tavolo appoggiando i gomiti sulla sua superficie, sfiancata dalla camminata fatta per arrivare in quel posto. Non sembrava più la ragazza che aveva preso una posizione nella storia delle fazioni, sembrava solo un mucchio di ossa mosse da un burattinaio. Era a pezzi.

Aveva annunciato tutto sorridente un demone attorcigliando la coda attorno alle sue membra gelatinose e piegando il collo in un gesto di goduria.

Le parole quasi musicali dell’angelo erano in parallelo con l’eco che la ragazza sentiva dentro di se. Non riusciva a credere che era la fine del mondo, ma era rimasta indifferente, non credeva che qualcosa potesse essere peggiore di quello che c’era già, ma quella conclusione inaspettata la spezzava dentro come se stesse distruggendo l’ultimo briciolo di speranza che le era rimasto. Quella speranza che tutto sarebbe tornato alla normalità, o almeno quella normalità che era solita chiamare tale.

Fu subito zittita da un’altra voce. Questa volta era quella di Gabriele, uno dei pensatori. La ragazza non lo aveva visto, così pensò che fosse entrato dopo di lei.

Il ragazzo non sembrava la persona che aveva conosciuto in quelli anni, era serio ed indifferente, quasi irraggiungibile. Stava indossando una maschera, lei lo sapeva. Quello era un compito celeste e nessuno avrebbe potuto opporsi e tanto meno ne avrebbe avuto il coraggio.

Cercando delle spiegazioni Leah pose lo sguardo su tutti nella stanza, partendo da Gabriele, il quale non aveva il coraggio di alzare lo sguardo per incontrare quello dell’amica. Era stata l’unica a non essere avvisata di quell’assemblea ed ora ne era certa.La vergogna che sentiva provenire dal suo unico alleato era la sua conferma.
Per ultimo guardò Lucifero implorandolo di parlare con lo sguardo, ma fu Michele a prendere la parola.

La voce dolce e soave le diede il voltastomaco ed il nomignolo fu come un pugno ben centrato. Lucifero parlò indignato.

Affermò con una voce inconoscibile, troppo diversa da quella del ragazzo che aveva conosciuto, ma allo stesso tempo talmente simile da penetrarle sotto la pelle. Era impensabile che qualcuno potesse essere così uguale ed allo stesso tempo così diverso. La sua voce aveva un calore superiore a quella dell’arcangelo, ma allo stesso tempo sembrava stesse sputando cubetti di ghiaccio per la durezza della sua tonalità.

Rispose a tono Michele, cercando di trattenere un braccio pronto a scattare contro l’avversario.

Lucifero rise. Una risata struggente. Era come se stesse allo stesso tempo piangendo e gioendo. Leah tremò rischiando di perdere l’appoggio con il tavolo.
Le sembrò che l’aria intorno a se stesse diventando più pesante. Vide i vari seguaci intorno a lei irrigidirsi perdendo il sorriso di circostanza che aveva stampato in volto fino ad un attimo prima. Ora tutti erano attenti al Re delle Tenebre.

Il viso di Michele andò in fiamme, ma non mosse un muscolo. Un’altra breve risata si sentì nella stanza.

Leah strinse i pugni. Avrebbe voluto colpire quel viso perfetto solo per farlo stare zitto. Aveva un presentimento negativo.

Ora nella stanza sembrava il sospiro fosse sospeso in aria, come se nessuno stesse più respirando.

Il pugno di Michele si mosse automaticamente. Leah pensava che avrebbe colpito Lucifero, ma in realtà estrasse la spada angelica con l’intenzione di fare a pezzi tutti i presenti, alleati o meno. Sapevano tutti che Michele era l’arma più potente del paradiso, era dotato di poteri straordinari, ma allo stesso tempo di un carattere incontrollabile. Era un’anima irrequieta nonostante esprimesse tanta pace e calma. Leah avrebbe dovuto pensare di più alle parole provocatorie sparate nell’aria qualche momento prima, ma decise semplicemente che non le importava. Dio poteva essere vivo o morto, per lei non sarebbero cambiate le cose. Ora voleva solo uscire da lì, qualcosa dentro di se le stava dicendo che sarebbe esplosa da un momento all’altro. Il Re delle Tenebre e l’Arcangelo iniziarono a lottare con le spade mentre lei sparì oltre la porta. Gli angeli erano rimasti a guardare la scena intenti a non muovere un muscolo. Non si sarebbero intromessi, non questa volta.
La ragazza non si sforzò di correre, pensò che le persone in quella stanza erano troppo impegnate a badare a se stesse per accorgersi della sua vaga presenza. Camminò rivolgendo di nuovo la sua attenzione alla polvere sollevata dalla scarpa ed alla sua morte prematura. L’aiutava a distrarsi e non pensare a niente. Era il suo mondo di visioni. Una mano però la fece tornare alla cosiddetta realtà e spostando lo sguardo vide l’ultima persona che avrebbe pensato l’avesse seguita: Lucifero. Le ali di lui, nere come la pece e quasi impossibili da vedere in quella oscurità la avvolsero e le loro labbra si unirono in meno di un attimo. Bramavano la stessa cosa e questo fece scivolare Leah nella confusione. Non staccò però quel contatto, finché Satana in persona non decise di staccarsi da lei.

