“Il gelsomino notturno” (1901) di Giovanni Pascoli, vibrante poesia sulla prima notte di nozze

27 Ottobre 2024

Scopri il fascino naturale prima notte di nozze, grazie a "“Il gelsomino notturno” la sensuale poesia di Giovanni Pascoli per il matrimonio dell'amico.

“Il gelsomino notturno” (1901) di Giovanni Pascoli, vibrante poesia sulla prima notte di nozze

Il gelsomino notturno è una poesia di Giovanni Pascoli che celebra il concepimento di una nuova vita e il congiungimento di una coppia alla prima notte di nozze, rappresentati attraverso le immagini che solo la natura sa donare.

Le allusioni di Giovanni Pascoli alla sensualità e alla sessualità sono espresse in questa poesia con gran pudore, ma riescono ugualmente a trasferire la magia della prima notte di nozze. La natura con i suoi simboli sensoriali riesce in questa poesia a creare l’atmosfera sessuale, senza il bisogno di dover a tutti i costi descrivere il reale.

Allo stesso tempo, si avverte nella poesia la malinconia e l’amarezza di Giovanni Pascoli, il quale alla vita e all’amore sembra aver scelto invece il rimpianto della morte. Il poeta si sente come “un’ape ritardataria” che non trova posto nell’alveare.

Il gelsomino notturno fu scritta nel 1901 e pubblicata nell’opuscolo nuziale del matrimonio dell’amico Gabriele Briganti, noto anche con lo pseudonimo di Gabbriello, funzionario dell’allora Biblioteca Governativa di Lucca . La poesia è contenuta nella raccolta “Canti di Castelvecchio” e fu pubblicata per la prima volta nel 1903.

Ma, leggiamo questa meravigliosa poesia di Giovanni Pascoli, per scoprire la magia del suo significato.

Il gelsomino notturno di Giovanni Pascoli

E s’aprono i fiori notturni,
nell’ora che penso ai miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.

Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l’ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.

Dai calici aperti si esala
l’odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l’erba sopra le fosse.

Un’ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l’aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.

Per tutta la notte s’esala
l’odore che passa col vento.
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s’è spento…

È l’alba: si chiudono i petali
un poco gualciti; si cova,
dentro l’urna molle e segreta,
non so che felicità nuova.

L’erotismo della prima notte di nozze raccontato da Giovanni Pascoli

Il gelsomino notturno è una poesia di Giovanni Pascoli di grande forza emotiva. Si avvertono in modo evidente le contraddizioni che vive il poeta riguardo al primo incontro notturno della coppia appena sposata

In questo componimento, lo si capisce già dal titolo, Giovanni Pascoli allude fortemente alla sensualità e all’erotismo della prima notte di nozze, pur essendo per lui temi distanti e infelici.

Una poesia che il poeta di San Mauro di Romagna volle scrivere per il matrimonio dell’amico Gabriele Briganti. Per il poeta protagonista diventa la natura che circonda la casa, che vedrà consumarsi la prima notte di nozze.

Il tono di Pascoli risulta distaccato e quasi imbarazzato, paragonandosi all’”ape tardiva” che giunta nell’alveare, non ha più posto. L’erotismo viene raccontato con la delicatezza della natura, fiori notturni, farfalle crepuscolari e odore di fragole.

Il gelsomino notturno va contestualizzata con l’approccio poetico che Giovanni Pascoli adotta nella raccolta i Canti di Castelvecchio. Già dal titolo il poeta sembra voler creare un collegamento con i Canti leopardiani e avere l’ambizione ad una poesia più elevata.

Castelvecchio è una frazione di Barga, in Garfagnana, dove Pascoli aveva acquistato una casa in cui soggiornò molto spesso, dedicandosi alla poesia e agli studi di letteratura classica. In questa nuova dimora gli sembrò di aver finalmente ricostituito il “nido” distrutto di San Mauro di Romagna.

I Canti di Castelvecchio sono fitti di richiami autobiografici e di rappresentazioni della vita in campagna e si rivela una raccolta interessante per l’uso esteso del linguaggio fonosimbolico, ma soprattutto post-simbolico, abbondano infatti i termini tecnici e gergali tipici della Garfagnana.

La magia naturale della prima notte di nozze

La poesia inizia con il poeta che descrive l’arrivo della sera, evidentemente alla fine dei festeggiamenti matrimoniali di Gabriele Briganti e Signora, attraverso i gelsomini notturni, sono dei fiori estivi noti perché aprono i loro fiori dopo il tramonto e si richiudono all’arrivo dell’alba e del mattino.

Giovanni Pascoli sembra immerso nella natura e come un osservatore attento e un “cantore” di emozioni, ci fa rivivere le sensazioni che accompagnano la prima notte di nozze del caro amico.

