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Patrizia Cavalli, la sua storia nella poesia “Adesso che il tempo è tutto mio”

Se n’è andata nel giorno del solstizio d’estate, Patrizia Cavalli, una delle voci più intense della poesia contemporanea. Vogliamo ricordarla con questa sua poesia

È scomparsa oggi 21 giugno Patrizia Cavalli, una delle voci più intense della poesia contemporanea. Patrizia amava definirsi “poeta”. Era ironica, energica, dissacrante, tanto nella vita di tutti i giorni quanto nelle opere. Patrizia Cavalli era, prima di tutto, una donna forte e coraggiosa, che ha inseguito la passione per la scrittura e, così facendo, ci ha donato se stessa e i suoi magnifici versi.

Patrizia Cavalli se n’è andata nel giorno più lungo dell’anno, quello caratterizzato da un’atmosfera diversa, da una luce nuova, la stessa che ha caratterizzato tutte le sue poesie, sin dalla prima, folgorante pubblicazione, “Le poesie non cambieranno il mondo”, raccolta edita da Einaudi ed uscita nel 1974.

Da qual momento, la poeta non ha più smesso di scrivere. Ci ha regalato versi indimenticabili, di rara bellezza, che affrontano le tematiche del quotidiano con un’energia particolare, diversa, nuova. Oggi, nel giorno della sua scomparsa, vogliamo ricordare Patrizia Cavalli con “Adesso che il tempo è tutto mio”, uno splendido componimento in cui l’autrice confronta presente e passato, facendo i conti con i sentimenti e la corporeità.

Adesso che il tempo è tutto mio di Patrizia Cavalli

Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c’è richiamo e non c’è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l’accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai miei progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.

Quante tentazioni attraverso
nel percorso tra la camera
e la cucina, tra la cucina
e il cesso. Una macchia
sul muro, un pezzo di carta
caduto in terra, un bicchiere d’acqua,
un guardar dalla finestra,
ciao alla vicina,
una carezza alla gattina.
Così dimentico sempre
l’idea principale, mi perdo
per strada, mi scompongo
giorno per giorno ed è vano
tentare qualsiasi ritorno.

Addosso al viso mi cadono le notti
e anche i giorni mi cadono sul viso.
Io li vedo come si accavallano
formando geografie disordinate:
il loro peso non è sempre uguale,
a volte cadono dall’alto e fanno buche,
altre volte si appoggiano soltanto
lasciando un ricordo un po’ in penombra.
Geometra perito io li misuro
li conto e li divido
in anni e stagioni, in mesi e settimane.
Ma veramente aspetto
in segretezza di distrarmi
nella confusione perdere i calcoli,
uscire di prigione
ricevere la grazia di una nuova faccia.
E’ tutto così semplice,
sì, era così semplice,
è tale l’evidenza
che quasi non ci credo.
A questo serve il corpo:
mi tocchi o non mi tocchi,
mi abbracci o mi allontani.
Il resto è per i pazzi.

Patrizia Cavalli

Patrizia Cavalli è nata a Todi il 17 aprile 1947. La sua avventura nel mondo della poesia è cominciata con il trasferimento a Roma, avvenuto nel 1968. Nella capitale, infatti, la donna ha scritto le sue prime poesie e ha conosciuto Elsa Morante. Le due, divenute amiche, si sono frequentate parecchio e, come ha raccontato diverse volte Patrizia Cavalli, un giorno l’autrice de “La storia” e de “L’isola di Arturo” le ha chiesto: “Ma tu, insomma, che fai?”.

Da quel momento, per Patrizia Cavalli è cominciato un incubo, terrorizzata all’idea che Morante potesse leggere e giudicare le sue poesie. Lei stessa, ha raccontato in un’intervista al Foglio di qualche anno fa di aver addirittura composto versi nuovi da sottoporre all’amica scrittrice:

“Per me è stato l’inferno. Ho cominciato a svicolare. Non andavo più a pranzo. Non mi facevo trovare, prendevo mille scuse, poi andavo a pranzo e lei subito: ma queste poesie? E io: le sto ricopiando. Ogni volta: e queste poesie? E io sempre: le sto ricopiando. E lei: e che ricopierai mai! Ma io non le stavo ricopiando, le stavo scrivendo! Perché non ero stupida e avevo capito che quello che avevo scritto era orribile, era quanto di meno potesse piacere a Elsa”.

Sappiamo che non è andata come si aspettava Patrizia Cavalli, e che Elsa Morante è stata la prima ad apprezzare le opere della giovane donna e la prima a infonderle il coraggio necessario per accettare e coltivare con cura la sua vocazione poetica.

 

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