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“Ho pena delle stelle” di Pessoa, una poesia per ricordarci che il dolore esiste e va attraversato

In "Ho pena delle stelle" Fernando Pessoa esprime la malinconia e il senso di pesantezza da cui tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti attanagliati, attraverso l'immagine delle stelle.

Quante volte vi sarร  capitato di contemplare la natura e, ammirandone la sua bellezza, riflettere sulla sua eternitร  e sulla nostra caducitร . Nella sua “Ho pena delle stelle“- che leggiamo nella versione tradotta da Antonio Tabucchi -, Pessoa ci racconta uno stato d’animo cardine della produzione artistico-letteraria della storia dell’uomo, il male di vivere, proprio servendosi della natura, in particolare delle stelle.

“Ho pena delle stelle” di Fernando Pessoa

Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo…
Ho pena delle stelle.

Non ci sarร  una stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?

Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
lโ€™essere triste lume o un sorriso…

Non ci sarร  dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensรฌ
unโ€™altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa cosรฌ, come un perdono?

“Ho pena delle stelle”, la “stanchezza delle cose”

Stare al mondo non รจ semplice. A volte, veniamo sopraffatti dal peso di ciรฒ che ci capita e non riusciamo a gestire, ma anche, piรน semplicemente, dal peso che l’umanitร  tutta porta su di sรฉ ogni giorno.

Storie di cronaca nera, notizie di guerra e violenza, minacce climatiche, fame, miseria, povertร … E poi ci sono le nostre vicende personali, le battaglie che ognuno di noi combatte in solitaria, e che ci fanno sentire piccoli, fragili e stanchi di fronte all’eterno divenire dell’universo.

“Ho pena delle stelle” esprime esattamente questa stanchezza, che pervade l’uomo e sembra non toccare l’esterno, il mondo, sempre intatto nel suo moto perpetuo. Pessoa si chiede, allora, se le stelle che brillano in eterno accusino mai la stanchezza che noi sentiamo tanto pressante; si domanda quale fine ci sia per il mondo. Una poesia che racconta il male di vivere e culmina con una riflessione esistenziale piena di pathos.

Fernando Pessoa

Fernando Antรณnio Nogueira Pessoa, nato a Lisbona il 13 giugno 1888 e morto a soli 47 anni, a causa di problemi epatici, sempre a Lisbona il 30 novembre del 1935, รจ stato un importante poeta, scrittore e aforista portoghese. Pessoa รจ considerato uno dei maggiori poeti di lingua portoghese. Basti pensare che per il suo valore รจ comparato a Camรตes, il padre della letteratura portoghese.

Il critico letterario Harold Bloom lo ha definito, accanto a Pablo Neruda, il poeta piรน rappresentativo del XX secolo. Fernando Pessoa ha vissuto in Sudafrica per molti anni, perciรฒ รจ comprensibile che lโ€™inglese abbia giocato un ruolo fondamentale nella sua vita. Traduceva, lavorava, scriveva, studiava e perfino pensava in inglese.

Pessoa ha vissuto una vita fatta di discrezione e semplicitร , trovando espressione nel giornalismo, nella pubblicitร , nel commercio e, principalmente, nella letteratura. A questo proposito, รจ interessante notare come Pessoa abbia deciso di scomporre la sua identitร  poetica in diverse altre personalitร , definite eteronimi.

Gli eteronimi di Fernando Pessoa

Fernando Pessoa ha sempre fatto uso nel corso della sua vita degli โ€œeteronimiโ€, delle autentiche personalitร  poetiche, con cui il poeta portoghese ha sperimentato per tutta la sua vita. Gli eteronimi piรน presenti nellโ€™attivitร  letteraria di Pessoa sono 3, Alvaro de Campos, Ricardo Reis, Alberto Caeiro, con lโ€™aggiunta di un ortonimo, quello di Fernando Pessoa, anchโ€™esso rintracciabile come una personalitร  distinta da quella dellโ€™individuo Pessoa, lโ€™ennesima persona poetica, insomma. A proposito di questa innovazione poetica, lโ€™autore scriveva in una lettera ad Adolfo Casais Monteiro del 13 gennaio del 1935:

โ€œFin da bambino ho avuto la tendenza a creare intorno a me un mondo fittizio, a circondarmi di amici e conoscenti che non erano mai esistiti.โ€

E ancora, sullโ€™origine degli eteronimi:

โ€œRicordo quello che mi sembra sia stato il mio primo eteronimo o, meglio, il primo conoscente inesistente: un certo Chevalier de Pas di quando avevo 6 anni, attraverso il quale scrivevo lettere a me stesso, e la cui figura, non del tutto vaga, ancora colpisce quella parte del mio affetto che confina con la nostalgiaโ€.

L’autore di “Ho pena delle stelle” รจ sempre stato molto interessato al rapporto che intercorre fra lโ€™identitร , la personalitร  e il sรฉ, e praticamente tutta la sua produzione letteraria รจ incentrata su queste tematiche, oltre che sul dubbio esistenziale e sulla fugacitร  del presente.

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