“Pellegrinaggio” di Giuseppe Ungaretti è la poesia scelta per la prima prova scritta dell’esame di maturità 2024. Scopriamo il testo e il significato dell’opera, contenuta all’interno della raccolta “Vita d’un uomo“.
Pellegrinaggio di Giuseppe Ungaretti
In agguato
in queste budella
di macerie
ore e ore
ho strascicato
la mia carcassa
usata dal fango
come una suola
o come un seme
di spinalbaUngaretti
uomo di pena
ti basta un’illusione
per farti coraggioUn riflettore
di là
mette un mare
nella nebbia
Mantenere l’umanità in guerra
La poesia “Pellegrinaggio” è stata scritta da Ungaretti durante la sua esperienza in trincea, dove ha vissuto un’esperienza al limite che lo ha portato ad una riflessione introspettiva alla ricerca del proprio io interiore.
Il titolo scelto da Ungaretti non è casuale: il poeta sceglie “Pellegrinaggio” come se per lui la guerra fosse un percorso da compiere in penitenza verso un luogo sacro; una penitenza che per lui consiste nel vagare tra il “fango” e le “macerie” cercando di una meta illusoria. Questo viaggio non è altro che il cammino introspettivo del poeta che lo porta a prendere coscienza delle proprie fragilità, la cui unica salvezza consiste nell’illusione di intravedere uno spiraglio di vitalità.
I versi della poesia invitano il lettore ad una riflessione sul tema della guerra, che porta la persona a vedersi annullare. Così proseguendo nella poesia Ungaretti “uomo di pena” rivendica la propria dignità e cerca di sopravvivere aggrappandosi a “un’illusione per farti coraggio”. L’illusione a cui fa riferimento Ungaretti nella poesia è data dal vedere la nebbia illuminata da un riflettore tramutarsi in mare.
Un uomo in pena
Ungaretti
uomo di pena
ti basta un’illusione
per farti coraggio
Così lo stesso Ungaretti aveva commentato i versi dell’opera:
”In questa poesia c’è una cosa nuova, cioè c’è il nome che il poeta dà a se stesso, quel nome che lo accompagnerà poi in tutta la sua biografia: uomo di pena”.
Il poeta compone “Pellegrinaggio” a Valloncello dell’Albero Isolato, vicino a San Martino del Carso, località brulla e desolata, dove Ungaretti ha partecipato agli scontri della VI battaglia dell’Isonzo nell’agosto del 1916. Una poesia, come le altre realizzate in trincea, che Ungaretti compone quasi d’istinto, mentre sta vivendo gli orrori della guerra, con quella illuminazione che solo chi è dotato di sensibilità estrema come lui può avere.
Il frammentilismo in poesia
Come nelle sue altre poesie di trincea, anche qui Ungaretti ricorre alla scrittura di poesie brevi, scritte con un linguaggio analogico e senza punteggiatura: una tecnica definita frammentilismo, che al tempo stesso è anche una definizione consona alla condizione umana che emerge da queste poesie di Ungaretti, che vedono l’io narratore un uomo la cui esistenza è frammentata a causa degli orrori della guerra.
La brevità dei versi, come nel caso del verso 16 composto da due monosillabi, è una tecnica scelta per aumentare al massimo il valore e il significato delle parole del poeta: un modo per fornire al lettore l’essenzialità di ciò che il poeta vuole comunicare nei suoi versi.
Giuseppe Ungaretti
Nato ad Alessandria d’Egitto l’8 febbraio 1888 e scomparso a Milano il 1º giugno 1970, Giuseppe Ungaretti è stato un poeta, scrittore, traduttore, giornalista e accademico italiano, tra i principali poeti della letteratura italiana del XX secolo.
Inizialmente influenzato dal simbolismo francese, la sua poesia fu caratterizzata nei primi tempi da componimenti brevissimi, costituiti da poche parole essenziali e da analogie a volte ardite, compresi principalmente nella raccolta L’allegria (1916); passò poi a lavori più complessi e articolati dal contenuto concettualmente difficile.