Solo di Edgar Allan Poe è una poesia sul profondo senso di solitudine che sono costretti a subire chi vive l’esistenza all’insegna della diversità. Sono moltissime le persone e tantissimi ragazzi che per motivi fisici, psicologici, emotivi, culturali, di genere sessuale a dover vivere in uno stato di solitudine interiore.
Chi vive questa condizione si pone molte domande, è successo anche all’autore nella poesia, perché è sempre difficile assorbire, giustificare, prendere consapevolezza del proprio essere diversi. Le conseguenze sono evidenti ci si sente isolati, diversi, incompresi. Questa poesia diventa un modo, per chi vive la problematica, di potersi confrontare con le emozioni che ha provato il poeta americano.
Edgar Allan Poe scrisse Alone, questo il titolo originale della poesia, nel 1829, poco dopo la morte della madre adottiva, Frances Allan. Il poema non fu pubblicato durante la vita di Poe. Fu scoperto dopo la sua morte e pubblicato postumo nel 1875.
Leggiamo questa profonda poesia di Edgar Allan Poe per coglierne la sensibilità e condividere il significato.
Solo di Edgar Allan Poe
Fin da bambino, io non sono stato
uguale agli altri; non ho mai guardato
il mondo come gli altri; le passioni
da una fonte comune non ho tratto.
Dalla stessa sorgente non ho attinto
il mio dolore; né ho accordato il cuore
alla gioia di chi mi stava accanto.
Ciò che io ho amato, l’ho amato da solo.
Allora – nei miei primi anni, nell’alba
delle burrasche di una vita – è sorto
dai grandi abissi del bene e del male
questo mistero che ancora mi avvince:
sempre, dalla fontana o dal torrente,
da quella rossa rupe in cima a un monte,
dal sole che girava intorno a me
nel suo bagliore dorato d’autunno,
dal lampo che scoccava in mezzo al cielo
sfiorandomi nel suo rapido volo,
dalla tempesta e dal rombo del tuono,
e dalla nube che prendeva forma
(mentre il resto del Cielo era sereno):
la sagoma di un demone al mio sguardo
Alone, Edgar Allan Poe
From childhood’s hour I have not been
As others were—I have not seen
As others saw—I could not bring
My passions from a common spring—
From the same source I have not taken
My sorrow—I could not awaken
My heart to joy at the same tone—
And all I lov’d—I lov’d alone—
Then—in my childhood—in the dawn
Of a most stormy life—was drawn
From ev’ry depth of good and ill
The mystery which binds me still—
From the torrent, or the fountain—
From the red cliff of the mountain—
From the sun that ’round me roll’d
In its autumn tint of gold—
From the lightning in the sky
As it pass’d me flying by—
From the thunder, and the storm—
And the cloud that took the form
(When the rest of Heaven was blue)
Of a demon in my view—
La solitudine il centro del pensiero diverso di Edgar Allan Poe
Solo è una poesia di Edgar Allan Poe che descrive lo stato di inquieta solitudine del giovane poeta, costretto a dover vivere la propria vita in modo diverso rispetto ai suoi coetanei e rispetto al mondo che lo circondava. Quando ciò accade le conseguenze finiscono per segnare la vita per sempre.
Quella di Poe è una presa di coscienza, già in giovane età, di una condizione di unicità. Fin da bambino riconosce di essere stato diverso dagli altri, per il modo di guardare, pensare e perfino soffrire. In questa poesia Poe non chiede aiuto per alleviare il dolore della solitudine, ma ne prende atto. La sua situazione lo rende immune all’omologazione. Ed è proprio per non doversi sforzare ad essere uguale agli altri che lo scrittore sceglie appunto di restare solo.
La prima vita di Edgar Allen Poe è stata piena di tragedie e quando si pensa che questa poesia è stata scritta da un ragazzo che ha compiuto 21 anni, e che aveva già sperimentato una grande quantità di perdite, ci si rende conto che la vita purtroppo finisce per generare tormento.
Conosciuto per le sue opere a tema oscuro, forse ha senso in questo contesto che, mentre gli altri vedono un cielo azzurro, lui spesso faticava a vedere oltre il “demone nella sua vista”.
Una poesia autobiografica
In questo poema autobiografico, Edgar Allan Poe descrive i sentimenti di solitudine, isolamento e diversità che ha provato per tutta la vita. La sua intensa vita è una maledizione, che lo distingue per sempre dalle altre persone. Ma è anche una benedizione, perché questa solitudine è stata la fonte del suo potere visionario.
Edgar Allan Poe attraverso i suoi versi svela che si è sempre sentito nettamente diverso da chi lo circonda. Non si tratta solo di avere gusti o convinzioni diverse dalla maggior parte degli altri. Entra nella condizione di vivere in un mondo completamente diverso, in cui sperimenta le cose in modo molto più intenso e fantasioso rispetto alle altre persone.
Sebbene questo senso di diversità sia un peso per il poeta, finisce inevitabilmente per trasformarsi in una fonte di identità, di visione e di ispirazione. Per l’oratore, essere solo è sia una benedizione che una maledizione, e fa parte della sua stessa natura, rendendolo ciò che è.
“Fin da bambino”, inizia così la poesia, lo scrittore americano si è sentito in disaccordo con le persone che lo circondavano. Le sue passioni non provenivano da “una sorgente comune” e i suoi dolori non provenivano dalla “stessa fonte” degli altri.
Allo stesso modo, non riusciva a “ad accordare il cuore alla gioia di chi gli stava accanto.” come gli altri. Non è che non provasse passione, dolore o gioia. Piuttosto, era interessato a cose diverse da quelle delle persone che lo circondavano, e questa differenza gli impediva di potersi integrare agli altri. Mentre gli altri condividevano gioie e dolori, lui viveva tutto in assoluta solitudine.
Le cose che hanno segnato Edgar Allan Poe nel corso della sua vita non hanno a che fare solo con le sue simpatie e antipatie, ma con il modo in cui interpreta e da senso al mondo. Lo scrittore statunitense afferma che, fin da quando riesce a ricordare, non “non ho mai guardato il mondo come gli altri”. Al contrario, percepiva un profondo, ossessionante “mistero” nel mondo quotidiano, vedendo “demoni” nelle nuvole e uno strano potere nel paesaggio.
Per lui il mondo è sempre stato magico e minaccioso, niente è ordinario, normale, limpido ai suoi occhi. Poiché gli altri non possono condividere queste visioni, finisce per vivere da solo in un mondo in cui l’immaginazione diventa lo spazio per trovare socialità.
Sia i gusti che le percezioni del poeta lo rendono eternamente e profondamente solo. Ma se questo destino è doloroso, è anche la sua ricompensa. La forza misteriosa che fa sì che Edgar Allan Poe veda e senta le cose in modo diverso da chi lo circonda, lo tiene intrappolato dalle sue percezioni. A volte, potrebbe persino avere la sensazione di vivere nel suo inferno personale. La “tempesta” che appare in un cielo azzurro e limpido suggerisce che il suo mondo privato è spesso più pericoloso e minaccioso di quello delle persone che lo circondano.
Ma c’è anche qualcosa di esaltante nella sua solitudine. Le stesse cose che isolano Edgar Allan Poe lo rendono anche speciale. Sembra riconoscere la complicata bellezza del suo destino solitario, dicendo che il suo modo di vedere il mondo è stato “è sorto dai grandi abissi del bene e del male”.
In altre parole, nel bene e nel male, il suo isolamento fa parte del contatto con le profondità estreme e misteriose della sua stessa anima, le stesse profondità che bisogna scandagliare per essere un poeta.