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Montale, “Gloria del disteso sole a mezzogiorno” la poesia per il sole rovente

La poesia di Eugenio Montale “Gloria del disteso sole a mezzogiorno” è una poesia che racconta la natura sotto il sole

Vogliamo concludere questa giornata estiva con una poesia di Eugenio Montale. “Gloria del disteso sole a mezzogiorno” è un componimento contenuto nella raccolta “Ossi di seppia” e racconta gli effetti del sole cocente a metà giornata.

“Gloria del disteso sole a mezzogiorno”

Gloria del disteso mezzogiorno
quand’ombra non rendono gli alberi,
e più e più si mostrano d’ attorno
per troppa luce, le parvenze, falbe.

Il sole, in alto, – e un secco greto.
Il mio giorno non è dunque passato:
l’ora più bella è di là dal muretto
che rinchiude in un occaso scialbato.

L’arsura, in giro; un martin pescatore
volteggia s’una reliquia di vita.
La buona pioggia è di là dallo squallore,
ma in attendere è gioia più compita.

Il sole di mezzogiorno

Ci troviamo davanti ad una nuova poesia di Eugenio Montale dedicata alla natura e alle sue bellezze. In questo caso ad essere raccontato è il sole durante il momento più caldo della giornata, prima di quello descritto in “Meriggiare pallido e assorto”. Il momento in cui il sole occupa la sua posizione più alta nel cielo, tanto da non creare l’ombra agli alberi. La luce acceca e il caldo asciuga la terra ormai inaridita. Solo un piccolo martin pescatore annuncia il sollievo della pioggia futura. C’è una sorta di presentimento felice, l’attesa del refrigerio scatena nel poeta una gioiosa speranza. La descrizione dettagliata del paesaggio ci porta, come sempre, nell’amata Liguria del poeta.

“Meriggiare pallido e assorto” (1916) Eugenio Montale, sublime poesia sulla desolazione umana

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Eugenio Montale

Eugenio Montale nacque a Genova il 12 ottobre 1896 e morì a Milano il 12 settembre 1981. È stato un poeta, traduttore, scrittore, filosofo, giornalista, critico letterario, critico musicale e politico italiano. Tra i massimi poeti italiani del Novecento, già dalla prima raccolta Ossi di seppia (1925), fissò i termini di una poetica del negativo in cui il “male di vivere” si esprime attraverso la corrosione dell’Io lirico tradizionale e del suo linguaggio. Questa poetica viene approfondita nelle Occasioni (1939), dove alla riflessione sul male di vivere subentra una ‘poetica dell’oggetto’: il poeta concentra la sua attenzione su oggetti e immagini nitide e ben definite che spesso provengono dal ricordo, tanto da presentarsi come rivelazioni momentanee destinate a svanire.

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