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“Sogno parigino”, la città nella poesia di Charles Baudelaire

In occasione dell’anniversario di Charles Baudelaire, ricordiamo il poeta attraverso una splendida poesia che descrive la città di Parigi e mostra la tensione fra il sogno e la realtà.

Il 9 aprile 1821 nasceva a Parigi uno dei più grandi poeti di tutti i tempi: Charles Baudelaire. Con le sue opere ha emozionato, appassionato e ispirato innumerevoli lettori. Le sue poesie sono fra le più lette e regalate, in Francia come nel resto del mondo, e la sua produzione ha permesso innovazioni nel campo della poesia che senza di lui non sarebbero mai avvenute.

Antesignano del simbolismo, Baudelaire ha prodotto versi dedicati alla natura dell’uomo, alla particolare malinconia che si prova quando si è insoddisfatti del reale (lo spleen), al ruolo del poeta e alla città, uno dei temi più cari all’autore. La poesia che vogliamo proporvi oggi è tratta da “I fiori del male” e ha al centro proprio la città, in cui il poeta riversa la tensione fra sogno e realtà.

Leggiamo insieme “Sogno parigino”.

Rêve parisien

I
De ce terrible paysage,
Tel que jamais mortel n’en vit,
Ce matin encore l’image,
Vague et lointaine, me ravit.
Le sommeil est plein de miracles!
Par un caprice singulier
J’avais banni de ces spectacles
Le végétal irrégulier,
Et, peintre fier de mon génie,
Je savourais dans mon tableau
L’enivrante monotonie
Du métal, du marbre et de l’eau.
Babel d’escaliers et d’arcades,
C’était un palais infini
Plein de bassins et de cascades
Tombant dans l’or mat ou bruni;
Et des cataractes pesantes,
Comme des rideaux de cristal
Se suspendaient, éblouissantes,
À des murailles de métal.
Non d’arbres, mais de colonnades
Les étangs dormants s’entouraient
Où de gigantesques naïades,
Comme des femmes, se miraient.
Des nappes d’eau s’épanchaient, bleues,
Entre des quais roses et verts,
Pendant des millions de lieues,
Vers les confins de l’univers:
C’étaient des pierres inouïes
Et des flots magiques, c’étaient
D’immenses glaces éblouies
Par tout ce qu’elles reflétaient!
Insouciants et taciturnes,
Des Ganges, dans le firmament,
Versaient le trésor de leurs urnes
Dans des gouffres de diamant.
Architecte de mes féeries,
Je faisais, à ma volonté,
Sous un tunnel de pierreries
Passer un océan dompté;
Et tout, même la couleur noire,
Semblait fourbi, clair, irisé;
Le liquide enchâssait sa gloire
Dans le rayon cristallisé.
Nul astre d’ailleurs, nuls vestiges
De soleil, même au bas du ciel,
Pour illuminer ces prodiges,
Qui brillaient d’un feu personnel!
Et sur ces mouvantes merveilles
Planait (terrible nouveauté!
Tout pour l’oeil, rien pour les oreilles!)
Un silence d’éternité.

II
En rouvrant mes yeux pleins de flamme
J’ai vu l’horreur de mon taudis,
Et senti, rentrant dans mon âme,
La pointe des soucis maudits;
La pendule aux accents funèbres
Sonnait brutalement midi,
Et le ciel versait des ténèbres
Sur le triste monde engourdi.

Sogno parigino

I.
Ancora stamane mi rapisce
l’immagine vaga e lontana
di quel terribile paesaggio
che nessun uomo vide mai.

Com’è pieno di miracoli il sonno!
Per uno strano capriccio
avevo bandito queste visioni
l’irregolare vegetale,

ed io, pittore fiero del mio genio,
assaporavo nel mio quadro
l’inebriante monotonia
del metallo, del marmo e dell’acqua.

Che Babele di arcate e di scale!
Che palazzo infinito
pieno di vasche e di cascate
a piombo nell’oro opaco o brunito!

E che pesanti cateratte,
pendenti come tende
di cristallo, abbaglianti,
a mura di metallo!