Purtroppo, i suoi pensieri si contrappongono a quelli della felicità della coppia, emergere la sua solitudine. L’ora serale è descritta come quella in cui il poeta ricorda i suoi cari estinti, il padre ucciso il 10 agosto del 1867, quando lui era un “fanciullino”, la sorella Margherita, la primogenita, morta per tifo il 13 novembre del 1868 e alla conseguente morte della madre il 18 dicembre del 1868 per crepacuore. Il 19 ottobre del 1871 perde anche il fratello Luigi, il terzogenito, per meningite cerebrale.

L’ora serale coincide anche con con l’arrivo delle farfalle del crepuscolo attratte dai viburni. Le grida dei festeggiamenti sono ormai finiti e si avverte solo il vocio della casa dei neosposi e l’ìunica fonte di una tenue luce che invade l’esterno.

Tutti sono ormai andati a letto, gli uccellini sono protetti nei loro nidi dai loro genitori. Nel paesaggio notturno tutta la natura sembra assumere caratteristiche umane. I nidi in cui dormono gli uccellini sono come gli occhi delle persone che abbassate le palpebre raggiungono il sonno.

Lo splendore dell’amore illumina la natura notturna

E mentre la nuova coppia “splende” nella notte esterna alla casa grazie ad un lume in sala, tutto intorno s’inebria del profumo dei gelsomini “dai calici aperti” che sembra richiamare “l’odore delle fragole rosse”. Giovanni Pascoli in questa strofa sembra superarsi. Riesce attraverso un simbolismo sensoriale ad creare quell’immagine sensuale dei neo sposi che si preparano a vivere la loro prima notte di nozze.

Tutto sembra misurato e pesato nel giusto modo. La strofa viene chiusa con “nasce l’erba sopra le fosse”, per Giovanni Pascoli il richiamo dei defunti diventa evidente. Per lui l’erba sulle tombe dei morti che nasce è il richiamo ad una nuova vita.

E il poeta sin avverte come estraneo a quell’armonia naturale, ai sussurri di una coppia che sta per conoscere la gioia del loro piacere. Si sente come un’ape ritardataria che si aggira ronzando davanti il suo alveare ormai in over booking. Tutte le celle all’interno sono già occupate.

Giovanni Pascoli si ritrova a guardare il cielo stellato, con le Pleiadi che si muovono nel cielo notturno come farebbe la chioccia con i suoi pulcini nel cortile. Come dicevamo prima nei Canti pascoliani il poeta utilizza dei termini che arrivano dai modi di dire della popolazione della Garfagnana. Per i locali le Pleiadi sono chiamate “chioccetta” e l’aia azzurra e quindi il cielo. Ciò sta a significare che il tempo della sera sta scorrendo.

Il profumo del ciclamino notturno inizia ad imperare nell”aria spinto dal vento, afferma il poeta, nella logica di voler trasferire al lettore l’immagine stessa della passione che prende il sopravvento. Non a caso il nostro “spettatore” vede che il lume che illumina la casa inizia a spostarsi verso la camera da letto nuziale al primo piano.

Passano ancora degli attimi e il lume smorza la sua luce, si è spento…Anche i tre puntini lasciati da Pascoli nella poesia mirano a lasciare aperta l’interpretazione di ciò che accade al lettore. Non ci vuole molta fantasia per capire cosa stia accadendo.

La notte ormai è scivolata e il nostro “poeta curioso” ci avverte che con l’arrivo dell’alba i petali del gelsomino sono destinati a chiudersi, lo impone la natura.

Ma, come avviene per i petali dei fiori “vittime” dell’umidità della notte, la prima notte di nozze lascia i suoi segni anche nella nuova coppia. I petali sono “un poco gualciti”. Seppur appassiti, però Giovanni Pascoli ci indica che all’interno di quel fiore si prepara, segretamente, a nascere una nuoca vita, una “felicità nuova”.

L’autore utilizza la metafora del fiore del gelsomino per rappresentare la sposa pronta a generare una nuova vita. La donna si fa portatrice di una rinnovata felicità. Il rapporto d’amore nuziale viene rappresentato da Giovanni Pascoli con il “si cova”, l’amore della neo coppia è il nido dove potrà rinascere la gioia.

C’è da dire che Giovanni Pascoli è molto felice per quanto è accaduto all’amico Gabriele Briganti. Purtroppo, però lui vive implicitamente l’amarezza di non poter vivere la stessa esperienza felice. Non si parla di invidia, ma di frustrazione per la sua esistenza incapace di poter immaginare una vita in cui la gioia possa diventare protagonista.

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