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Donna in Divisa – di Maria Pia Costagliola

Il suono della sveglia, rimbalza sulle pareti della stanza.

Guardo l’ora a malapena con un filo di voce riesco solo a dire: “Sono già le 07.00, devo alzarmi!”.

La stanchezza è stata la prima a darmi il buongiorno.

Mi avvio in cucina per dare un clic veloce al caffè, un giro al latte, e come l’atleta del “Giavellotto” improvviso lanci di briosce sul tavolo per poi subito al bagno per la doccia superveloce. Ancora in accappatoio apro le porte del mio armadio e preparo i vestiti sul letto come una divisa.

Mi trasformo ogni mattina in una macchina da lavoro. Che stress!

Ore 13.30 finalmente la pausa pranzo.

Ricomincio poi a gestire clienti e fornitori: “Pronto sono Lea, in cosa posso esserle utile?” e così via. Le necessità lavorative mi hanno costretta alla razionalità tutta al maschile. I miei colleghi per intascare più soldi dai clienti mi consegnano gli ordini raddoppiati addossando a me l’errore al computer. “Signora Lea! La colpa del guaio è solo sua. Impari a contare quando lavora!” mi urlano le povere vittime al telefono.

Un giorno mi chiamano a colloquio nella stanza del giovane Direttore. Lui mi aspetta all’impiedi nell’angolo più lontano della sua stanza, sembra un attore di fiction, in posa, in attesa del suo primo ciack. Apre la battuta dicendo: “Sono Direttore da poco tempo e voglio mostrare in quest’ occasione la mia efficienza, tu Lea, mi aiuterai …poi sei femmina, si sa’ che le femmine sono sempre a disposizione!” lì vedi, sul tavolo c’è la tua lettera di licenziamento già firmata ma non ho trovato le parole per scriverla, fallo tu per me?”. Pausa. Silenzio, si chiude il sipario.

Mi si gela il sangue. Basita e incredula mi alzo dalla sedia certa di aver assistito a un monologo attoriale. Preparo le mie cose da portare via senza nemmeno salutare i colleghi. Barcollo dallo stordimento e mi avvio al parcheggio, guido la mia auto con le lacrime agli occhi tanto grandi che non distinguo i pedoni che attraversano la strada e faccio fatico a scansare incidenti. Guido con rabbia e ripeto come un disco rotto: “Caro giovane Direttore, se fossi stata tua madre, ti avrei strappato quel bavaglino a forma di cravatta che porti annodato al collo; ti avrei insegnato io, piccolo moccioso come parlare agli adulti e specialmente a noi femmine!”.

Passano mesi mentre mi rassegno alla divisa da casalinga, tuta blu e scarpette da ginnastica, giuro che il prossimo lavoro sarà tra quelli più umani.

Accetto il ruolo di collaboratrice condominiale, ahimè! mi chiameranno “La Signora dell’Amministratore”. L’armadio è sempre lo stesso, mi invento una divisa con vestiti comodi e antistrappo per liti assembleari che dovrò tenere a bada. Un ruolo litigioso, che non mi appartiene, ma che devo in qualche modo farmi piacere.

Nel frattempo sono finita in un gruppo di nuovi disoccupati . Dai 26 ai 50 anni di età, partecipiamo a queste sedute introspettive, chi vuole diventare Poeta, chi uno Scrittore, chi un Filosofo, e io ?… quando è toccato a me dire cosa volessi fare ho avuto chiara solo una cosa, ho sempre accettato ogni tipo lavoro per sostenere economicamente la mia famiglia, e ora su questa sedia mi domando cosa vorrò fare da grande, ma grande già lo sono; quindi ragiono sul mio passato, nel ruolo di femmina ci sono nata; di lavoratrice cerco di esserlo.

Come “essere umano” cerco di farmi volere bene, ma quando mio marito con tutta la sua dolcezza mi libera dalla spesa, mi accompagna al tavolo per la cena e mi sussurra all’orecchio: ”Bentornata! Donna mia”, ecco… allora è proprio questo il ruolo per il quale non mi stancherò mai di portare una divisa fosse anche quella di “Donna-operaia”-“Donna-autista” , ”Donna-faticatrice”, perché per gli altri sei solo una femmina, un sesso, un genere, un codice fiscale, una matricola Inps o semplicemente uno strumento da utilizzare quando serve, mentre “Donna” lo sei per l’uomo che ami, e per lui a volte sei anche il suo “Respiro”, specie quando con un mio solito abbraccio gli salvo la vita strappandolo da un destino beffardo.

Maria Pia Costagliola

 

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