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“Il più bello dei mari” di Nazim Hikmet e la ricerca della felicità

"Il più bello dei mari" è la poesia di Nazim Hikmet che meglio di altre descrive l'esistenza dell'uomo come una continua ricerca del bello. la scopriamo in occasione dell'anniversario della scomparsa del celebre autore turco.

Nazim Hikmet è il più importante poeta turco del Novecento, nato il 20 novembre 1902 e scomparso il 3 giugno 1963.

Nazim Hikmet è ricordato principalmente per il suo capolavoro, la raccolta Poesie d’amore, che testimonia il suo grande impegno sociale e il suo profondo sentimento poetico. Le sue poesie sono amate in tutto il mondo per arrivare dritte al cuore, grazie al linguaggio semplice “delle piccole cose”.

Una delle sue poesie più famose è “Il più bello dei mari” che in modo semplice, diretto comunica una grande verità dell’esistenza dell’uomo: la ricerca della felicità e la speranza che il meglio debba ancora prospettarsi nel futuro.

Il più bello dei mari di Nazim Hikmet

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

Nazim Hikmet, le più belle poesie d'amore

Nazim Hikmet, le più belle poesie d’amore

Nazim Hikmet grazie alle sue poesie d’amore è ammirato in tutto il mondo. La forza della sua poesia è quella di arrivare dritta al cuore

Un’insaziabile speranza

Questa poesia di Nazim Hikmet comunica con una semplicità disarmante, procedendo per negazione, lo scopo dell’uomo, ossia la ricerca senza sosta della felicità.

L’uomo non riesce ad accontentarsi di quello che ha provato o di quello che ha vissuto, ma continua a cercare e perseguire il bello e ciò che potrebbe essere meglio per lui.

La vita dell’uomo è fatto di un raggiungimento di una tappa dopo l’altra, un successo, una conquista, un fallimento però compiuti sempre in vista di un miglioramento.

In questi nove versi il tempo del passato, del presente e del futuro si mescolano e interagiscono insieme: infatti il passato che assume un’atmosfera di irrealtà e metafora, grazie al tempo del passato remoto, viene illuminato di nuova luce dal futuro, il tempo della speranza.

Il presente è lo spazio di fusione con il passato, ma allo stesso tempo anche con il futuro, in quanto anche il tempo del presente non corrisponde al raggiungimento della felicità, però è nel presente che lotto per essere felice.

Sono stati solcati mari, sono stati cresciuti dei figli, abbiamo vissuto giorni intensi, ma il meglio deve ancora arrivare: il futuro è luminoso e fiducioso. L’uomo però riuscirà mai a raggiungerlo?

Nazim Hikmet

Nato a Salonicco nel 1901 e morto a Mosca il 3 giugno 1963, Nazim Hikmet è una delle più importanti figure della letteratura turca del Novecento e uno dei primi poeti turchi ad usare i versi liberi. La sua vita è costellata di eventi e caratterizzata dall’amore per la cultura in tutte le sue forme.

Quando è ancora giovane, studia nell’Accademia della Marina militare, che deve però presto lasciare per ragioni di salute. Durante la guerra d’indipendenza lavora come insegnante a Bolu.

Studia poi sociologia presso l’università di Mosca e diventa membro del partito comunista turco. Nel 1938 per le sue attività antinaziste e antifranchiste e per essersi opposto alla dittatura di Kemal Ataturk viene condannato a scontare una pena in prigione, dove rimane per circa cinque anni, prima di essere amnistiato.

Questo è soltanto il primo degli arresti che subisce Hikmet. Nel 1938, viene condannato a scontare oltre ventotto anni di carcere per le sue attività contro al regime.

Grazie all’intervento di una commissione internazionale della quale fanno parte, tra gli altri, Pablo Picasso, Paul Robeson e Jean-Paul Sartre, il poeta sovversivo sconta solo dodici anni e nel 1950 viene liberato.

L’anno successivo, chiede asilo politico in Polonia, e qualche anno dopo diventa ufficialmente un cittadino polacco, fissando la sua dimore a Mosca, nell’Unione Sovietica, senza più fare ritorno in Turchia.

 

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