“Svanito è il giorno…” (1819) di John Keats poesia sulla paura di perdere chi ami

5 Novembre 2025

Scopri come affrontare la paura di perdere l'amore della vita, grazie ai versi di "Svanito è il giorno ed ogni sua dolcezza!" di John Keats.

"Svanito è il giorno..." (1819) di John Keats poesia sulla paura di perdere chi ami

Svanito è il giorno ed ogni sua dolcezza! di John Keats è un sonetto che riesce ad esprimere la malinconia che nasce non dalla tristezza, ma dalla felicità. È la consapevolezza improvvisa che un momento perfetto sta per finire. È il brivido che si prova guardando la persona che si ama, seguito dalla paura improvvisa e paralizzante di poterla perdere.

John Keats scrisse questo splendido poema nel 1819 e a 24 anni catturò questa profonda sensazione legata all’amore rendendola eterna.

Il poeta inglese era povero, malato di tubercolosi e disperatamente innamorato di una donna di nome Fanny Brawne. Sapeva di avere poco tempo. E in quello stato d’animo, scrisse un sonetto che non è solo una poesia. Ma, una storia delle sue emozioni personali, è il diario di un uomo che sta cercando di memorizzare ogni dettaglio della donna che ama, prima che svanisca.

Svanito è il giorno ed ogni sua dolcezza! fu pubblicato per la prima volta per la prima volta postumo sul Plymouth and Devenport Weekly Journal il 4 ottobre 1838.  Entrò poi a far parte di Life, Letters, and Literary Remains of J. K., a cura di R. Monckton Milnes, Lord Houghton, 2 voll., Londra 1848. Questa raccolta include ottanta lettere circa e molti componimenti poetici inediti oltre a quelli apparsi solo nei diversi periodici.

Nella versione italiana che abbiamo consultato la poesia è il XV sonetto della raccolta Poesie di John Keats, curata da Vanna Gentili e con la traduzione di Mario Roffi. La pubblicazione è di Giulio Einaudi Editore nel 1983.

Leggiamo questa poesia di John Keats per viverne le emozioni e condividere il significato.

Svanito è il giorno ed ogni sua dolcezza! di John Keats

Svanito è il giorno ed ogni sua dolcezza!
Voce soave, dolci labbra, dolce
mano e più dolce seno, ed il respiro
caldo, lieve sussurro, semitono
tenero ed occhi splendidi, perfetta
forma e bacino languido! Appassito
il fiore ed ogni suo sbocciato incanto,
dai miei occhi svanita la bellezza,
dalle mie braccia svanita la forma
della bellezza, svanita la voce,
il tepore, il candore, il paradiso.
Tutto si dileguò prima del tempo
al cader della sera, quando il fioco
giorno festivo, o la festiva notte,
dell’amore dai veli profumati
già incomincia a tessere l’ordito
del buio denso, per l’ascosa gioia.
Ma oggi ho letto il messale d’amore,
ed egli certo vorrà darmi il sonno
vedendo come io digiuni e preghi.

 

The day is gone, and all its sweets are gone!, John Keats

The day is gone, and all its sweets are gone!
Sweet voice, sweet lips, soft hand, and softer breast,
Warm breath, light whisper, tender semi-tone,
Bright eyes, accomplished shape, and languorous waist!
Faded the flower and all its budded charms,
Faded the sight of beauty from my eyes,
Faded the shape of beauty from my arms,
Faded the voice, warmth, whiteness, paradise.
Vanished unseasonably at shut of eve,
When the dusk holiday, or holinight,
Of fragrant-curtained love begins to weave
The woof of darkness thick, for hid delight;
But, as I’ve read love’s missal through to-day,
He’ll let me sleep, seeing I fast and pray.

La paura di chi è consapevole che l’amore vissuto è destinato a finire

Svanito è il giorno ed ogni sua dolcezza! è un capolavoro universale perché non parla di un amore astratto. Racconta l’esperienza fisica, disperata e consapevole del tempo che fugge. La poesia non è semplicemente triste, è un inno alla vita e ai sensi, reso struggente dalla certezza che quel paradiso sta per svanire.

Entriamo dentro i versi della poesia di John Keats per vivere fino in fondo cosa vuole trasmettere il poeta inglese.

Il catalogo dei sensi: l’Amore da tenere per sempre dentro di sé

L’inizio della poesia è descritto come un momento da ricordare per sempre. È un’immersione totale che occupa i primi otto versi del sonetto, l’intera ottava. Keats usa questa struttura per un motivo preciso. Prima ci mostra la pienezza del suo amore, poi ci fa sentire la perdita di quella stessa pienezza.

Svanito è il giorno ed ogni sua dolcezza!
Voce soave, dolci labbra, dolce
mano e più dolce seno, ed il respiro
caldo, lieve sussurro, semitono
tenero ed occhi splendidi, perfetta
forma e bacino languido!

Keats apre con un catalogo febbrile, quasi affannoso, di tutto ciò che ama in Fanny Brawne. È un elenco puramente sensuale. Non parla della sua anima o del suo carattere; parla di ciò che può sentire, toccare, vedere e udire.

È l’amore vissuto attraverso il corpo, descritto con un’urgenza tangibile. È il “diario” di un uomo che sta disperatamente cercando di imprimere ogni dettaglio nella sua memoria, di “tenere per sempre dentro di sé” la sensazione fisica della persona amata.

Subito dopo la paura diventa realtà.