Rispose lei quando riprese coscienza di ciò che le stava attorno. Era ancora avvolta dalle sue ali e sentiva ancora la sua presenza come se albergasse sotto la pelle. Non riuscì però a ricordare come era arrivata in quella stanza. Era nella stanza delle torture. Stava vivendo davanti a lui il suo Inferno personale: fare del male agli altri. Era costretta ad uccidere, tagliare, squarciare e torturare anime peccatrici. Era solo colpa sua se era finita lì. Pensando al passato si ricordò dei suoi giorni più bui quando il dolore era talmente lancinante da non permetterle neanche di respirare. Sentiva i polmoni inondarsi di sangue, le ossa perdersi nel buio, ogni parte di lei disfatta nella sua più piccola parte. Un giorno, al limite del sopportabile aveva accettato una tregua. Un uomo di passaggio, o almeno così aveva creduto, le aveva offerto di cambiare parte, di scendere dalla ruota della tortura ed infliggerne un po’.Pensava l’uomo stesse scherzando proponendo cose impossibili, ma non era così. Quello era Azazel, una forma rara di demone. Era uno di coloro che non erano stati accettati ne dal Paradiso ne dall’Inferno, perché fonte solamente di vergogna e degradazione.
Leah ora non lo stava raccontando a voce alta, ma lo stava dicendo attraverso la mente a Lucifero. Gli stava raccontando come il demone aveva preso la sua sofferenza rendendole il dolore ormai minimo fisicamente, ma immenso psicologicamente. Aveva ferito anime non del tutto innocenti, ma comunque umani,quella specie che lei aveva così tanto amato e compreso. Era stata ingannata, ma all’inizio tutto quel provocare dolore negli altri le era piaciuto. Era come se si stesse vendicando per quello che le avevano causato. Poi, però, dopo un delirio iniziale era finita con il vedere la realtà delle cose e perdere un pezzo di se un po’ alla volta. Ora aveva paura anche di se stessa, del gelo interiore che non l’abbandonava mai, del dolore che avrebbe potuto farle commettere qualsiasi cosa; si sentiva una folle.
Lucifero ascoltò con interesse tutto finché vide la ragazza perdere sempre più le forze cadendo fra le lacrime tra le sue braccia chiedendo scusa ad un’entità inesistente.

Le parole lo avevano colpito come nient’altro in quegli anni. Era stato di pietra, ma davanti alla ragazza le era impossibile essere il Re delle Tenebre. Davanti a lei era sempre e semplicemente Lucy.

Disse lui sorridendo leggermente alzandole il volto per guardarla negli occhi. Lei non disse nulla, aspettò di capire quel insospettato discorso.

A quelle parole Leah indietreggiò. I vecchi tempi se li ricordava poco perché erano offuscati da quel dolore, dalla separazione. Il Re delle Tenebre ormai tra i suoi pensieri lo capì e alzando la mano dolcemente le accarezzò una guancia sospirando addolorato.

Disse prima di rinunciare alle parole. Toccando la fronte di lei le fece vivere un piccolo momento del passato. Le fece vedere lui a pezzi per la sua scomparsa in esilio, la sua confusione, il suo dolore, la sua rabbia. Tutte quelle emozioni avevano dato vita ai pensieri folli che avevano condotto alla guerra. Lucifero non voleva farla sentire in colpa, ma per lei era inevitabile. Era come se fosse tutta colpa sua, ma una sola donna angelo non poteva dare vita a tutto ciò, o almeno era quello che la sua mente continuava a ripetersi.

Un’altra volta sapeva quello che lei pensava prima che lei lo dicesse e Leah lo ringraziò mentalmente per quelle parole. Rimase però rigida, piena di odio. Non era stato Lucy a lasciarla, ma quel Dio che aveva tanto amato e temuto nella sua vita angelica. Sentì ogni briciola di se andare in fiamme, come se volesse far esplodere tutte le realtà.

Leah avrebbe acconsentito subito, avrebbe detto di sì se quel pensiero solitario non le avesse oltrepassato la mente. Sapeva che scegliere di andare con lui avrebbe voluto dire passare un’eternità nelle tenebre, un’eternità a governare, ma a governare l’Inferno. Era un lusso, ma non così accattivante ai suoi occhi. Aveva già sentito la luce del celo angelico, già sentito le ombre ed il gelo dei sotterranei del mondo, ora voleva provare quest’ultimo. Aveva un ultimo desiderio, prima di accettare di appartenere al mondo dei morti. Un desiderio folle.

Lucifero la guardò cercando di penetrare un’altra volta la sua mente ma questa volta trovò una barriera. Non era più il benvenuto fra i suoi pensieri. Il momento di debolezza era finito. Ora la ragazza sapeva cosa voleva, aveva qualcosa per cui combattere davvero, qualcosa per cui rimanere forte almeno per ancora un po’.

Lui rimase perplesso di fronte a quelle affermazioni, ma il sorriso sfoggiato un attimo dopo ripose alle richieste di lei. Era felice di quella domanda. Era felice di poterle alleviare il dolore per un po’. Poteva fare qualcosa per lei. Entrambi ricordarono allo stesso istante quello che stava succedendo: Il Giudizio Universale.

Quelle parole valevano più dei ‘ti amo’, valevano più di qualsiasi cosa e la ragazza leggermente in imbarazzo alzandosi sulle punte si allungò verso di lui. Pensò che era valsa la pena sopportare tutto quel dolore. Ora voleva le sue labbra, sentirle un’ultima volta prima di rinascere e così fu. I due non sarebbero stati lontani per molto, ma il bacio fu talmente lungo come se fosse l’ultimo in assoluto, ma sapevano entrambi la verità : LA FINE ERA SOLO L’INIZIO.

 

Christiana Marinas

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