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“Ode al vento dell’Ovest”, lo struggente canto di P.B. Shelley per congedarci dall’estate

Il "selvaggio vento dell'Ovest", pronto a spazzare via ogni scampolo di estate per riportarci alle atmosfere autunnali... è lui il protagonista del capolavoro di P.B. Shelley, "Ode al vento dell'Ovest".

Manca ormai poco all’arrivo ufficiale dell’autunno nel nostro emisfero. Salutiamo la stagione estiva ormai agli sgoccioli riscoprendo un classico della poesia inglese, la prima stanza di “Ode al vento dell’Ovest“, il capolavoro con cui P.B. Shelley ha conferito nuova linfa vita all’ode, genere di solito poco frequentato al di fuori dell’epoca classica.

“Ode al vento dell’Ovest”, la prima stanza del capolavoro di P.B. Shelley

“O tu, selvaggio vento dell’Ovest,
respiro dell’autunno, dalla cui
presenza impercettibile le foglie
morte sono sospinte come spiriti
che fuggono da un mago incantatore,

pallide, e gialle, e nere, e rosse come
la febbre, moltitudini dal morbo
colpite: o tu che guidi al letto gelido
e oscuro i semi alati, dove giacciono
freddi e profondi, come in una tomba
un corpo, finché non farà la tua
sorella azzurra della primavera
cader sulla sognante terra il suono
della sua tromba, e riempirà di vividi
colori e di profumi il colle e il piano,

(nell’aria conducendo come un gregge
a pascolare i dolci suoi boccioli):
o spirito selvaggio, che ti muovi
ovunque, e annienti e curi; ascolta, ascolta!”

“Ode to the West Wind”, I

“O wild West Wind, thou breath of Autumn’s being,
Thou, from whose unseen presence the leaves dead
Are driven, like ghosts from an enchanter fleeing,

Yellow, and black, and pale, and hectic red,
Pestilence-stricken multitudes: O thou,
Who chariotest to their dark wintry bed
The winged seeds, where they lie cold and low,
Each like a corpse within its grave, until
Thine azure sister of the Spring shall blow
Her clarion o’er the dreaming earth, and fill

(Driving sweet buds like flocks to feed in air)
With living hues and odours plain and hill:
Wild Spirit, which art moving everywhere;
Destroyer and preserver; hear, oh hear!”

Il vento, forza di distruzione e vivacità

Come immaginiamo gli ultimi giorni di estate e i primi di autunno? Cosa fa scattare il cambiamento repentino che notiamo nei viali alberati trapunti di foglie colorate e coi rami spogli, nel mare che si increspa e si gonfia ogni giorno di più, nell’aria che diventa madida di umidità, nel cielo grigio non più terso e leggero?

Con “Ode al vento dell’Ovest”, P.B. Shelley risponde per tutti noi. Il vento, nella sua forma più forte e violenta, costituisce la causa di tali mutamenti tanto rapidi nella natura che ci circonda. E se da un lato fa paura, perché esso è pronto a spazzare via tutti i residui di un’estate che in molti non vorremmo salutare, dall’altro ci infonde speranza.

Perché è grazie al vento, alla sua forza distruttrice, che i semi vengono sparsi in terra e i germogli potranno prosperare. In “Ode al vento dell’Ovest”, il vento distrugge e ricrea. O, forse, semplicemente trasforma.

Percy Bysshe Shelley, una vita romantica

Sincero amico di Lord Byron e John Keats, noto anche per essere stato il marito di Mary Wollstonecraft Shelley – l’autrice di “Frankenstein” e figlia della pioniera del movimento femminista –, Percy Bysshe Shelley apparteneva alla seconda generazione del Romanticismo inglese. La sua vita, tragica, piena di avventure e stravolgimenti, sembra aver seguito le orme della sua ispirazione poetica.

L’8 luglio 1822, infatti, la sua esistenza viene stroncata tragicamente da un naufragio in corrispondenza delle coste di Lerici.

Percy Bysshe Shelley nasce il 4 agosto del 1792 a Warnham, nella contea del Sussex. A casa suggestiona e meraviglia le sorelle Elizabeth e Mary con racconti di terrore e magia.

Frequenta in seguito la Syon House Academy a Isleworth e si distingue per una notevole capacità di apprendimento, studia poi a Eton e quindi a Oxford, da dove viene espulso per aver scritto e fatto circolare un opuscolo in difesa dell’ateismo. Sempre nel 1811 sposa Harriet Westbrook che gli darà due figli.

Più avanti conosce Mary, che sposerà nel 1818 dopo il suicidio della moglie. Lui e Mary viaggiano molto e per qualche tempo si stabiliscono in Italia, dove Percy morirà l’8 luglio 1822 in un naufragio.

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