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“Saluterò di nuovo il sole”, un inno alla libertà delle donne iraniane

Scopri la splendida poesia di Forough Farrokhzad, "Saluterò di nuovo il sole", un inno alla libertà e ai diritti delle donne iraniane, e non solo

Saluterò di nuovo il sole è l’inno alla libertà che dedichiamo a tutte le donne iraniane, e non solo, scritta da Forough Farrokhzad (Teheran, 5 gennaio 1934 – Teheran, 13 febbraio 1967) poetessa iraniana che osò sfidare le autorità religiose e i letterati conservatori del suo Paese. 

Una poesia che fa riflettere, soprattutto in questo momento storico in cui in Iran è scoppiata una vera rivoluzione che parte dalle donne e dai giovani, che rivendicano libertà e diritti fondamentali. 

Sono sempre più le vittime della repressione che colpisce le piazze iraniane, dove le donne simbolicamente si “svelano” e si tagliano i capelli in nome di quei diritti universali che dovrebbero far parte del vivere civile.

Colpisce che l’Italia e l’Europa continuino a sostenere tirannie e dittature, offrendo loro grandi spazi economici e possibilità commerciali. Anni di lotte per le libertà rischiano di perdere senso se ci si rende complici di questi paesi e dei loro governanti.

È arrivato il momento in cui l’Europa diventi il faro mondiale del Rispetto e della Libertà. L’Italia può e deve fare qualcosa d’importante per raggiungere questo importante obiettivo.

Rendersi “proni” in nome del petrolio o del profitto uccide la dignità, renderà sempre più deboli nei confronti di chi pensa che attraverso il denaro si può comprare qualsiasi cosa. 

La dignità non ha prezzo. Il sangue che sta scorrendo nelle piazze, nelle università e nelle prigioni iraniane sono la tangibile espressione che non si media con chi toglie l’energia primaria della vita, ovvero la libertà.

Chi è Forough Farrokhzad?

Forough Farrokhzad

Forough Farrokhzad ha avuto la capacità e la forza di esprimere le esigenze delle donne nella società iraniana degli anni ’50/’60, contribuendo in modo decisivo al rinnovamento della letteratura persiana del ‘900.

Il ruolo della donna nel matrimonio convenzionale, le libertà prevaricanti del ruolo di madre e donna libera, il rapporto conflittuale dell’essere donna e non poter godere del proprio corpo liberamente, le diedero la forza di combattere ma le impedirono di godere di una vita normale.

Lo ha fatto attraverso la poesia e non a caso è ancora considerata la più grande poetessa iraniana, di certo la più celebrata e cara ai suoi compatrioti nell’ultimo secolo.

Forough Farrokhzad nacque in una famiglia della media borghesia, dopo la scuola dell’obbligo non si diploma neppure, ma si dedica un poco allo studio della pittura.

A metà degli anni ’50 si fa notare con la raccolta Prigioniera, poesie autobiografiche in cui esprime la voglia di liberarsi da quelle catene che la sua società le ha imposto. Crea scandalo divorziando dal marito e affidandogli il figlio piccolissimo, per essere libera di seguire la sua strada nel mondo della letteratura.

Nei suoi versi la poetessa iraniana parla da donna, mettendo in piazza i suoi sentimenti, le sue aspirazioni, la sua protesta. Nella vita, intreccia legami con vari personaggi, anche sposati, cosa che le attira spietate critiche dalla società iraniana del tempo, che lo shah Reza Pahlavi vorrebbe moderna e spregiudicata, ma che, in realtà, lo è parzialmente e solo a parole.

Per sfuggire alla pressione sociale ripara per un breve periodo in Europa, dove riceve premi e riconoscimenti internazionali per un documentario che lei stessa ha girato in una comunità di lebbrosi, La casa è nera (1963).

In Italia incontra il regista Bernardo Bertolucci, che la rende protagonista di un suo cortometraggio.

Rientrata in patria, Forough continua a scrivere i suoi amori, infrangendo sia la morale comune sia i canoni della poesia persiana.

Saluterò di nuovo il sole di Forough Farrokhzad

Saluterò di nuovo il sole,
e il torrente che mi scorreva in petto,
e saluterò le nuvole dei miei lunghi pensieri
e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino
che con me hanno percorso le secche stagioni.

Saluterò gli stormi di corvi
che a sera mi portavano in offerta
l’odore dei campi notturni.

Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio
e aveva il volto della mia vecchiaia.
E saluterò la terra, il suo desiderio ardente
di ripetermi e riempire di semi verdi
il suo ventre infiammato,
sì, la saluterò
la saluterò di nuovo.

Arrivo, arrivo, arrivo,
con i miei capelli, l’odore che è sotto la terra,
e i miei occhi, l’esperienza densa del buio.
Con gli arbusti che ho strappato ai boschi dietro il muro.

Arrivo, arrivo, arrivo,
e la soglia trabocca d’amore
ed io ad attendere quelli che amano
e la ragazza che è ancora lì,
nella soglia traboccante d’amore, io
la saluterò di nuovo.

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