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“Natale”, la poesia di Salvatore Quasimodo sul vero significato del presepe

Condividiamo i versi di “Natale” la poesia di Salvatore Quasimodo che attraverso lo sguardo del presepe ci fa riflettere sull'importanza della pace

Natale di Salvatore Quasimodo è una poesia da far leggere ai bambini e ai ragazzi a scuola, ma, soprattutto, agli adulti e ai grandi della Terra.

 ascoltare “il pianto del bambino” per convincersi che la violenza, la guerra sono l’eterna dannazione dell’umanità.

Una poesia che purtroppo non smette mai di essere attuale. Sono passati più di venti secoli dalla nascita di Gesù e gli uomini sono sempre in guerra.

Non solo, le armi diventano sempre più distruttive e a rischio c’è il futuro dei tutti gli essere viventi ospitati sul Pianeta. 

Ma come si fa a non capire? Non abbiamo ancora imparato la lezione di aver condannato alla croce colui che pronunciava parole di amore, di pace, di fratellanza, di rispetto. Lo abbiamo fatto morire fra due ladri! 

Natale, fu scritta da Salvatore Quasimodo nel 1952 e lo sguardo del poeta si concentrò su uno dei simboli più veri della festività: il presepe.

Non dimentichiamo che Salvatore Quasimodo, nel 1959 fu insignito del premio Nobel per la Letteratura.

Natale di Salvatore Quasimodo

Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l’asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?

La ricerca della pace

Nella poesia Natale, Salvatore Quasimodo osserva il Presepe nella sua perfezione. La rappresentazione della natività che fa parte della tradizione del natale e che oggi sembra perdere del dovuto significato.

Il racconto del presepe di Salvatore Quasimodo è uno sguardo armonico di tutto ciò che dovrebbe essere il significato del Natale. Pace, armonia, amore, unione è ciò che sta alla base della festività. 

Ma, all’armonia del presepe si contrappone tutto il disagio dell’umanità nel vivere in armonia e in pace con gli altri.

Salvatore Quasimodo è lapidario, “non v’è pace nel cuore dell’uomo”. Come dargli torto. Gli uomini vivono nell’eterna voglia di sopraffazione del prossimo e, aggiungerei, della natura. 

Tutto ciò non è un punto di vista. Ma, un dato di fatto. 

Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.

In questi versi, emerge tutta la verità dell’odio umano. Malgrado, l’affermarsi del pensiero di Cristo, che ci piace dirlo coincide anche con i principi di altre religioni, e che per chi scrive è soprattutto un credo filosofico, Caino continua a scagliarsi su Abele.

Gli uomini non vogliono vivere da fratelli, ma preferiscono eliminare gli altri per garantire la loro supremazia.

E alla fine della poesia Salvatore Quasimodo chiude con un quesito che è anche un monito: 

Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?

Ovvero, come non si fa a non capire la lezione e il grande dono del messaggio del Natale. 

Salvatore Quasimodo

Salvatore Quasimodo nacque a Modica il 20 agosto del 1901. Dopo la scuola si trasferì a Roma nel 1919 per frequentare la facoltà di Ingegneria, ma non si laureò.

Nel 1929 iniziò a scrivere per la rivista “Solaria”. Il suo genere di poesia lo renderà il maggiore esponente dell’ermetismo italiano.

Nel 1934 si trasferì a Milano dove lavorò nel settore editoriale come segretario di Cesare Zavattini.

Il dramma della Seconda guerra mondiale lo scosse profondamente, fino a convincerlo alla necessità di una vita sociale più attiva. 

Nel 1959 ricevette il premio Nobel per la Letteratura.

Morirà a Napoli il 14 giugno del 1968.

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