Sui figli di Khalil Gibran è una poesia in prosa che offre una lezione importante e sempre attuale sulla concezione che i genitori dovrebbero avere riguardo ai figli. Il poeta libanese ribalta la concezione tradizionale della genitorialità, offrendo una visione profondamente illuminata del legame e del rapporto tra genitori e figli.
I figli come qualsiasi essere umano non possono essere considerati come un bene, una proprietà. I figli non possono essere una copia dei genitori, ma individui unici destinati a un cammino proprio. I figli dovrebbero avere il diritto-dovere di percorrere il proprio cammino in assoluta autonomia.
Sui figli è il poema 21 della raccolta di poesie in prosa Il Profeta (The Prophet) di Khalil Gibran, pubblicata a New York, dall’editore Knopf per la prima volta nel 1923. Un’opera che fino ad oggi è stata tradotta in oltre 100 lingue e non è mai andata fuori catalogo.
Leggiamo insieme questa illuminante poesia di Khalil Gibran per riflettere su quanto meraviglioso e al contempo delicato sia il ruolo dei genitori nel difficile rapporto con i figli.
Sui figli di Khalil Gibran
E una donna che aveva al petto un bambino disse: Parlaci dei Figli.
Ed egli disse:
I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé.
Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro,
E benché stiano con voi non vi appartengono.Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
Perché essi hanno i propri pensieri.
Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,
Perché le loro anime abitano nella casa del domani, che voi non potete visitare, neppure in sogno.
Potete sforzarvi d’essere simili a loro, ma non cercate di renderli simili a voi.
Perché la vita non procede a ritroso e non perde tempo con ieri.Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e con la Sua forza vi tende affinché le Sue frecce vadano rapide e lontane.
Fatevi tendere con gioia dalla mano dell’Arciere;
Perché se Egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l’arco che sta saldo.
I figli non sono un bene di proprietà: la lezione di Gibran sull’amore che libera
“I tuoi figli non sono figli tuoi” recita così il primo verso di Sui figli che Khalil Gibran. Una lezione che dovrebbero imparare non solo i genitori, ma anche molti pensatori, filosofi, professionisti della psiche convinti che i figli dovrebbero essere soggetti a totale controllo educativo da prte dei genitori.
“Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé.” I figli appartengono alla vita, un tramite. Sono funzionali al cammino dell’esistenza e i genitori sono il tramite perché la vita possa continuare attraverso le creature che hanno generato. I figli non sono una copia di mamma e papà, ma individui unici destinati a un cammino proprio.
L’amore che accompagna, non che trattiene
I figli non sono esseri da plasmare ad immagine e somiglianza o da modellare a seconda della visione della vita che hanno i loro genitori. Khalil Gibran lo afferma con chiarezza:
Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
non alla loro anima”.
Il cuore del messaggio di Gibran è racchiuso in questi versi: l’amore non è controllo, ma fiducia. I figli meritano di essere amati per ciò che sono, e non per ciò che i genitori vorrebbero che fossero. È un dovere dei genitori offrire loro una casa, un rifugio fisico e affettivo, ma non possono pretendere in nessun modo di decidere del loro destino, ne cercare di abitare le loro anime.
Il coraggio di lasciarli andare
Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
L’immagine simbolica degli archi e delle frecce è tra le più iconiche di tutta l’opera del “Profeta”. In questa visione, i genitori non sono padroni, ma gli strumenti dell’”Arciere”, simbolo della Vita o di Dio. Il loro compito non è trattenere, ma tendere. Preparare, sostenere, poi lasciar andare.
Essere genitori, sottolinea Khalil Gibran, è un atto d’amore e di fiducia nel futuro. Significa accettare la separazione, sostenere il volo, rispettare la direzione.
Una poesia per tutti: genitori, figli, educatori
L’amore che i genitori provano nei confronti dei figli è probabilmente il più forte e viscerale ed è anche uno dei più difficili da spiegare a parole.
Khalil Gibran offre una visione illuminata e di grande portata sul valore di essere genitori e allo stesso tempo di essere figli. Attraverso una poesia toccante, di grande effetto, il grande poeta ricorda quale sia il ruolo del genitore, quale importante custode di un piccolo tassello dell’avvenire.
Il messaggio di Sui Figli non è rivolto solo ai genitori. È un invito anche per insegnanti, educatori, mentori, e per chiunque abbia a cuore la crescita dell’altro. Gibran mostra un nuovo modo di amare: più profondo, più difficile, ma anche più vero.
In un tempo in cui il controllo e l’ansia da prestazione sembrano dominare, queste parole riportano al senso più puro dell’amore: dare radici, ma anche ali.
“I figli non sono i vostri figli” è più di una frase: è una filosofia di vita, un invito a vivere l’amore come un atto di libertà. Khalil Gibran ricorda che ciò che si ama davvero non va trattenuto, ma onorato nel suo diventare.
Troppe volte grandi pensatori del nostro tempo attuale diventano critici nei riguardi della figura genitoriale ritenuta troppo poco severe ed eccessivamente permissiva riguardo ai figli. Stessa cosa vale per molti educatori alla ricerca di una formazione più severa e tradizionale.
Per Gibran non è la severità a rendere i genitori più “performanti”. Ma, la qualità di saper indicare una direzione diventando loro stessi per primi dei modelli positivi.
Tutta la severità del mondo non serve a niente se i genitori o gli educatori non sanno dare il buon esempio. I figli vanno lasciati liberi di intraprendere la loro strada nella vita e la responsabilità degli adulti è essere loro accanto senza per questo limitarne i passi.
Troppe volte si parla di severità e poche volte di modelli di vita esemplare. Forse gli adulti e i genitori per primi dovrebbero prendere coscienza che se vogliono offrire un futuro migliore ai loro figli, devono essere i primi a gestire la vita nel dovuto modo, in maniera esemplare.
Il Profeta
Il personaggio centrale de Il Profeta di Khalil Gibran, Almustafa, riceve una richiesta da una delle sue seguaci, gli chiede di fare luce sull’amore. Il poema è contestualizzato nella città di Orphalese, nel momento che Almustafa sta per partire dalla città che lo ha ospitato per la sua patria.
Al Mustafa aveva un rapporto profondo non solo con la città, ma anche con la sua gente. Per questo motivo, al momento della partenza, era triste. Abbassando la testa, piangeva. Quando udì la profetessa Almitra, alzò la testa e guardò le persone che aspettavano con ansia di ascoltare le sue parole.
Coloro che erano intorno a lui erano in soggezione perché l’oratore stava per condividere i suoi insegnamenti per l’ultima volta. Volevano approfittare al massimo di questo momento.
Dopo alcuni anni trascorsi in terra straniera, Almustafa (ovvero l’eletto di Dio), sente che è giunto il momento di fare ritorno all’isola nativa. In procinto di salpare egli affida al popolo della città di Orphalese un prezioso testamento spirituale: una serie di riposte intorno ai grandi temi della vita e della morte, dell’amore e della fede, del bene e del male.
Pubblicato a New York nel 1923, “Il Profeta” viene subito accolto con grande favore di pubblico soprattutto presso i giovani, i quali vedono in Gibran un maestro di saggezza.
A distanza di tanti anni l’interesse è rimasto immutato: silloge che abbraccia i problemi fondamentali dell’esistenza, il capolavoro del poeta libanese è anche libro di notevole fascino. Il clima sospeso e rarefatto, il ritmo incantatorio di una scrittura lirica di presa immediata, incisiva e visionaria, l’incontro tra due opposte culture, l’orientale e l’occidentale, sono la cifra di uno stile inconfondibile.