Appassito
il fiore ed ogni suo sbocciato incanto,
dai miei occhi svanita la bellezza,
dalle mie braccia svanita la forma
della bellezza, svanita la voce,
il tepore, il candore, il paradiso.

Come si può evincere la poesia cambia tono. Keats usa la ripetizione della parola “Svanita” (in originale Faded) per martellare sul senso della perdita. È la stessa lista di prima (la voce, la forma, il calore), ma ora è svanita. La bellezza non è più solo un’immagine (“il fiore”), ma qualcosa che svanisce attivamente dalla sua vista (“dai miei occhi”) e dal suo tocco (“dalle mie braccia”).

In soli otto versi, Keats ci ha fatto vivere l’intero ciclo della sua paura: ci ha mostrato il “paradiso” e poi ce lo ha strappato via, pezzo per pezzo.

Il paradosso della notte: Il piacere negato

Nei versi successivi si iniza a vivere la percezione della tragedia.

Tutto si dileguò prima del tempo
al cader della sera, quando il fioco
giorno festivo, o la festiva notte,
dell’amore dai veli profumati
già incomincia a tessere l’ordito
del buio denso, per l’ascosa gioia.

Per Keats, il crepuscolo e la notte (“il buio denso”) non sono visti come una fine, ma come l’inizio della festa, dell’intimità, della “gioia nascosta” (hid delight) tra due amanti. È il momento in cui la giornata finisce e l’amore privato può iniziare.

Ma per lui, tutto è paradossale. Proprio mentre quel momento di intimità sta per cominciare, il “paradiso” è già “svanito”. La felicità scompare “prima del tempo” (unseasonably), fuori stagione.

Emerge la frustrazione più profonda. Il momento del desiderio sta arrivando, ma l’oggetto del desiderio è già perduto. È l’immagine perfetta del suo amore per Fanny. Una passione destinata a non essere pienamente vissuta, interrotta prima ancora di potersi compiere.

L’amore diventa l’unica religione

Passiamo alla chiusa più potente del sonetto, la volta che dà senso a tutto. Dopo aver elencato la pienezza dei sensi e aver lamentato la loro perdita prematura, Keats trova una risoluzione inaspettata.

Ma oggi ho letto il messale d’amore,
ed egli certo vorrà darmi il sonno
vedendo come io digiuni e preghi.

John Keats fa un bilancio della sua giornata e sostituisce la religione tradizionale con una nuova, personale e sacra: l’amore per Fanny.

Vivere quella giornata di felicità, assorbire ogni dettaglio di lei, è stato come leggere un “messale d’amore”, un libro di preghiere. Non potendo vivere appieno quell’amore (“il piacere negato”), la sua devozione è diventata totale, simile a un rito ascetico: “digiuni e preghi”.

Keats ha trasformato il suo desiderio frustrato in una forma di devozione. Avendo amato così intensamente e così “religiosamente”, ora “Egli” (il dio Amore personificato) può concedergli il “sonno”. Questo sonno è ambiguo. Può essere il semplice riposo dopo una giornata emotivamente estenuante, la pace dall’agonia del desiderio, o, in senso più profondo, l’accettazione della pace finale.

Come si può vivere un amore destinato a finire

Non è solo una domanda. È un’angoscia. È il rantolo silenzioso di chi sa che il tempo è un nemico, non un alleato.

È il dolore di chi guarda la persona che ama e, nel mezzo di un sorriso, sente il gelo della malattia che avanza. È lo strazio della distanza, dove ogni schermo che si spegne è una porta che si chiude, lasciando solo un silenzio assordante e il vuoto della propria stanza. È l’umiliazione di un amore vissuto nell’ombra, di sguardi rubati in mezzo alla folla, di mani che si cercano e non si possono stringere, perché il mondo, la famiglia, la società hanno già deciso che quell’amore è “sbagliato”, è impossibile.

Quando si vive così, la sentenza è già stata emessa. E il pericolo più grande non è la fine. La fine è solo dolore. Il pericolo vero è il veleno che scorre prima: è permettere a quella sentenza di divorare il presente. È trasformare ogni bacio in un addio, ogni abbraccio in una morsa di disperazione. È vivere la perdita ogni singolo giorno, finché della gioia non resta più nulla.

La lezione di John Keats, la sua risposta a questa agonia, è un atto di ribellione disperata.

Lui capisce che non può negoziare con il destino per avere più tempo. E allora, con la lucidità febbrile di chi sta perdendo tutto, decide di sfidarlo sull’unico campo di battaglia che gli resta: l’intensità.

Non potendo avere la quantità, la sua risposta è un’esplosione di qualità.

Il suo “catalogo dei sensi” – “Voce soave, dolci labbra, dolce mano” – non è poesia. È un rituale. È il tentativo febbrile di un uomo che sta imprimendo la sua amata sulla propria anima. È il suo modo di urlare contro il tempo: “Tu puoi prenderti il mio futuro, ma non puoi prenderti la meraviglia di questo respiro, il calore di questa mano, la sacralità di questo istante”.

Trasforma la sua paura in una preghiera. Trasforma il suo amore in una religione.

Come si vive, quindi, un amore destinato a finire?

Non lo si vive nonostante la paura. Lo si vive attraverso di essa. Si usa quell’angoscia come un fuoco, per bruciare più luminosi. Si afferra ogni singolo momento con una devozione così totale, così disperata, da renderlo assoluto.

E alla fine, non importa. Non importa se la battaglia con il tempo è persa. Perché un amore vissuto con questa intensità non finisce.

Semplicemente, trascende. E diventa eterno.

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