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Annina – Racconto di Alessandra Farina

Ormai la sua infanzia era stata ricacciata in una buca profonda della sua anima. Una buca profonda come quella del pozzo in cui suo padre aveva perso la vita per salvare il suo più caro amico e compagno di lavoro che non rispondeva più dal fondo di quel pozzo mentre cercava di ripulirlo dalle foglie.

Nazzareno vi si era calato senza un attimo di esitazione ma il gas aveva subito invaso i suoi polmoni e lui aveva abbandonato la corda con cui si calava ed era precipitato a terra vicino al suo compagno.

Ormai per Annina, sua figlia, tutta la polvere sollevata nell’aia dai carri dei pompieri e tutta quella gente che aveva riempito la sua casa erano un ricordo.

Avevano ostinatamente e coraggiosamente continuato a portare avanti il lavoro della fattoria a mezzadria insieme a quei nonni distrutti, a sua madre e ai suoi cinque fratellini, il più grande aveva quindici anni la più piccola due. Lei aveva nove anni. Ma il tempo corre, lenisce i dolori anche se non li cancella.

E quella mattina di luglio è a cavallo della bicicletta che suo nonno a tutti regalava per la prima comunione e sfrecciava veloce per quelle stradine di campagna spericolata come nessun’altra. Ha sedici anni ora.

Annina è diventata una bella signorina ha dei ragazzi che le fanno il filo, ma lei non ci bada, non conosce ancora nè baci nè carezze di alcuno,non sa cosa sia l’amore, proprio non ci pensa.

Ma poi quella domenica Guido le aveva dato appuntamento.

C’era anche la sua amica Lina e in quattro sarebbero usciti per una passeggiata. Facevano a gara rincorrendosi sulle biciclette per quelle stradelle di campagna su e giù per quei dossi; erano allegri e spensierati e felici di essere attratti gli uni dagli altri. Le coppie presero strade diverse. Stanchi e senza fiato Annina e Guido si sedettero all’ombra di un albero di mele tra l’erba medica e lì si scambiarono il primo bacio e per la prima volta lei sentì su di sè le mani di un uomo che la sfioravano.

Erano le sue prime emozioni….le carezze diventavano sempre più audaci i baci sempre più convicenti e lei si abbandonava felice di essere desiderata e sentiva su di sé quelle mani che la spogliavano e non le davano scampo. Non si opponeva, anche lei desiderava quei baci e quelle carezze, era stordita e voleva essere amata a tutti i costi e amare. Stringendosi a lui e accogliendolo dentro di sè e tra le sue braccia, ignara, gli faceva dono della sua innocenza.

Si ricomposero in fretta…troppo in fretta! Quello che sembrava cominciasse adesso era già tutto finito, quel turbinio di pensieri quello stordimento, quel fiato corto veniva soffocato in petto e si doveva tornare alla realtà…a casa.

Ciao Guido…ciao Annina….a domenica prossima! Ognuno prese la sua strada, le ragazze insieme e così i ragazzi, ma ognuno viveva quell’avventura in modo diverso. Per Annina era la sua prima volta e non l’avrebbe più scordata per tutta la vita.

Rimase incinta senza nemmeno rendersene conto e fu solo quando Lina più scaltra le chiese se avesse più avuto da quella domenica le mestruazioni che lei si rese conto di avere una bella pancetta, ma pensava fosse il buon pane fatto in casa dal nonno. Solo allora cominciò a capire, solo allora si rese conto di essere nei guai e che anche questa volta il problema da risolvere era davanti a lei come quelli di aritmetica a scuola sul quaderno che la facevano disperare, perché lei i problemi non li capiva… li doveva solo copiare dalla sua compagna…e anche stavolta fu la sua amica Lina a trovare la soluzione: inforcare la bicicletta ed arrivare alla città più vicina (trenta chilometri) lì c’era qualcuno che procurava aborti clandestini.  Ci arrivarono.

Bastò un semplice ferro da calza che aprì l’utero facendole rompere le acque e il lavoro finì lì. Annina con le gambe che ancora le tremavano per la paura e per l’intervento subìto, rimontò sulla sua bicicletta e rifece i trenta kilometri indietro verso casa.

Là con la scusa di non sentirsi bene si infilò a letto ma la notte doveva arrivare. La madre la guardò con quei suoi occhietti vispi e attenti e forse capì qualcosa ma quella sera non parlò.

Durante la notte ad Annina arrivarono dei dolori fortissimi, le doglie di una partoriente al quarto mese in una ragazzina che non conosceva niente di sè. Soffocò quei dolori in gola e disperatamente sola scese le scale per raggiungere la stalla delle mucche, un rifugio caldo e accogliente tra le bestie, lei stessa sola come una bestia.

Poi nella semioscurità e in quel poco tepore laggiù nella stalla accovacciata sopra il pozzetto delle acque scure Annina ebbe fortissimi dolori al ventre sentiva quei premiti che la obbligavano a spingere, si contorceva e soffocava i suoi dolori mordendosi le labbra nel silenzio della notte. E poi alla fine tutta bagnata di sudore e lacrime riuscì a ricacciare giù ciò che le procurava tutti quei dolori. Quel grumo cadde nelle acque scure del pozzetto, ma non affondò….era un feto maschio e lei lo vide perchè si muoveva…poi chiuse gli occhi e il pozzetto.

Non morì in seguito a quanto era appena accaduto ma i suoi guai non finirono là.

 

Alessandra Farina

 

 

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