Erano le 21 del 6 maggio 1976 quando una scossa di magnitudo 6.5 scuote per sempre le terre del Friuli. Un minuto maledetto che basta per causare quasi mille morti e radere al suolo ben quarantacinque paesi ridotti in macerie. Un evento che ha avuto un seguito a causa delle numerose scosse di assestamento dei mesi successivi. Sono passati quarantacinque anni e il Friuli, l’Italia intera non riesce, non può dimenticare. Una tragedia come poche in cui la forza della terra ha sovrastato l’essere umano portando morte e distruzione in un batter d’occhio. Ancora oggi quel terremoto è chiamato L’Orcolat dal folclore friulano, “l’orco della Carnia”. Vi proponiamo una poesia friulana per ricordare quell’evento maledetto.
La poesia
Nissun al disarà pi
ii tiò flon di rosade.
Jô i ài provàt a clamâti
tal ajar sporc di cjalsine
che muart al sta su la tô muarte
cjase. Li tô viartis pupilis
a son do perlis piardudis
pal soreli che vuéi al creve
il côr dai viso.
–
Nessuno dirà più
il tuo nome di rugiada.
lo ho provato a chiamarti
nell’aria sporca di calce
che morta sta sulla tua morta casa. Le tue pupille aperte
sono due perle sono due perle
perdute per il sole che oggi spacca
il cuore dei vivi
La tragedia e il dolore del Friuli
Questo componimento, parte della raccolta poetica “L’Orculat”, libro che racconta il terremoto del 1976 con poesie scritte in dialetto friulano, esprime tutto il dolore di chi è rimasto. La tragedia di chi, nei giorni successivi al disastro, ha scavato, spesso a mani nude, per ritrovare i corpi dei propri cari. La speranza di salvare vite intrappolate era quasi del tutto vana. Si scavava per poter dare una degna sepoltura alle persone schiacciate dalla fatalità. Le persone chiamavano, cercavano ma non avevano risposta. “Le tue pupille aperte /sono due perle sono due perle /perdute per il sole che oggi spacca /il cuore dei vivi.” Era questo che ci si trovava davanti, oltre allo spettacolo nero di interi paesi distrutti.

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La ricostruzione
Il progetto di ricostruzione del Friuli aveva la prerogativa di mantenere e recuperare la storia dei paesi colpiti. Nessuna città nuova. A capo dei lavori il Commissario straordinario per i Soccorsi Giuseppe Zamberletti per una ricostruzione durata dieci anni. Questi lavori e l’impegno della società hanno gettato le basi per la nascita della Protezione Civile, corpo fondamentale per le emergenze territoriali.
Un Friuli resistente e resiliente, che ha avuto la forza di andare avanti, senza mai dimenticare, e ricostruire.
Il 6 maggio è un giorno da ricordare, per chi non c’è più e per chi c’è ancora e ha perso tutto.
Alice Turiani