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“Maggio” di Giorgio Caproni, una poesia che profuma di primavera e di speranza

Maggio, mese di rinnovate speranze, spensierati sorrisi e tramonti che si allungano e rifulgono di tepore e di fiori profumati.

Ricca di sinestesie, “Maggio” è una di quelle poesie che inebriano i sensi e infondono serenità. La scopriamo insieme assaporando i profumi della primavera, dei giorni che si allungano e si scaldano, e del mese che, protagonista del componimento, si avvicina sempre di più.

“Maggio” di Giorgio Caproni

Al bel tempo di maggio le serate
si fanno lunghe; e all’odore del fieno
che la strada, dal fondo, scalda in pieno
lume di luna, le allegre cantate
dall’osterie lontane, e le risate
dei giovani in amore, ad un sereno
spazio aprono porte e petto. Ameno
mese di maggio! E come alle folate
calde dall’erba risollevi i prati
ilari di chiarore, alle briose
tue arie, sopra i volti illuminati
a nuovo, una speranza di grandiose
notti più umane scalda i delicati
occhi, ed il sangue, alle giovani spose.

Maggio, metafora della rinascita

La leggiamo e ci sentiamo come cullati dai versi di una poesia che sfrutta, grazie alla sinestesia, i sensi dell’udito, della vista e dell’olfatto per trasportarci nei prati odorosi di Maggio, nelle strade dove risuona il vociare delle osterie, nel cuore di un paese che si veste di luce, speranza e rinascita con l’arrivo del bel tempo.

Al bel tempo di maggio le serate
si fanno lunghe; e all’odore del fieno
che la strada, dal fondo, scalda in pieno
lume di luna, le allegre cantate
dall’osterie lontane, e le risate
dei giovani in amore, ad un sereno
spazio aprono porte e petto. Ameno

Le sere di maggio costituiscono il preludio della stagione estiva, ci fanno rivivere i ricordi del bel tempo trascorso ma ci fanno anche prefigurare l’estate futura, fatta di risvegli, amori, dolcezza e lieti incontri.

Così termina la poesia di Giorgio Caproni, che negli ultimi versi esplicita il senso di “Maggio”, un mese che nell’immaginario del poeta è metafora di nuovi inizi, di amori che sbocciano come le rose e profumano il mondo.

Giorgio Caproni

Affermato poeta, traduttore insegnante e critico italiano, Giorgio Caproni nasce a Livorno il 7 Gennaio 1912 da una famiglia piuttosto agiata. Terminate le scuole medie, s’iscrive all’Istituto musicale “G. Verdi”, dove studia violino, attratto dall’armonia e dal fascino della musica, che però hanno vita breve nel cuore dell’autore.

A diciotto anni, infatti, Giorgio Caproni rinuncia definitivamente all’ambizione di diventare musicista e s’iscrive al Magistero di Torino. Anche questa strada ha vita breve: il giovane abbandona presto gli studi.

Ed è proprio in questi anni che inizia a scrivere i primi versi poetici, non essendo mai del tutto soddisfatto del risultato. È il periodo degli incontri con i nuovi poeti dell’epoca: Montale, Ungaretti, Barbaro, e delle correnti che sperimentano con le forme, lo stile, il lessico.

Dal 1939 si trasferisce a Roma. Partecipa alla Resistenza italiana e dopo la fine della guerra diviene maestro di scuola elementare; convola a nozze con la sua storica compagna Rosa Rettagliata, vera identità della Rina delle sue opere. Giorgio Caproni muore il 22 Gennaio del 1990 a Roma. Viene sepolto con la moglie Rina nel cimitero di Loco di Rovegno.

Le poesie di Giorgio Caproni

Il volume “Tutte le poesie” edito da Garzanti raccoglie l’intera produzione di Giorgio Caproni, compreso “Res Amissa”, pubblicato postumo nel 1991. È dunque possibile cogliere nella sua interezza una delle più importanti voci poetiche del Novecento. Il dato essenziale della modernità di Giorgio Caproni è quella sua particolare musica cui si deve la naturalezza con cui il poeta passa, senza mutar tono, dal quotidiano all’astratto, dal colore al disegno, dal colloquiale all’epigrafico, dal domestico al metafisico.

Temi preferiti da Caproni sono il viaggio, la frontiera, le terre di nessuno con i loro paesaggi solitari e le loro rare apparizioni e la caccia, ossessiva, a un’inafferrabile preda. Unico rifugio umano è proprio l’incerto confine tra il vero e l’immaginario, tra il certo e il possibile: anche l’assoluto, se esiste, abita nell’ambiguità.

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