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“Inno all’amore” di Paolo di Tarso per imparare ad amare senza condizioni

Scopri la grandezza dell'"Inno all'amore" di Paolo di Tarso, poesia attuale e universale soprattutto se letta in modo laico e indipendente

L’Inno all’amore di Paolo di Tarso è tratto dalla Prima lettera ai Corinzi 13.1-13, una poesia che è una vera lezione di vita che dovremmo far nostra fin da bambini. Amare in modo incondizionato tutto ciò che ci circonda è la strada che può farci stare bene e migliorare la nostra vita. 

Riteniamo questo componimento poetico una meraviglia assoluta, soprattutto se letto in modo laico e senza far riferimento a nessun credo religioso. Per chi ama la lettura, la poesia senza confini riuscire a dare un senso universale a ciò che si legge diventa importante. 

Le parole di Paolo di Tarso sono l’essenza di ciò che potrebbe definirsi essere dei veri Cristiani, ma se si legge in modo approfondito riesce ad interpretare qualsiasi dottrina basata sull’amore.

L’amore incondizionato è presente in qualsiasi percorso meditativo e la chiave per trovare quel benessere psicologico e quell’equilibrio utili per affrontare la vita con ottimismo e con positività.

L’amore di Tarso va oltre la coppia

L’amore per Paolo di Tarso va oltre il concetto di amore di coppia, raggiunge la punta più assoluta e vera di ciò che significa amare: non avere e non porre condizioni.

L’amore espresso da Paolo attinge direttamente dal termine greco Agapè, il quale fa riferimento all’amore spirituale ovvero quell’amore disinteressato, fraterno, smisurato, puro e infinito. In sintesi, il dono disinteressato, l’amore che si prova andando oltre se stessi.

Per questo l’Inno di Paolo di Tarso non è il mero concetto di amore come carità, ma amore come sentimento assoluto del vivere. Quell’amore che abbatte tutte le barriere riuscendo ad offrire il meglio a tutti nessuno escluso.

L’amore di Paolo è il dono assoluto da fare a sé stessi e agli altri. Amare senza condizioni offre opportunità assoluta, garantendo quell’energia necessaria che solo chi sa offrire qualcosa senza nulla in cambio può ricevere.

I concetti fondamentali dell’amore per Paolo di Tarso

L’amore è fondamentale per vivere

Seguendo i versi di Paolo di Tarso, soprattutto i  paragrafi iniziali la vita senza amore non è niente, è vuota, è sterile, non offre nulla. 

Ma, facciamo attenzione stiamo parlando della nostra propensione ad amare il prossimo e in generale tuti gli esseri viventi, pensiamo a Francesco D’assisi e al suo Cantico delle Creature.

Chi sa amare mostra pazienza e lungimiranza

Quando si ama non si deve avere fretta di ricevere qualcosa. La vita rende giustizia e se si semina si è destinati a raccogliere qualcosa, qualsiasi siano le condizioni.

La rabbia, l’ira, il rancore sono i principali nemici della vita e dell’approccio nei riguardi degli altri. Bisogna mostrare perdono anche quando si pensa di aver dato tutto per gli altri.

L’amore non pone condizioni in assoluto. 

Se si ama niente può far male 

Quando si vive amando tutto ciò che ci circonda, nessuna offesa può far male. L’amore copre ogni forma di ingiustizia o di prevaricazione. Il vero amore non teme nulla.

L’amore ci renderà vivi per sempre

L’amore grazie alla sua forza ci renderà vivi sempre. Non ci saranno ostacoli di forte all’amore e sarà in assoluto l’energia più grande superando anche la fede e la speranza.

Inno all’amore di Paolo di Tarso

[1] Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’amore,
sarei un bronzo che risuona
o un tamburo che rimbomba.

[2] E se avessi il dono della profezia
e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza,
e possedessi la pienezza della fede
così da trasportare le montagne,
ma non avessi l’amore,
non sono nulla.

[3] E se anche distribuissi tutte le mie sostanze, e dessi il mio corpo per esser bruciato,
ma non avessi l’amore,
niente mi giova.

[4] L’amore è paziente,
agisce con benevolenza l’amore;
non è invidioso l’amore,
non si vanta, non si gonfia,

[5] non manca di rispetto,
non cerca il suo interesse,
non si esaspera,
non tiene conto del male ricevuto,

[6] non gode dell’ingiustizia,
ma si compiace della verità.

[7] Tutto scusa, tutto crede,
tutto spera, tutto sopporta.

[8] L’amore non avrà mai fine.
Le profezie scompariranno;
il dono delle lingue cesserà,
e la scienza svanirà.

[9] La nostra conoscenza è imperfetta,
e imperfetta la nostra profezia.

[10] Ma quando verrà ciò che è perfetto,
quello che è imperfetto scomparirà.

[11] Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo,
ciò che era da bambino l’ho abbandonato.

[12] Adesso vediamo Dio come in uno specchio, in maniera confusa;
ma allora lo vedremo faccia a faccia.
Ora conosco in modo imperfetto,
ma allora conoscerò perfettamente,
come anch’io sono conosciuto.

