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Breve soffio di vita – racconto di Sara Spagnoletti

Sera d’autunno, una donna e un uomo innamorati, corpi intrecciati a vincere il brivido freddo delle lenzuola.  Baci, carezze, amore.
Uno spermio testardo, veloce, forte, infrange il nucleo ooforo.
Moltiplicazione di cellule, blastula, morula, embrione, feto.
Nove mesi di lente, progressive, modificazioni.

Prende forma il mio cuore, il cervello. Gli arti, prima piccole pinne, si trasformano magicamente in gambe, braccia, mani.
Nel liquido tiepido nuoto beatamente.
Tu mamma mi nutri con il tuo sangue, uno scambio fantastico che, attraverso il cordone ombelicale, mi lega indissolubilmente a te.
Vivo perché tu vivi. Cresco perché tu respiri e mi proteggi.
Percepisco suoni ovattati, la tua voce, imparo a riconoscere il battito rassicurante del tuo cuore.

Piangi oggi mammina? Perché?
Qualcosa di misterioso è accaduto, qualcosa di tragico.
Non capisco che cosa, ma registro ondate di commozione.  Sento un’armonia, non so ancora che sono note musicali.
Non so che il nonno è morto troppo presto, senza conoscermi, senza vedere sorgere la mia alba.

Alba e Tramonto. Tramonto e Alba (per ognuno che nasce uno che muore, neve d’inverno e a primavera rose…)

Oggi sei felice, ti ho dato il mio primo calcio, ho sentito una mano grande, quasi timorosa, poggiarsi sulla tua pancia.

Non temere papà sono forte, non puoi farmi male.

Il mio corpo cresce, invade tutti gli spazi. Quando ti distendi nuoto felice, libera, punto i piedi contro il tuo fianco, forse ti faccio male ma tu sei felice.
Sei felice mammina?
Non sono più un bruco, una crisalide, sono una farfalla variopinta pronta a volare.

Avverto una pressione ferrea che mi spinge giù, tutto si sconvolge intorno, non riesco più a nuotare.
Aiuto. Mi sento attirata in un vortice,  risucchiata.
Contrazioni sempre più violente mi strappano alla quiete beata.
Luci, rumori assordanti, sono fuori dal tuo corpo.
Qualcuno mi immerge in un liquido, diverso da quello in cui nuotavo. Mani mi sostengono, mi pesano. Infilano le mie braccia e le mie gambe in una gabbia strana. Poi mi posano sul tuo corpo sfinito, riconosco il battito del tuo cuore, il suono della tua voce.
Ti vedo mamma.
Sei bellissima. Stanca, stravolta, dolcissima.

Due mani forti grandi, mi prendono delicatamente. Le stesse mani che accarezzavano la tua pancia.
Il mio papà, alto, robusto, piange. Sento un vuoto nel mio corpo (non so che si chiama fame). So che ho paura.
Mi attacchi a tuo seno, bevo un liquido dolce e tiepido, ora ho sonno. Dormo.

Torniamo a casa, nella stanzetta tutto è rosa, profumato di nuovo, di talco, di latte, di bimbo.
Profumato di me.
Quanti volti sorridenti, quante braccia vogliono prendermi, una gara, quasi una lotta per accarezzarmi.

Un’altra tappa importante il primo bagnetto, strillo da perdere il fiato, scalcio e sgambetto, ma voi testardamente  mi calate nell’acqua, vedo bolle multicolori, sono belle, voglio afferrarne una.

Non distinguo il giorno dalla notte, dormo quando siete svegli, mi sveglio quando avete sonno.
Voi siete felici ugualmente,  vero? Anche se la vostra Vitalba non vi lascia dormire.

Stamattina non ho voglia di uscire dalla culla, voglio stare al caldo, ho sonno, non voglio bere il tuo latte. Qualcuno mi posa sulla fronte una striscia colorata, sento le vostre voci preoccupate mormorare: (quasi quaranta…)

Dove andiamo? Voglio stare nella mia culla., ho freddo.
Vedo una grande stanza, altri bambini, un lettino.
Non è il mio, non ha le lenzuola rosa profumate di talco.

Che fate adesso?
Piano con quelle cose appuntite, mi fate male.
Osservo grandi bocce da cui partono tubicini, mi legano la mano al lettino. Perché? A che serve quella piastra sul mio petto?
Mamma non dici nulla? Perché sei triste?

Anche qui tanta gente, ma non è bello come a casa.
Passano uomini e donne vestiti di bianco, passano veloci, mormorano parole sconosciute ( Bronchite, polmonite)

Quando torniamo a casa, mamma?
Le tue mani mi accarezzano, c’è sempre il papà con noi, ma non ride più.
“Martedì la dimettiamo, signora” dice il pediatra.
Torna il sorriso sulle tue labbra, non sembri più stanca e pallida. Oggi è venerdì, qualche giorno ancora.

Mi sento così stanca, voglio dormire. Avverto di nuovo quel peso strano sul petto.

È notte, tutto sembra tranquillo ma io… non respiro mamma… aiutami! Mi da fastidio tanta luce, queste persone vestite di bianco cosa fanno? Dove mi portano?
Vieni con me mammina! Mi sento male.

Aghi bucano le mie braccia, poggiano una strana cosa sul mio viso (ossigeno, datele ossigeno).
Luci sempre più fioche, voci sempre più lontane.
Qualcuno grida: “muore”.
Una mano dura mi spinge il petto. (Massaggio cardiaco, presto, fate presto)
E’ buio, adesso. Buio e freddo. Ho tanto freddo.

…(È morta)!

Mamma, Papà, non so che vuol dire “morta”.
Capisco che non vedrò più la mia culla, non sentirò il calore delle vostre braccia e la tua mano calda che mi accarezza, mamma.
Parto per un luogo sconosciuto. Forse ci sarà Luce.
Forse incontrerò il nonno.

Alba e Tramonto.
Il mio sole non ha fatto in tempo a raggiungere lo zenith.

Vado mamma.
Asciugate le lacrime, sarò con voi nei sogni.
Mi rivedrete nel volto di altri bimbi, sentirete il mio profumo nei neonati che incontrerete.
Rinascerò nel mio fratellino, nella mia sorellina.
Sarò von voi per sempre oltre la vita. Il mio passaggio è stato rapido. Ricordatemi come un bel sogno svanito all’alba.

Vitalba – Alba della vita.

 

Sara Spagnoletti

 

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