Non alberi, ma colonnati
cerchiavano stagni addormentati
dove naiadi, gigantesche,
come donne si specchiavano.

Per milioni di leghe si spandevano
verso il limite dell’universo
distese azzurre d’acqua
tra rive rosee e verdi!

E che pietre inaudite
e flutti magici!
Che specchi immensi abbagliati
di tutto ciò che riflettevano!

Nel firmamento, dei Gange
noncuranti e taciturni
versavano il tesoro delle loro urne
in abissi di diamante!

Ed io, architetto delle mie fantasie,
facevo passare, a piacer mio,
un oceano domato
sotto un tunnel di pietre preziose:

come appariva tutto, perfino il nero,
forbito, chiaro e iridescente!
Come incastonava la sua gloria il liquido
nel cristallizzato raggio!

Altrove nulla, neanche in fondo al cielo
qualche astro o traccia di sole
che illuminasse quei prodigi:
brillavano d’un fuoco proprio!

E che silenzio d’eternità
si librava su quelle meraviglie
mobili! Che novità terribile!
Tutto per gli occhi, e nulla per le orecchie!

II.
Ho riaperto gli occhi pieni di fiamme
e ho visto l’orrore della mia stamberga;
sono rientrato in me stesso ed ho sentito
la spina degli affanni maledetti.

La pendola dai funebri accenti
suonava brutalmente mezzogiorno;
il cielo versava tenebre
sul triste mondo intorpidito.

I “Tableaux parisiens” di Baudelaire

Impossibile non emozionarsi dinanzi all’opera di Charles Baudelaire, il poeta che ha aperto strade inedite nella poesia mondiale. Ogni sua opera è capace di un’incredibile forza espressiva, che si irradia da ogni verso, da ogni parola.

“Sogno parigino”, in questo, non è diversa dalle poesie più conosciute dell’autore. Appartenente alla sezione “Tableaux parisiens” de “I fiori del male”, questo componimento è una vera e propria opera d’arte. I versi sono dedicati a Constantin Guys, incisore olandese naturalizzato francese che con i suoi lavori cattura l’attenzione di Baudelaire.

L’uomo, infatti, si approccia da completo autodidatta all’arte della pittura e, come ogni flaneur che si rispetti, si immerge nella metropoli di Parigi alla ricerca di attimi di fugace bellezza e straordinaria armonia: i clienti dei bistrot, le donne con abiti svolazzanti, i gesti scomposti dei tifosi alle gare dei cavalli, i passanti che dedicano uno sguardo alle meraviglie della Ville Lumière sono i soggetti prediletti da Constantin Guys che, non a caso, Baudelaire definisce “peintre de la vie moderne”, pittore della vita moderna.

“Sogno parigino” non poteva che essere dedicata a lui. In un contesto – quello poetico – in cui la città non era mai stata prima protagonista assoluta, Baudelaire compie una piccola rivoluzione, inserendo nella sua raccolta più famosa e amata una sezione interamente dedicata alla città per eccellenza, Parigi. I tableaux di Baudelaire sono autentici dipinti in cui si affacciano l’ideale e la realtà, il desiderio e il presente in costante tensione. Luogo in cui è possibile ammirare l’intero corredo umano, la città si concretizza come centro di movimento e immobilità allo stesso tempo.

La poesia che abbiamo appena letto è un esempio di come sogno e realtà siano entrambe le spinte propulsive dell’attività baudelairiana. La prima parte, più estesa, del componimento è dedicata al sogno, alla città ideale immaginata dall’autore: fra i primi versi del componimento troviamo, infatti, quello che ci indica che lo scenario descritto è frutto di un sogno (“Com’è pieno di miracoli il sonno!”). La seconda parte si focalizza, invece, su ciò che il poeta prova al risveglio, quando comprende che ciò che aveva visto e sentito era soltanto nella sua testa e lo spleen si riaffaccia prepotente nel quotidiano.

Un’opera splendida, che ci ricorda quanto sia bello immergersi nel mondo della poesia e viaggiare con gli occhi del cuore.

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