[13] Queste dunque le tre cose che rimangono:

la fede, la speranza e l’amore;
ma di tutte la più grande è l’amore.

La prima lettera ai corinzi

La Prima lettera ai Corinzi è uno dei testi che compongono il Nuovo Testamento, che la tradizione cristiana e la quasi unanimità degli studiosi attribuisce a Paolo di Tarso.

Indirizzata alla comunità cristiana della città greca di Corinto e scritta ad Efeso (16,8), secondo gli studiosi fu composta nell’arco cronologico del 53-57.

Paolo scrisse questa lettera dopo aver evangelizzato la città greca di Corinto, la cui divinità per eccellenza era Afrodite, Venere per i romani, ovvero la dea dell’amore.

Paolo voleva impiantare in questo grande ed importante centro commerciale la fede cristiana, da dove si sarebbe irradiata in tutta l’Acaia, provincia romana situata nella Grecia meridionale, che confinava a nord con le province di Epiro e Macedonia. Il suo territorio corrispondeva, in buona parte, con il Peloponneso.

Di fatto riuscì a stabilirvi una forte comunità, soprattutto negli strati modesti della popolazione (1 Cor 1,26-28). 

Paolo di Tarso, l’apostolo delle genti

Paolo di Tarso, nato con il nome di Saulo era un cittadino romano. Nacque a Tarso, cita della Turchia che da sul mediterraneo, intorno al 4 d.C. e morì a Roma nel 67 d.C.

Paolo era chiamato l'”Apostolo dei gentili”, perché fu missionario del pensiero di cristo tra i pagani greci e romani. 

Paolo di Tarso era un ebreo “ellenizzato”, che godeva della cittadinanza romana. Perseguitava i Cristiani, ma si convertì e iniziò la predicazione iniziando dall’attuale Giordania, poi in Grecia e in Turchia.

A Gerusalemme fu imprigionato dagli ebrei e in quanto cittadino romano fu condotto a Roma, dove fu costretto agli arresti domiciliari.

Morì vittima della persecuzione di Nerone e venne decapitato.

Non esistono riferimenti archeologici diretti o testimonianze di autori extra-cristiani che si riferiscano direttamente alla vita e all’operato di Paolo.

Le fonti storiche su Paolo di Tarso

Pe indagare sulla vita e la missione di Paolo di Tarso gli storici fanno riferimento agli Atti degli Apostoli, parte del Nuovo Testamento attribuiti a Luca collaboratore di Paolo e autore dell’omonimo vangelo.

Sono scritti in greco attorno agli anni 80. Infatti in essi non si narra la morte di Paolo avvenuta probabilmente intorno al 63-67 d.C. Le vicende di Paolo sono narrate principalmente nella seconda parte dello scritto (capitoli 9; 11; 13-28), dal quale emerge la sua missione a partire dalla sua conversione miracolosa sulla “via di Damasco” (collocabile intorno ai primi anni30, cioè poco tempo dopo la crocifissione di Gesù) fino all’arrivo a Roma agli arresti domiciliari (intorno ai primi anni 60).

In alcune sezioni (cosiddette sezioni noi), il racconto, passa ,dalla terza alla prima persona (16,10-17; 20,5-15; 21,1-18; 27,1-28,16), lasciando ipotizzare che l’autore fosse compartecipe degli avvenimenti narrati.

Attualmente molti studiosi, anche cristiani, ritengono inverosimile che Luca sia stato compagno di viaggio di Paolo. Gli Atti si interrompono bruscamente e non raccontano gli ultimi eventi di Paolo e il suo martirio.

Secondo alcuni studiosi perché interrotti nella loro stesura dall’incendio di Roma del 64 d.C. e dall’inizio della persecuzione dei cristiani.

Altro elemento indagato dagli studiosi, Le tredici lettere di Paolo, anch’esse raccolte nel Nuovo Testamento, anch’esse scritte in greco. Si ritiene tradizionalmente che siano state redatte tra gli anni 50 e 60 – durante il ministero itinerante di Paolo e la successiva prigionia a Cesarea e/o Roma.

In epoca contemporanea, con lo svilupparsi del metodo storico-critico, sono stati sollevati dubbi circa l’autenticità di alcune di queste lettere.

Dal punto di vista storico, comunque, la discussione sull’effettiva autenticità delle lettere dubbie non lede in ogni caso il pensiero di Paolo.

Altri dati indagati dagli storici, Le fonti patristiche. Negli scritti di alcuni Padri della Chiesa, che tendenzialmente confermano i dati del Nuovo Testamento.

Infine storiograficamente si fa riferimento agli  Apocrifi riferiti a Paolo. Parliamo degli  Atti di Paolo, Atti di Paolo e Tecla, Atti di Pietro e Paolo, Lettera dei Corinzi a Paolo, Lettere di Paolo e Seneca, Terza lettera di Paolo ai Corinzi, Apocalisse di Paolo greca e Apocalisse di Paolo copta.

Data la redazione tarda, come per gli altri apocrifi del Nuovo Testamento, gli studiosi contemporanei considerano gli elementi narrativi di questi testi come elaborazioni leggendarie successive o come testi basati su scritti di epoca precedente.

Saro Trovato

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